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sabato 05/08/2023 • 06:00

Fisco Dalla Banca d’Italia

Crediti fiscali: gestione contabile e natura dell’attività di trading

Con la circolare del 23 luglio 2023, la Banca d’Italia ha fornito chiarimenti sulla circolazione e sulla gestione contabile dei crediti fiscali acquistati e sulla natura dell’attività di trading posta in essere dagli istituti di credito.

di Andrea Mifsud - Avvocato patrocinante presso la Corte di Cassazione

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  • Tempo di lettura 5 min.
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Il superamento della possibilità di compensazione da parte dei soggetti finanziari che hanno acquistato i crediti dalla clientela, ha generato, insieme ad altri fattori come le truffe perpetrate a danno dell'erario – circa 17 mld, un forte rallentamento nell'acquisto dei crediti e la necessità di procedere alla vendita sul mercato degli stessi.

La Banca d'Italia dopo aver fornito un inquadramento generale sulla natura del credito fiscale e sulla disciplina, sottolineando come il titolare del credito possa utilizzarlo in compensazione, ovvero, procedere alla sua cessione, evidenzia che il credito non può essere chiesto a rimborso ovvero, se non utilizzato nell'anno di competenza, non può essere riportato a nuovo per gli esercizi successivi.

Facendo riferimento al Documento della Banca d'Italia – Consob – Ivass n. 9, redatto nell'ambito del Tavolo di coordinamento tra la Banca d'Italia, Consob e Ivass in materia di applicazione degli IAS/IFRS, ha chiarito che i crediti d'imposta sono “sul piano sostanziale più assimilabili a un'attività finanziaria”, individuando il modello contabile basato sull'IFRS 9 come il modello più attendile per la loro gestione contabile.

Nel caso in cui la banca decida di acquistare crediti fiscali (o lo abbia fatto nel passato) in misura esorbitante il proprio plafond fiscale (tax capacity) al fine di porre in essere un'attività di trading (acquisto dal soggetto originariamente titolare del credito e vendita dello stesso ad un soggetto terzo), Palazzo Koch considera tale attività, di ri-cessione del credito, alla stregua di un contratto derivato forward (a termine) stipulato con (il secondo) cessionario del credito.

La banca dovrà, in tal caso, valutare ed esporre i rischi connessi all'operatività di trading con specifico riferimento alla specifica natura del credito ceduto, al rischio controparte e al rischio di mercato applicando la disciplina sul portafoglio di negoziazione.

La valutazione dei rischi da parte della banca nel caso di attività di trading

La Banca d'Italia “invita” gli istituti di credito a dotarsi di adeguate politiche e processi di gestione del rischio connesso all'attività di trading.

Le policy aziendali degli operatori finanziari dovranno consentire di identificare, valutare e monitorare i rischi, connessi alle operazioni di rivendita, in “via continuativa”, inserendo tale valutazione nell'ambito del processo interno di autovalutazione dell'adeguatezza patrimoniale (Internal Capital Adequacy Assessement Process).

Nello specifico, l'Autorità di Vigilanza declina la valutazione minima che deve essere condotta dalla banca in relazione alla propria operatività:

  • possibilità che il credito d'imposta non sia riconosciuto valido ai fini della compensazione. A tal proposito sovvengono tutte le problematiche connesse all'eventuale inesistenza/non spettanza del credito ab origine. L'art. 10-quater D.Lgs. 74/2002 (indebita compensazione) disciplina 2 diverse ipotesi di reato: secondo quanto previsto dal primo comma, è punito chiunque non versa le somme dovute utilizzando in compensazione crediti non spettanti per un importo annuo superiore a 50.000 euro, mentre il secondo comma punisce chiunque non versa le somme dovute avvalendosi della compensazione con crediti inesistenti per analogo importo annuo (secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione - sentenza n. 7615/2022, un credito non può essere al contempo non spettante e inesistente, è l'uno o l'altro. A maggior chiarimento dell'assunto la Corte fornisce la definizione di credito inesistente: deve considerarsi tale “il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costituivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile attraverso i controlli” di rito esperiti dall'Amministrazione Finanziaria);
  • esame dell'efficacia dei contratti di rivendita a terze parti al fine di mitigare il rischio di negoziazione connesso alla gestione attiva dei crediti d'imposta;
  • valutazione dell'eventuale sequestro dei crediti d'imposta da parte delle Autorità competenti. A tal fine corre l'obbligo di rammentare come la giurisprudenza della Suprema Corte, aldilà della buona fede del cessionario nell'acquisto del credito, ritiene “sempre” possibile il sequestro del credito presente nel cassetto fiscale del cessionario, quale prodotto, profitto e/o prezzo dell'eventuale reato commesso a monte dal cedente;
  • valutazione di eventuali perdite già realizzate.

La posizione assunta dalla Banca d'Italia, da una parte può essere considerata un importante passo avanti finalizzato a delineare correttamente i confini nell'ambito dei quali debbano muoversi le vigilate nell'esercizio della loro attività di trading ma, al contempo, la lucida analisi di cui alla nota circolare porta a suggerire agli istituti di credito estrema prudenza nella cd. gestione attiva dei crediti fiscali.

La possibilità che il credito fiscale non venga ammesso in compensazione (per vizi originari dello stesso) e la conseguente possibile sequestrabilità (anche nel cassetto fiscale del cessionario) suggerisce l'adozione di efficaci presidi di tipo sostanziale caratterizzati da controlli stringenti e non solo di carattere formale.                                                        

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