lunedì 07/08/2023 • 06:00
Il 26 luglio 2023 le Parti sottoscrittrici del CCNL Bancari firmano un verbale di accordo che stabilisce la proroga fino a tutto il 2023. L’intesa è positiva sia per l’ABI che per i sindacati. Il confronto riprenderà a settembre e non sarà semplice, vista la richiesta di un incremento a regime di 435 euro, molto sopra dei rinnovi recentemente sottoscritti.
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Dopo l’invio della piattaforma sindacale unitaria per il rinnovo del CCNL 19 dicembre 2019 avvenuta il 6 luglio 2023, e solo due incontri, l’associazione datoriale ABI e le organizzazioni sindacali FABI, FIRST-CISL, FISAC CGIL, UILCA e UNISIN FALCRI-SILCEA – SINFUB, in data 26 luglio 2023, sentono l’esigenza di sottoscrivere un verbale di accordo.
L’intesa sostanzialmente prevede la proroga della sospensione dei termini del CCNL al 31 dicembre 2023, dandosi quindi cinque mesi di tempo per arrivare alla firma del nuovo CCNL. Gli addetti ai lavori sanno che è abbastanza raro che, in un lasso di tempo così esiguo, si decida di sottoscrivere un accordo: di solito, dopo un periodo così breve, le trattative vanno avanti fino alla definizione di una nuova intesa o alla rottura delle trattative.
La lettura è quindi sostanzialmente politica ed esprime la forte volontà (e la fiducia) delle parti di sviluppare in breve tempo un confronto che possa consentire di concludere in fretta il negoziato.
Evidentemente ABI e Sindacato, nei loro confronti anche informali, avranno sviluppato la consapevolezza che si possa arrivare ad un punto di incontro. Da fuori, la trattativa non appare facile.
Le posizioni del sindacato
Il CCNL Bancari riguarda circa 280 mila dipendenti.
Nel primo incontro del 19 luglio u.s. sono stati i sindacati ad illustrare la loro piattaforma. La FABI (Federazione autonoma bancari italiani), che con i suoi 108.000 iscritti rappresenta il sindacato più rappresentativo nel comparto, ha presentato uno studio molto interessante. L’analisi mostra come il settore, dopo la crisi del 2012, sia da più di dieci anni in un periodo particolarmente positivo, sia per i ricavi che per gli utili ed i dividendi. Anche il cost -income – il rapporto tra costi e fatturato – è progressivamente migliorato negli ultimi anni, passando dal 66,4% nel 2015 al 63,1%, secondo il sindacato tra i migliori dati a livello europeo. Ed ancora, secondo le tabelle FABI, in 10 anni i dipendenti sono diminuiti del 15% e le filiali del 36%, concentrandosi le banche su attività più redditizie e con più ricavi (vendita di prodotti finanziari e assicurativi), lasciando appositamente spazio a BancoPosta nella gestione delle attività meno proficue.
Infine, l’efficienza raggiunta dalle banche è dimostrata, oltre che dalla diminuzione del numero dei dipendenti, dalla concentrazione dei principali gruppi bancari che, dai 31 nel 2012, sono passati ai 18 del 2022.
A detta delle organizzazioni sindacali è necessario chiudere in tempi brevissimi la trattativa, assicurando in sintesi:
Le posizioni dell’ABI
Il 26 luglio 2023 tocca all’ABI esprimere le sue idee sul rinnovo del CCNL.
L’associazione datoriale, piuttosto che sui fattori economici che oggettivamente hanno visto le banche raggiungere risultati molto positivi, si è concentrata sugli aspetti normativi e di contesto: le banche, per esempio, sui dati dell’occupazione, hanno risposto che dal 2019 al 2021 sono stati assunti 21 mila giovani, che comunque i livelli retributivi sono continuati a crescere e che c’è ancora molto da fare in termini di gestione della rivoluzione digitale e tecnologica.
La “piattaforma” degli imprenditori si basa sulla semplificazione, anche degli inquadramenti e delle mansioni, utile a gestire la digitalizzazione e ad inserire la fungibilità delle persone, la velocità delle innovazioni, modelli organizzativi snelli ed efficienti.
I successivi passi
Già a partire dal mese di settembre sono stati calendarizzati gli incontri per arrivare, entro il 2023, come da impegni presi con il verbale di accordo del 26 luglio, a chiudere l’accordo di rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro.
Se, come dice il sindacato, è vero che negli ultimi cinque anni il totale dei ricavi del settore è stato pari a 413 miliardi di euro (209 per commissioni e 204 dai margini di interesse dei prestiti concessi) e gli azionisti sono stati ripagati con dividendi in costante crescita (da 1,5 miliardi del 2012 ai 12 miliardi nel 2022), è altrettanto vero che un aumento dei minimi tabellari dell’entità chiesta dal sindacato (435 euro a regime) sarebbe un incremento davvero altissimo, anche se comparato con i recenti rinnovi dei settori più “ricchi”, che si sono attestati in una forbice che varia dai 210 ai 250 euro a regime, parte nei minimi tabellari, parte in altri istituti quali il welfare.
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