martedì 19/09/2023 • 06:00
La clausola penale, come l'opzione d'acquisto, contenuta in un contratto di locazione è irrilevante ai fini dell'autonoma tassazione di registro in ragione della natura meramente accessoria alla disposizione principale e dell'assenza di qualsivoglia espressione ulteriore di capacità contributiva. Così si pronuncia la CGT di secondo grado della Lombardia con la sentenza n. 2686 del 7 settembre 2023.
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Il caso
Una società impugnava un avviso per imposta di registro con il quale l'Agenzia delle Entrate liquidava con tassazione autonoma la clausola penale e l'opzione di acquisto presenti sul contratto di locazione sottoposto a registrazione. L'Ufficio difendeva in giudizio la legittimità del proprio operato stante l'autonomia delle citate pattuizioni rispetto al contenuto e alla causa del contratto principale, attenendo la clausola penale al mancato o non corretto adempimento del contratto e prevedendosi nella clausola di opzione di acquisto specificazioni personalizzate, anche in deroga a quanto previsto dal codice civile, che le rendevano autonomamente tassabili (art. 21 c. 1 DPR 131/86). I giudici di prime cure accoglievano il ricorso ritenendo che le clausole in esame dovessero essere escluse dalla sottoposizione all'imposta (fissa) di registro perché non avevano una causa autonoma e propria, ma legata a quella del negozio principale, di cui costituivano un elemento accessorio.
La tassazione unica
I giudici d'appello hanno deciso di confermare la sentenza di primo grado osservando come, se è vero che in un unico documento contrattuale sottoposto a registrazione possano in concreto rinvenirsi plurime disposizioni reciprocamente connesse e dipendenti non per "necessità" di legge, ma per volontà contrattuale, per le quali si applica il disposto dell'art. 21 c. 1 DPR 131/86, la tassazione deve, invece, essere unica allorché le disposizioni contenute nell'atto da registrare derivino "per loro natura" l'una dall'altra, come avviene per il caso della clausola penale del contratto di locazione, posto che la pattuizione della penale è, per sua natura, necessariamente connessa al contratto cui accede, in quanto intrinsecamente collegata all'obbligazione principale assunta, non potendo sussistere da sola, a prescindere da quel contratto. «La clausola penale, ha precisato il Collegio, ha lo scopo di sostenere l'esatto, eventualmente reciproco, tempestivo adempimento delle obbligazioni "principali" assunte con il contratto cui accede; essa costituisce un mero patto volto a specificare quanto già insito nel contratto, al solo fine di stabilire ex ante quanto la parte dovrà pagare, a titolo risarcitorio, qualora dovesse rendersi inadempiente delle obbligazioni già contenute nel contratto di locazione a cui la clausola afferisce». Con queste argomentazioni la Corte ha escluso l'applicazione dell'art. 21 c. 1 DPR 131/86 (il quale stabilisce l'autonoma tassazione delle disposizioni dell'atto che non discendano necessariamente le une dalle altre) perché, trattandosi di una mera specificazione e quantificazione di una prestazione già derivante dal contratto di locazione, in assenza di questo, non ha alcuna “forza” contrattuale propria. Il discrimine per la tassazione di registro, hanno chiarito gli interpreti, è dato dalla verifica della circostanza che si tratti di atto contenente più disposizioni negoziali collegate, piuttosto che di un'unica disposizione negoziale, contrassegnata da un'unica causa, dalla quale derivano tutte le diverse "pattuizioni" contenute nel documento da registrare. I giudici hanno, infatti, evidenziato come la clausola penale in questione si sostanziasse in un mero dettaglio relativo all'obbligazione principale già sussistente, limitata alla determinazione in via forfettaria e preventiva dell'ammontare del risarcimento del danno, che, eventualmente, derivi dall'inadempimento dell'obbligazione principale o dal ritardo nell'adempimento, ai quali è, per intrinseca natura, strettamente collegata, solo allo scopo di evitare le contestazioni del debitore e le lungaggini del processo di cognizione.
“Idem” per l'opzione di acquisto
Lo stesso discorso è stato fatto dalla Corte per l'opzione di acquisto poiché essa costituisce la semplice esplicitazione del diritto di prelazione tipico dei contratti di locazione ad uso abitativo, disposto ex lege dall'art. 3 lett. g) L 431/98, ai sensi del quale, in caso di futura eventuale cessione dell'immobile locato, è previsto in capo al locatore l'obbligo di preferire a parità di condizioni il conduttore rispetto ad altri acquirenti: nel caso concreto, le specifiche declinazioni non incidevano, secondo gli interpreti, sulla natura e finalità, individuate dalla legge, della disposizione. I giudici, peraltro, hanno condannato l'Amministrazione finanziaria soccombente al pagamento delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio stante l'ormai consolidata giurisprudenza in materia.
L'indirizzo giurisprudenziale prevalente
L'opzione ermeneutica prescelta dalle Corti tributarie milanesi nella sentenza in commento costituisce l'indirizzo prevalente della giurisprudenza di merito e di legittimità (Ctr Lombardia n. 3488/2017, nn. 1901 e 2927/2020, nn. 14-536-590-930-1226-1508-1644-2165-2166-2463/2021; Ctr Piemonte n. 98/ 2009; Ctp Varese n. 48/2019, nn. 284 e 346/2020; Ctp Milano nn. 894 e 2769/2019, n. 2750/2020, nn. 285-347-833-1071-2053-2096-2782/2021; Ctp Pavia n. 224/3/2018; Ctp Brescia nn. 335-373-442/2020, nn. 58-125-126-216-235-338/2021; Ctp Sondrio n. 16/2021; Cass. n. 5305 del 20/10/1984, n. 1183/2007 e n. 10180/2009). Nella direzione opposta, con indirizzo minoritario (Ctr Lombardia n. 510/2022 e 2311/2019; Ctp Brescia n. 262/2020; Ctp Lecco n. 70/2020; Ctp Milano n. 4877/2019 e n. 2409/2020).
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redazione Memento
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