martedì 05/09/2023 • 06:00
La Cassazione: se la società agisce per il risarcimento del danno, l'amministratore è tenuto a dimostrare la destinazione delle attività patrimoniali all'estinzione di debiti sociali o il loro impiego per lo svolgimento dell'attività sociale.
redazione Memento
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In caso di ammanchi di cassa, l'onere della prova, nell'eventuale disputa insorta tra la società e gli amministratori, è così ripartito: alla prima, che agisce nei confronti degli amministratori per il risarcimento del danno, basterà allegare che le somme sono state distratte o disperse, ai secondi, invece, è richiesto di provare che le somme sono state spese nell'interesse della società.
È quanto emerge, semplificando ed in estrema sintesi, dal testo dell'ordinanza di Cassazione n. 25631 dello scorso 1° settembre, con cui, la Suprema Corte, rigettando il ricorso proposto dall'amministratore di una Srl, ha confermato la sentenza di merito che lo condannava a versare alla società oltre 70 mila euro a titolo di risarcimento del danno.
Come affermato dalla Cassazione, la responsabilità degli amministratori sociali per i danni cagionati alla società amministrata ha natura contrattuale, sicché la società stessa (o il curatore, nel caso in cui l'azione sia proposta ex articolo 146 Lf) è tenuta ad allegare le violazioni compiute dagli amministratori ai loro doveri, come pure a provare il danno e il nesso di causalità tra la violazione e il danno, mentre spetta agli amministratori provare, con riferimento agli addebiti contestatigli, l'osservanza dei predetti doveri. Ne consegue che, a fronte di disponibilità patrimoniali pacificamente fuoriuscite, senza apparente giustificazione, dall'attivo della società, questa, nell'agire per il risarcimento del danno nei confronti dell'amministratore, può limitarsi ad allegare l'inadempimento, consistente nella distrazione o dispersione delle dette risorse, mentre compete allo stesso amministratore la prova del suo adempimento, consistente nella destinazione delle attività patrimoniali in questione all'estinzione di debiti sociali o il loro impiego per lo svolgimento dell'attività sociale, in conformità della disciplina normativa e statutaria.
Nel caso di specie, come già motivato dai giudici del merito, l'amministratore non aveva provveduto a fornire la documentazione contabile né in relazione agli esborsi per circa 40 mila euro che risultavano eccentrici rispetto ai costi risultanti dai bilanci, con la conseguenza che doveva ritenersi, quantomeno per presunzioni, che i costi in questione fossero inesistenti, né in relazione all'uscita dalle casse sociali della somma di oltre 31 mila euro, imputata a restituzione di anticipazioni versate dai soci, considerato che l'ammontare dei debiti in questione non trovava ragione data l'inattività e la successiva liquidazione della società.
Fonte: Cass. 1° settembre 2023 n. 25631
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