Tra le molteplici opportunità che l’Italia è chiamata a cogliere, l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza rappresenta, per diverse ragioni, quella più importante. Non solo per la dimensione finanziaria del Recovery and Resilience Facility (RRF), pari a 191,5 miliardi, suddivisi tra 68,9 miliardi di sovvenzioni a fondo perduto e 122,6 miliardi di prestiti. E non solo, ancora, per l’occasione, legata alle regole istitutive del Recovery Fund, di mettere a terra le risorse in un arco temporale definito, entro il 30 giugno del 2026; scadenza, quest’ultima, che va necessariamente interpretata e declinata come un’occasione, non come un rigido paletto, per la possibilità che offre di impiegare le risorse in tempi brevi e quindi, in ultima istanza, di generare un effetto positivo sulla crescita del Paese nel medio periodo.
Effetto leva sul Pil
È proprio per preservare questo “effetto leva” sul Pil che il governo ha deciso di procedere alla revisione del PNRR.
Il contesto geopolitico internazionale è mutato fortemente in seguito allo scoppio della guerra in Ucraina: le conseguenze, anche di natura economica, che ne sono scaturite, hanno impattato fortemente sugli investimenti previsti inizialmente. La fiammata dell’inflazione, spinta dai prezzi energetici, ha rappresentato e, seppure con intensità differente, continua a costituire una variabile che non può essere ignorata.
L’aumento dei costi delle materie prime è l’immagine plastica di un effetto negativo che si è dispiegato sul PNRR a trecentosessanta gradi, intercettando trasversalmente gran parte dei progetti che afferiscono alle sei missioni.
Un esempio su tutti: l’edilizia scolastica. I costi per la realizzazione di 265 mila nuovi posti negli asili nido, la messa in sicurezza degli istituti, la creazione e la ristrutturazione di mense e palestre, sono tutte azioni che si stanno misurando con un incremento oggettivo ed evidente dei costi, compreso in una forchetta che va dal 50 al 70 per cento. Le seppure tempestive azioni di sostegno agli investimenti, a iniziare dal rifinanziamento del Fondo per le opere indifferibili, non risultano sufficienti a riequilibrare il rapporto costi-vantaggi, né a garantire il completamento degli investimenti nelle modalità e nei tempi concordati, nel 2020, con la Commissione europea. Non si tratta di rinunciare a questi investimenti, tantomeno alle risorse collegate: l’obiettivo della rimodulazione guarda, al contrario, a un’operazione di smontaggio e riassemblaggio che sia capace di riallineare il PNRR alle priorità attuali, che solo in parte coincidono con quelle che hanno ispirato, sulla scia della crisi pandemica, la nascita di NextGenerationEU.
Il RepowerEU
In tal senso la previsione di RepowerEU, il nuovo capitolo del PNRR che sarà finanziato con 19,2 miliardi, risulta funzionale a questo disegno: l’iniziativa si inserisce nel solco di quella promossa l’anno scorso, a livello europeo, in risposta a uno degli effetti collaterali più pesanti che il conflitto russo-ucraino ha scaricato sullo scenario economico-sociale: la crisi del gas. RepowerEU sposta il baricentro del Recovery Fund: la sicurezza dell’approvvigionamento dell’energia a prezzi sostenibili diventa, infatti, un pilastro del nuovo disegno europeo, che trova proprio nel Recovery, e a cascata nei Piani nazionali dei Paesi membri dell’Ue, la sua sede naturale di applicazione.
La previsione, all’interno del PNRR, di infrastrutture strategiche, oltre che di misure volte a sostenere le famiglie e le imprese nell’ambito dell’efficientamento energetico, costituisce quindi un’azione necessaria, in grado di dare una nuova spinta all’attuazione dello stesso Piano di ripresa e resilienza.
Le due linee d'azione per la revisione
È all’interno di questa cornice che prendono forma le due linee d’azione principali per la revisione.
Come messo in evidenza nella proposta del Governo, approvata dal Parlamento, la prima tipologia riguarda proprio l’innesto di RepowerEU.
La seconda è relativa all’aggiornamento della descrizione e dei meccanismi di verifica delle singole misure, finalizzato a chiarire il testo e adeguare gli impegni alle circostanze oggettive sopravvenute. Molti progetti, infatti, risultano disallineati rispetto alle previsioni attuative messe a punto tre anni fa: il rischio, in ultima istanza, è uno stop degli investimenti o, prospettiva ancora più incresciosa, la restituzione di una parte dei fondi che l’Italia ha ricevuto fino ad ora, per gli obiettivi semestrali conseguiti. La rimodulazione non implica una cancellazione dei progetti caratterizzati da una o più criticità, ma una revisione di alcune milestone intermedie: un intervento che non mette a repentaglio i target finali. Al contrario, questo schema offre la possibilità di preservare l’effetto positivo, a consuntivo, che il PNRR può avere sulla crescita.
Le variabili esogene che insistono sul quadro macroeconomico, a partire dal rialzo dei tassi di interesse deciso dalla Banca centrale europea, aggiungono un ulteriore elemento di riflessione alla necessità di centrare appieno la sfida del PNRR. L’evidente impatto che la politica monetaria restrittiva sta avendo sull’economia del nostro Paese, infatti, può essere controbilanciato promuovendo tutte le azioni che possono generare una spinta propulsiva e positiva alla crescita. Il Piano di ripresa e resilienza, da questo punto di vista, può risultare strategico e fondamentale. Italia Domani, è il titolo originario del PNRR. Ma è solo riattualizzando le questioni dell’oggi che possiamo garantire un domani migliore al Paese.