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martedì 05/09/2023 • 06:00

Impresa Reati fallimentari

Bancarotta preferenziale per l’amministratore che si auto-attribuisce il compenso

Secondo la Cassazione, se il diritto al compenso è correlato a una prestazione effettiva e i prelievi sono congrui all'impegno dell'amministratore, non si configura il reato di bancarotta fraudolenta distrattiva anche in assenza di una delibera o previsione statutaria che autorizzi il compenso.

a cura di

redazione Memento

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  • Tempo di lettura 1 min.
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A seguito dell'accettazione rituale della carica di amministratore di una società di capitali, quest'ultimo ha diritto al compenso per l'attività svolta e spetta al giudice del merito verificare se, anche in assenza di delibera assembleare o di previsione statutaria in merito alla quantificazione dello stesso, ricorra il delitto di bancarotta preferenziale piuttosto che quello di bancarotta fraudolenta per distrazione, a seconda che il diritto al compenso sia correlato ad una prestazione effettiva o meno e che il prelievo dalle casse sociali sia o meno congruo rispetto all'impegno profuso.

Il principio è stato espresso dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 36416 depositata lo scorso 31 agosto con cui, in accoglimento del ricorso proposto dall'amministratore unico di una srl fallita, è stata annullata la pronuncia con cui lo stesso veniva condannato per il reato di bancarotta fraudolenta impropria patrimoniale per aver effettuato prelevamenti per oltre 22 mila euro dalle casse sociali in assenza di una delibera assembleare o di una previsione statutaria che lo autorizzassero a farlo.

Le lamentele mosse dall'amministratore, e condivise dalla Cassazione, riguardano, in sintesi, la misura e la causale dei prelevamenti: i prelievi erano corrispondenti ad un compenso di 1420 euro al mese, pari al bisogno dell'uomo per vivere.

Come evidenziato dalla Suprema Corte, il dato formale dell'assenza di un a delibera assembleare o di una previsione statutaria che fissi il compenso dell'amministratore deve pur sempre confrontarsi con la circostanza che il prelievo possa essere comunque dovuto nell' “an” e essere congruo, se non addirittura necessitato da esigenze di sopravvivenza, nel quale caso la condotta risulta non più distrattiva, in quanto determinate il pericolo di una riduzione della garanzia patrimoniale per i creditori ma, a fronte della legittima sussistenza del credito, per così dire di necessità, deve ritenersi lesiva del principio della par condicio creditorum, integrando così la fattispecie della bancarotta preferenziale.  

In particolare, ritenuta pacifica la sussistenza in capo all'amministratore del diritto al compenso per l'attività prestata, come conseguenza dell'accettazione della carica, la Corte ha condiviso l'orientamento di legittimità che esclude che si verta in tema di bancarotta fraudolenta nel caso di auto-attribuzione del compenso, anche in assenza di delibera o previsione statutaria. Ovviamente, l'assenza di queste ultime onera il giudice di merito a verificare la congruità del compenso prelevato dall'amministratore per sé stesso, sia rispetto alla prestazione assicurata, sia in ordine alla funzionalizzazione della stessa all'interesse della società (compito che ora dovrà essere svolto, nel caso di specie, dal giudice del rinvio).

In tale prospettiva, si legge nelle conclusioni degli Ermellini, se per un verso l'assenza di delibera e di previsione statutaria può costituire un indice di fraudolenza, in sé sufficiente però a dimostrare la distrazione con frode, la congruità (o meno) del prelievo a titolo di compenso costituisce un indice di non fraudolenza (o meno), riconducendo la condotta ora alla dinamica preferenziale, ora a quella distrattiva.

Fonte: Cass. 31 agosto 2023 n. 36416

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