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sabato 12/08/2023 • 06:00

Lavoro In discussione al Senato

Molestie sul lavoro: il rito del mobbing in attuazione della convenzione OIL

Al vaglio del Senato vi sono tre disegni di legge che riguardano il fenomeno del mobbing e delle molestie perpetrati sul luogo di lavoro. L'obiettivo è trasporre nell'ordinamento nazionale i principi della Convenzione OIL n. 190/2019, già ratificata in Italia, creando una disciplina specifica ed unitaria in tema di violenza e molestie lavorative.

di Alessandro Marchese - Avvocato, studio Ichino Brugnatelli e associati

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  • Tempo di lettura 7 min.
  • Ascolta la news 5:03

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L'OIL e la Convenzione n. 190/2019

L'OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro) è un organismo delle Nazioni Unite che persegue il riconoscimento universale e la tutela dei diritti umani nel lavoro promuovendo la stipula di Convenzioni internazionali tra gli stati membri ed adottando delle Raccomandazioni con carattere di indirizzo. Gli obiettivi strategici che ispirano l'azione dell'OIL sono: promuovere e garantire l'applicazione delle norme nonché dei principi e diritti fondamentali del lavoro; creare opportunità di occupazione e reddito dignitosi; estendere i benefici e l'efficacia della protezione sociale per tutti; rafforzare il tripartitismo e il dialogo sociale.

La Convenzione OIL n. 190 siglata il 21 giugno 2019 aveva ad oggetto l'eliminazione della violenza e delle molestie sul luogo di lavoro e l'impegno di ciascuno Stato aderente di: adottare leggi e regolamenti che definiscano e proibiscano la violenza e le molestie sul lavoro;  assumere misure adeguate atte a prevenire la violenza e le molestie sul lavoro; adottare leggi che richiedano ai datori di lavoro di intraprendere misure, adeguate, in materia di prevenzione degli atti di violenza e molestia; stabilire misure adeguate ai fini dell'effettività della tutela in materia;  adoperarsi ai fini della messa a disposizione dei datori di lavoro, dei lavoratori e delle rispettive organizzazioni, nonché delle autorità competenti, di misure di orientamento, di risorse, di strumenti di formazione con riferimento ai temi della violenza e delle molestie sul lavoro

La predetta Convenzione è stata poi ratificata dall'ordinamento italiano con legge 4/2021, con cui lo Stato italiano si è impegnato ad adeguare la normativa nazionale ai principi previsti da questo trattato internazionale.

I tre disegni di legge

Allo stato, il Senato sta analizzando tre disegni di legge riguardanti le molestie sessuali e il mobbing. Nella specie: il DDL n. 89 riguarda principalmente l'introduzione di disposizioni, anche penali, volte al contrasto delle molestie sessuali sui luoghi di lavoro; il DDL n. 257 concerne invece l'introduzione di una disciplina organica sul mobbing comprensiva anche di specifiche definizioni ed elencazioni delle condotte e degli effetti dannosi con i relativi strumenti prevenzione e di tutela, anche giudiziali; il DDL n. 671 riguarda perlopiù un intervento di riforma di alcune norme del Codice delle pari opportunità tra uomo e donna previsto dal D.Lgs. 198/2006 per l'adeguamento ai principi introdotti dalla Convenzione OIL n. 190.

L'attività suppletiva della giurisprudenza

Come noto, l'ordinamento giuslavoristico italiano non contempla, allo stato, una fattispecie unitaria e precisa di mobbing. Più tipizzata, tenuto conto anche dell'esistenza di definizioni più chiare e precise nell'ordinamento penalistico, appare essere la molestia, ad esempio, nell'ambito delle tutele antidiscriminatorie previste dal Codice delle Pari opportunità ex D.Lgs. 198/2006. L'esistenza di una disciplina più chiara si ha, probabilmente, perché la molestia può derivare anche da una condotta singola e circoscritta o anche fisica (si pensi al caso della molestia di carattere sessuale) a differenza, come vedremo, del mobbing che ha una dimensione più psicologica e quindi più sfuggente. Dunque, in assenza di precise previsioni di rango legislativo, la principale “fonte” dai cui si ricavano nozione (anche se la prima nozione è stata elaborata dallo psicologo del lavoro svedese Heinz Leyman) e requisiti per l'individuazione del mobbing è sempre costituita dall'interpretazione giurisprudenziale, specie quella di merito, attraverso la quale sono state individuate, oltre ad una definizione più o meno univoca, molteplici condotte ormai riconosciute alla stregua di condotte mobbizzanti in ambito lavorativo. In particolare,  il mobbing “consiste in un comportamento del datore di lavoro o del superiore gerarchico sistematico e protratto nel tempo, tenuto nei confronti del lavoratore nell'ambiente di lavoro, che si risolve in sistematici e reiterati comportamenti ostili che finiscono per assumere forme di prevaricazione e di persecuzione psicologica da cui può conseguire la mortificazione morale e l'emarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio fisico-psichico e del complesso della sua personalità ogni azione che assuma carattere vessatorio, persecutorio che sia reiterata e costante per un apprezzabile lasso di tempo” (Trib. Foggia 28 maggio 2020, n. 159).

Dal punto di vista risarcitorio, le fattispecie di mobbing sono state ricondotte all'art. 2087 c.c. (tutela delle condizioni di lavoro), ai sensi del quale “l'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure ... necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”, che costituisce un fonte di responsabilità anche contrattuale del datore di lavoro.

Gli interpreti, tenuto conto anche della copiosa lettura medica e scientifica, hanno anche individuato una fattispecie meno grave, lo straining, definita forma attenuata di mobbing. Tale fattispecie, in sintesi, si configura al ricorrere degli elementi che costituiscono la fattispecie del mobbing ad eccezione della continuità delle azioni vessatorie.

La complessità dell'onere della prova in giudizio del mobbing e la tutela giudiziaria agevolata

L'individuazione del mobbing tra le fattispecie c.d. “stressogene” di genesi lavorativa è ormai risalente nel tempo. Come noto, la produzione giurisprudenziale rispetto al mobbing è particolarmente vasta ed ha consentito di individuare una serie di principi anche in tema di onere della prova. Si veda in primis la Suprema Corte di Cassazione (Cass. n. 3785/ 2009) secondo cui sussiste il mobbing solo quando al ricorrere di tutti i seguenti presupposti:

  • “la prova dell'elemento soggettivo, cioè dell'intento persecutorio” del datore di lavoro;
  • “molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio, illeciti che siano stati posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio;”
  • “evento lesivo della salute o della personalità del dipendente;”
  • “nesso eziologico tra la condotta illecita e il pregiudizio del lavoratore”.

A ciò si aggiunga che l'eventuale patologia psicologica originata dal mobbing avrebbe in astratto una potenziale eziologia multifattoriale ancor più complessa da dimostrare. L'onere della prova è dunque molto gravoso per il lavoratore e riflette, in buona sostanza, il criterio generale previsto dall'art. 2697 c.c. secondo il quale chi agisce in giudizio per far valere il proprio diritto deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento.

Ebbene, il DDL n. 257 nella sua stesura iniziale sembra voler introdurre, oltre a delle definizioni più precise del mobbing (“molestie morali e psicologiche” sul lavoro), un impianto di tutele che agevola l'ottenimento di una tutela giudiziale immediata. In particolare, l'art. 5 prescrive un percorso giudiziale agevolato attraverso il quale il lavoratore potrà denunciare, con ricorso al Giudice del lavoro, di aver subito una delle specifiche condotte individuate nel corposo elenco di cui all'art. 2; il Giudice nei 5 giorni successivi convocherà le parti e, assunte sommarie informazioni, se ritiene sussistente la violazione, pronuncerà un'ordinanza esecutiva per la cessazione del comportamento illecito, con conseguente rimozione degli effetti e determinazione in via equitativa della riparazione pecuniaria per il lavoratore. Avverso tale decisione sarà possibile proporre opposizione entro 15 giorni dinanzi al Tribunale in composizione Collegiale.

Ove tali previsioni dovessero proseguire nel loro iter legislativo e trovare fattiva genesi in un testo di legge, ci troveremmo di fronte ad una sorta di nuovo “rito del mobbing”.

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