Lo scarso rendimento e la possibilità di risolvere il rapporto di lavoro
Il licenziamento cosiddetto per “scarso rendimento” costituisce un'ipotesi di recesso del datore di lavoro quale conseguenza di un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore. Come tale presuppone la verificabilità degli addebiti che devono essere mossi e formulati in maniera puntuale, nel rispetto delle prescrizioni del procedimento disciplinare che l'art. 7 dello Statuto dei lavoratori pone a garanzia delle prerogative di difesa del lavoratore incolpato dell'addebito. Conseguentemente, fermo restando che il mancato raggiungimento di un risultato prefissato non costituisce di per sé inadempimento, ove siano individuabili dei parametri per accertare se la prestazione sia eseguita con diligenza e professionalità medie, proprie delle mansioni affidate al lavoratore, lo scostamento da essi può costituire indice di non esatta esecuzione della prestazione, sulla scorta di una valutazione complessiva dell'attività resa per un apprezzabile periodo di tempo (Cass. 9 luglio 2015 n. 14310). In linea di massima quindi, non essendo la prestazione lavorativa resa nell'ambito del rapporto di lavoro subordinato finalizzata al raggiungimento di un risultato definitivo, lo scarso rendimento rileva in quanto sia possibile apprezzare uno scostamento significativo dai canoni di diligenza e professionalità medie, anche in rapporto alle prestazioni lavorative degli altri lavoratori. Potendo inoltre evidenziare come tale scostamento sia la conseguenza della volontà del lavoratore destinatario della contestazione.
Scarso rendimento e licenziamento disciplinare
Lo scarso rendimento è un concetto che richiama elementi di responsabilità in capo all'obbligato, il lavoratore, in termini di mancata diligenza nell'adempimento delle funzioni connesse al proprio compito. Questa però deve essere ricondotta nell'alveo degli addebiti disciplinari e delle procedure che ne conseguono, perché altrimenti il rischio sarebbe quello di valorizzare tout court l'interesse del datore di lavoro di liberarsi del rapporto di lavoro, quando questo non risulti più conveniente. Tale ipotesi, legittima per la sfera del diritto privato, rappresenterebbe invero lo stravolgimento di un assetto tutelato principalmente dal diritto del lavoro, in misura e con modalità diverse da quelle previste dal diritto civile per la generalità dei contratti. Pertanto, sebbene “il potere di risolvere il contratto di lavoro subordinato in caso di notevole inadempimento degli obblighi contrattuali deriva al datore di lavoro direttamente dalla legge (art. 3 Legge 604/66) e non necessita, per il suo legittimo esercizio, di una dettagliata previsione, nel contratto collettivo o nel regolamento disciplinare predisposto dal datore di lavoro, di ogni possibile ipotesi di comportamento integrante il suddetto requisito, spettando al giudice di verificare, ove si contesti la legittimità del recesso, se gli episodi addebitati integrino l'indicata fattispecie legale” (Cass. 14 luglio 2023 n. 20284), questo deve pur sempre essere ricondotto “in ragione della stessa stipulazione... del contratto di lavoro" [ai canoni, di merito e di metodo, del procedimento disciplinare, e dimostrare una] condotta consistita in un "grave inadempimento della prestazione lavorativa, rimproverabile al lavoratore a titolo di colpa per la negligenza e l'imperizia con cui aveva eseguito le mansioni di sua pertinenza", dato "l'oggettivo divario tra il suo rendimento e le soglie produttive previste dal programma aziendale di produzione" (Cass. 20284/2023).
La puntualità della contestazione
Corollario della natura disciplinare del licenziamento per scarso rendimento, quale individuazione e rilievo di una condotta colpevole o gravemente negligente, tale da consentire di apprezzare un inadempimento notevole delle obbligazioni contrattuali, è la necessità della puntualità e completezza della contestazione che deve precedere il provvedimento espulsivo, secondo quanto prescritto dall'art. 7 dello Statuto dei lavoratori. E' pertanto necessario innanzi tutto che sia possibile ricostruire la fattispecie dello scarso rendimento rispetto all'ambito operativo concreto, verificando l'effettiva ed evidente – rectius, grave – violazione della diligente collaborazione dovuta dal dipendente; la corrispondenza effettiva dell'inadempimento rispetto alla prestazione ragionevolmente attesa (senza però alcun nesso di eziologia diretta con uno specifico risultato, di norma estraneo ai rapporti gestiti sotto l'egida dell'art. 2094 c.c.); l'imputabilità di tale inadempimento alla volontà, dolosa i gravemente colposa, del lavoratore. La realizzazione di tale requisito può avvenire anche per effetto di comportamenti diversi, per natura e per tempo della loro commissione, tenendo però conto che, trattandosi di fatto di licenziamento disciplinare, quello per scarso rendimento non può prefigurare il rinvio a precedenti contestazioni disciplinari, con relativo espletamento delle procedure ex art. 7 St. lav.. Ciò perché, come pure di recente ha ribadito la Corte di cassazione, “è ben vero, che le ipotesi di "scarso rendimento" e di "palese insufficienza", contemplate nella disposizione, ben possono essere integrate, non solo da un'unica condotta, ma da una pluralità di condotte, purché esse non consistano, come specificato nella giurisprudenza di questa Corte, "in plurimi precedenti disciplinari del lavoratore già sanzionati in passato, perché ciò costituirebbe un'indiretta sostanziale duplicazione degli effetti di condotte ormai esaurite" (Cass. 19 gennaio 2023 n. 1584). Si realizzerebbe altrimenti, la violazione del divieto di bis in idem, per effetto di una impropria resurrezione di un potere disciplinare il cui esercizio è ormai definitivamente esaurito.
I confini
In conclusione, il licenziamento per scarso rendimento, si connota, come confermato dalla più recente giurisprudenza di merito e di legittimità, come licenziamento disciplinare e, come tale, “è legittimo qualora risulti provata l'eccessiva sproporzione tra gli obiettivi fissati dai programmi di produzione e quanto effettivamente realizzato dal lavoratore nel periodo di riferimento. Ai sensi dell'art. 3 Legge 604/66, trattandosi di un'ipotesi di giustificato motivo soggettivo di licenziamento, il datore di lavoro è tenuto a dimostrare non soltanto l'oggettiva esigibilità del risultato atteso quanto altresì un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del lavoratore.” (Trib. Roma, 4 gennaio 2023, n. 18). Ciò perché “costituisce un'ipotesi di recesso del datore di lavoro per notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore, che, a sua volta, si pone come specie della risoluzione per inadempimento di cui agli artt. 1453 e ss. c.c., sicché, fermo restando che il mancato raggiungimento di un risultato prefissato non costituisce di per se´ inadempimento, ove siano individuabili dei parametri per accertare se la prestazione sia eseguita con diligenza e professionalità medie, proprie delle mansioni affidate al lavoratore, lo scostamento da essi può costituire segno o indice di non esatta esecuzione della prestazione, sulla scorta di una valutazione complessiva dell'attività resa per un apprezzabile periodo di tempo.” (Cass. 6 aprile 2023, n. 9453). All'esito di tale esercizio di valutazione, è necessario verificare l'importanza e la gravità dell'inadempimento, potendo così ritenere giustificata la risoluzione del rapporto di lavoro.