mercoledì 13/09/2023 • 06:00
Le violazioni relative alla dichiarazione del sostituto d'imposta non possono integrare fattispecie comportanti un obbligo di denuncia penale: il D.Lgs. 74/2000 prevede che diano luogo a fattispecie penale soltanto le violazioni relative alla dichiarazione delle imposte sui redditi e dell'IVA.
redazione Memento
Nel caso di specie, l'Agenzia delle Entrate contestava a una S.p.A. nel campo delle assicurazioni di avere eluso l'applicazione dell'art. 26, c. 5, DPR 600/73 non avendo effettuato le ritenute sugli interessi afferenti alcuni prestiti contratti con una società non residente. L'amministrazione finanziaria emetteva, quindi, nei confronti della società, avviso di accertamento con il quale accertava, in capo alla stessa, l'omessa effettuazione di ritenute alla fonte a titolo d'imposta per l'anno 2003, per complessivi € 134.362,00, e l'atto di contestazione con il quale, a fronte dei rilievi accertati, irrogava la sanzione prevista dall'art. 13, cc. 1 e 2, D.Lgs. 471/97, per l'anno 2003, per l'importo di € 40.308,60,00. Proposto ricorso dalla società, in primo grado gli atti impositivi venivano annullati mentre in secondo grado, azionato su ricorso dell'Agenzia, ne veniva confermata la legittimità. Adita la Cassazione, la società ha dedotto che la C.T.R. aveva erroneamente supposto che il termine per la rettifica della dichiarazione del sostituto di imposta coincidesse necessariamente con quello per la rettifica della dichiarazione dei redditi, anziché essere autonomo, ed aveva erroneamente ritenuto che tale termine potesse essere prorogato ai sensi del terzo comma dell'art. 43 DPR 600/73, che non era comunque applicabile alle rettifiche della dichiarazione del sostituto d'imposta. In particolare, come evidenziato dalla Cassazione, l'avviso di accertamento impugnato è stato notificato il 29 dicembre 2009, e riguarda l'omessa applicazione della ritenuta a titolo di imposta sugli interessi erogati nell'anno 2003. Da ciò deriva che – avendo comunque la S.p.A. presentato la dichiarazione del sostituto d'imposta - in base all'art. 43, c.1, DPR 600/73, nel testo vigente ratione temporis, l'accertamento avrebbe dovuto essere notificato entro il quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione, e quindi entro il 31 dicembre 2008 (tenuto conto che la dichiarazione del sostituto d'imposta è stata presentata nel 2004). La C.T.R., come anticipato, ha ritenuto applicabile il raddoppio dei termini per la notifica dell'avviso di accertamento, ritenendo configurabili le fattispecie di reato di infedele dichiarazione delle imposte dirette per somme superiori alle soglie previste dall'art. 4 D.Lgs. 74/2000. Tuttavia, come affermato dalla Suprema Corte, le violazioni commesse nella presentazione della dichiarazione del sostituto d'imposta, in base alla normativa vigente all'epoca dei fatti, non potevano mai integrare una fattispecie di reato ai sensi del D.Lgs. 74/2000, e quindi non avrebbe potuto applicarsi il raddoppio dei termini in questione. “Le violazioni relative alla dichiarazione del sostituto d'imposta – si legge nella sentenza - non possono integrare fattispecie comportanti un obbligo di denuncia penale, in quanto il d.lgs. n. 74/2000 prevede che possano dare luogo a fattispecie penale soltanto le violazioni relative alla dichiarazione delle imposte sui redditi e dell'IVA”. Sulla base di tali premesse, la Cassazione ha accolto il ricorso della società e annullato l'avviso di accertamento e l'atto di irrogazione delle sanzioni impugnati perché emessi oltre il termine di decadenza per l'accertamento. Fonte: Cass. 8 settembre 2023 n. 26199
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