In caso di violazioni relative ai rimborsi IVA, la sanzione da applicare, oggetto negli anni di modifiche normative, è quella più favorevole al contribuente.
È quanto emerge, in estrema sintesi, dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 20563 del 17 luglio 2023.
La norma di riferimento è l'art. 5, c.5, D.Lgs. 471/97 modificato a decorrere dal 1° gennaio 2016 ad opera dell'art. 15, c.1, lett. e) n. 3, D.Lgs. 471/97. La versione previgente prevedeva che "chi, in difformità della dichiarazione, chiede un rimborso non dovuto o in misura eccedente il dovuto, è punito con sanzione amministrativa dal cento al duecento per cento della somma non spettante". L'attuale versione in vigore stabilisce che "Chi chiede a rimborso l'eccedenza detraibile risultante dalla dichiarazione in assenza dei presupposti individuati dall'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, è punito con la sanzione amministrativa pari al trenta per cento del credito rimborsato".
Secondo i Supremi giudici la sostituzione della disposizione in commento realizza un fenomeno di continuità normativa ai fini dell'applicazione del principio del "favor rei" in considerazione della persistente illiceità del fatto tipico, integrato dall'identica condotta - prevista da entrambe le due versioni - di richiesta di un rimborso in tutto o in parte indebito per difetto dei presupposti, con conseguente continuità strutturale tra l'originaria fattispecie e le modifiche sopravvenute.
Tuttavia, considerati i differenti meccanismi di richiesta dei rimborsi, per cui attualmente è contenuta in dichiarazione, mentre in passato era formulata direttamente all'agente della riscossione a prescindere dalla dichiarazione, affinché la condotta di richiesta di un rimborso in tutto o in parte indebito fatta, secondo le disposizioni "ratione temporis vigenti", a detto agente seguiti ad avere rilevanza sanzionatoria, deve essere integrato il presupposto, coerente con il meccanismo di richiesta di rimborso in allora vigente, della difformità di questa dalla dichiarazione, espressamente previsto dalla previgente formulazione del citato art. 5, c. 5.
In applicazione di tale principio, nel caso di specie la sentenza impugnata è stata annullata dagli Ermellini. Il giudice del rinvio dovrà ora valutare la sussistenza del presupposto della difformità dalla dichiarazione della richiesta di rimborso presentata dalla contribuente, ai sensi della precedente versione dell'art. 5, comma 5, e, in dipendenza da tale accertamento, la ricorrenza delle condizioni per la rideterminazione dell'ammontare della sanzione irrogata, in applicazione del principio del "favor rei".
Fonte: Cass. 17 luglio 2023 n. 20563