mercoledì 13/09/2023 • 06:00
La sentenza penale di assoluzione influisce inesorabilmente sulla valutazione del giudice del lavoro riguardante la condotta del lavoratore e la prova della giusta causa del licenziamento.
redazione Memento
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Ai fini della valutazione della condotta del lavoratore e della prova della giusta causa del licenziamento, il giudice adito per la dichiarazione di illegittimità di un licenziamento disciplinare non può considerare ininfluente la sentenza dibattimentale penale di assoluzione conclusiva del procedimento penale divenuta cosa giudicata (e le prove ritualmente raccolte in sede penale).
È quanto affermato dalla Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 26042 dello scorso 7 settembre confermando la pronuncia di merito che dichiarava l'illegittimità del licenziamento disciplinare con cui veniva contestata la condotta ricompresa in quella di furto ascritta al lavoratore, reato per il quale il dipendente era stato assolto in sede penale in mancanza di prova (processo penale in cui la società si era anche costituita parte civile).
Come noto, quanto alla rilevanza delle sentenze penali nel procedimento disciplinare, opera il principio generale secondo cui il giudicato non preclude, in sede disciplinare, una rinnovata valutazione dei fatti accertati dal giudice penale attesa la diversità dei presupposti delle rispettive responsabilità. Il giudicato di assoluzione non determina l'automatica archiviazione del procedimento disciplinare perché, fermo restando che il fatto non può essere ricostruito in termini difformi, non si può escludere che lo stesso, inidoneo a fondare una responsabilità penale, possa comunque integrare un inadempimento sanzionabile sul piano disciplinare.
Tuttavia, come evidenziato dalla Cassazione nella sentenza in commento, in tema di efficacia della sentenza penale nel giudizio civile, il giudice adito per la dichiarazione di illegittimità di un licenziamento disciplinare non può non prendere in considerazione la sentenza dibattimentale penale di assoluzione divenuta cosa giudicata.
Nell'interpretazione in generale della disciplina dei rapporti tra giudizio penale e civile quale risulta dal codice di procedura penale, nella giurisprudenza della Cassazione si sono consolidati i seguenti principi:
Nel caso di specie, la sentenza penale di assoluzione del lavoratore, valorizzata dal Tribunale del lavoro e non riformata sul punto dalla Corte d'Appello, contiene, a parere della Cassazione, un effettivo e specifico accertamento circa l'insussistenza della partecipazione dell'imputato al fatto di reato concorsuale ascrittogli. “Del tutto logicamente – hanno concluso i Supremi giudici - l'assoluzione per non aver commesso il fatto, pronunciata (non in esito a dibattimento, ma comunque) in seguito a giudizio di pieno accertamento dei fatti e delle rispettive responsabilità, anche con la partecipazione quale parte civile del datore di lavoro, fonda l'accertamento del giudice del lavoro in ordine all'insussistenza dell'addebito disciplinare a base del licenziamento ed il conseguente annullamento dello stesso (risulta, dagli atti, operato l'esercizio dell'opzione per l'indennità sostitutiva della reintegrazione)”.
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