martedì 22/08/2023 • 06:00
L'innovazione tecnologica e la digitalizzazione hanno cambiato radicalmente il modo di produrre. In molti casi i processi decisionali all'interno di un'impresa sono affidati ad un software. Ma quali sono i rischi che ci troviamo ad affrontare?
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Se un operaio di un'industria fordista degli inizi del XX secolo potesse vederci, cosa penserebbe del nostro modo di lavorare?
Senza dubbio quel nostro antenato, osservandoci, noterebbe immediatamente l'incredibile efficienza di macchinari che svolgono quelle che un tempo erano attività affidate a lui. Forse farebbe più fatica, invece, a rendersi conto del grado di pervasività dei controlli a cui oggi siamo sottoposti.
D'altra parte, anche noi non ne siamo pienamente consapevoli: smartphone, pc e tablet sono considerati, anche a livello normativo, “strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa” (art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, riformato nel 2015), in cui possono essere installati software in grado di verificare cosa stiamo facendo, quanto tempo stiamo impiegando, potendo arrivare anche a leggere conversazioni, registrare la cronologia delle ricerche, monitorare la posizione, ad esempio.
Esempi di algoritmi sul luogo di lavoro
Per dare un'idea di cosa siano in grado di fare questi algoritmi, basti pensare al software Percolata, un sistema informatico utilizzato in famose catene multinazionali di abbigliamento, al fine di associare in tempo reale a ciascun nuovo cliente un commesso, con una combinazione tale da ottimizzare le vendite e velocizzare il servizio, rilasciando delle valutazioni sui tempi della prestazione e quantità di prodotti venduti.
Un altro esempio molto conosciuto è quello delle piattaforme di food delivery come UberEats o Foodora, utilizzate non solo per assegnare a ciascun rider un ordine, ma anche per valutare i tempi di accettazione dell'ordine, quelli della spedizione, quelli della consegna al cliente, nonché tenere conto delle consegne rifiutate o non andate a buon fine.
Possiamo quindi parlare di algorithmic management in riferimento a quei processi decisionali, prima affidati agli esseri umani e, quindi, ai datori di lavoro o comunque a chi esercita il potere di direzione e controllo all'interno di un'impresa, che sono invece ora delegati a dei software, in grado di raccogliere ed elaborare una grande quantità di dati, effettuare valutazioni e aumentare la produttività.
Le macchine e l'uomo
Ma le macchine sostituiranno l'uomo?
Gli studi condotti finora dimostrano che non siamo ancora al punto in cui la macchina abbia completamente spazzato via l'uomo, dovendosi tenere conto delle normative in materia di lavoro e tutela della privacy, con cui si cerca di proteggere i lavoratori dallo sfruttamento eccessivo, da controlli illegittimi e da decisioni discriminatorie e che continuano ad imputare all'essere umano la responsabilità delle decisioni. Tuttavia, l'avanzare di queste tecnologie sembra essere molto più rapido della capacità del legislatore di approntare tutele efficaci. Inoltre, il rischio di essere sostituiti da macchine riguarda ormai non soltanto le mansioni meccaniche e ripetitive, ma anche quelle puramente intellettuali. Una delle sfide del futuro sarà quindi quella della formazione dei lavoratori, la cui professionalità non può e non deve diventare obsolescente, ma dovrà adattarsi alle innovazioni, in modo che sia l'essere umano a sfruttare la macchina e non il contrario.
Le sfide dei nuovi processi
L'innovazione ci porta, inevitabilmente, ad abbondare quella confort zone dove tutto rimane simile a quello che era, ma come abbiamo potuto vedere il futuro ormai ci sta investendo e ci immette in una strada innovativa a cui non possiamo rinunciare.
La gestione di questi nuovi processi rappresenta una grande sfida sia per il legislatore, ma anche per le parti sociali che devono necessariamente bilanciare le tutele legittime dei lavoratori con le nuove modalità di svolgimento della prestazione.
Il ruolo dello smart working
In tutto questo lo smart working ha provato, con la forte accelerazione pandemica, ad aprire un varco innovativo, verso una prestazione che come sappiamo ha molte caratteristiche del rapporto di lavoro autonomo e una forte propensione al lavoro per obiettivi e risultati, che contrastano con la modalità classica del prestatore di lavoro subordinato, dove l'eterodirezione rappresenta un pilastro del principio di subordinazione.
Staremo a vedere, nel complesso panorama economico mondiale come verrà affrontata questa “rivoluzione digitale” che sta modificando le imprese, il lavoro ed i lavoratori, innovandoli verso un lavoro all'apparenza molto diverso e lontano da quello abituale.
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