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giovedì 20/07/2023 • 06:00

Lavoro Dalla Corte Costituzionale

Emersione dei rapporti di lavoro: quali datori di lavoro sono legittimati

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 149 del 18 luglio 2023, si pronuncia sulla legittimità dei datori di lavoro ammessi alla procedura di emersione prevista durante la pandemia. La possibilità di presentare l'istanza dovrà essere riconosciuta a tutti i datori di lavoro stranieri regolarmente soggiornanti in Italia.

di Massimiliano Matteucci - Consulente del lavoro - Nexumstp Spa

di Martina Marinelli - Dottoressa - Nexum stp

+ -
  • Tempo di lettura 5 min.
  • Ascolta la news 5:03

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Il 18 luglio la Corte costituzionale si è pronunciata con la sentenza n. 149 sul tema dell'emersione dei rapporti di lavoro irregolari, dichiarando parzialmente illegittima la norma che, durante la pandemia, aveva eccezionalmente consentito ai datori di lavoro di presentare istanza per concludere contratti di lavoro con cittadini stranieri o per dichiarare la sussistenza di rapporti preesistenti con cittadini italiani o stranieri.

Una procedura che possiamo definire “jolly” che è stata molto utilizzata durante il periodo pandemico e che ad oggi vede ancora moltissime domande in corso di lavorazione.

La norma in questione è l'art. 103, c. 1, DL 34/2020 (Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 77/2020.

In particolare, la possibilità di presentare l'istanza veniva riconosciuta ai datori di lavoro italiani e stranieri, ma solo se in possesso di permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo.

Per comprendere la portata di questa decisione, ripercorriamo la vicenda dall'inizio.

Fatti di causa

Il TAR Liguria, con ordinanza del 15 settembre 2022, ha sollevato questione di legittimità costituzionale in riferimento al predetto art. 103, comma 1, secondo cui:

“Al fine di garantire livelli adeguati  di  tutela  della  salute individuale  e  collettiva  in  conseguenza  della   contingente   ed eccezionale emergenza sanitaria  connessa  alla  calamita'  derivante dalla diffusione del contagio da COVID-19 e favorire l'emersione  di rapporti  di  lavoro  irregolari,  i  datori  di  lavoro  italiani  o cittadini di uno Stato membro dell'Unione europea, ovvero i datori di lavoro  stranieri  in  possesso  del  titolo  di  soggiorno  previsto dall'articolo 9 D.Lgs. 286/98, e successive modificazioni, possono presentare istanza, con le modalita' di cui ai commi 4, 5, 6 e 7, per concludere un contratto di lavoro subordinato con cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale ovvero per dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare, tuttora in corso, con cittadini italiani o cittadini stranieri”.

Il titolo di soggiorno di cui si parla è il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, a tempo indeterminato, riconosciuto solamente qualora ricorrano i seguenti requisiti:

  • il «possesso, da almeno cinque anni, di un permesso di soggiorno in corso di validità»;
  • la «disponibilità di un reddito non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale»;
  • un «alloggio idoneo» (comma 1);
  • il «superamento, da parte del richiedente, di un test di conoscenza della lingua italiana» (comma 2-bis).

Secondo il TAR Liguria, l'art. 103, c. 1, richiedendo questo requisito per i datori di lavoro stranieri, restringerebbe eccessivamente la platea di soggetti ammessi a presentare l'istanza.

Il TAR ha anche sottolineato che la disciplina ordinaria, contenuta negli artt. 5-bis e 22 D.Lgs. 286/98 (cosiddetto TU immigrazione), consente invece a qualsiasi «datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia» di instaurare un rapporto di lavoro subordinato, a tempo determinato o indeterminato, con uno straniero.

Un limite così restrittivo, da un lato, lede indirettamente la posizione giuridica del lavoratore, che si vedrà negata l'emersione del rapporto di lavoro per il solo motivo costituito dalla tipologia del permesso di soggiorno del datore di lavoro; dall'altro, va contro la finalità stessa indicata dal legislatore, cioè proprio quella di favorire l'emersione di rapporti di lavoro irregolari.

Per tale motivo, il TAR ritiene che l'art. 103, c. 1, sia contrario al principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione.

L'Avvocatura Generale dello Stato, invece, ha difeso la norma in questione, sostenendo che si tratti di una disposizione eccezionale, emanata per far fronte all'emergenza pandemica, e che la sussistenza del permesso di soggiorno di lungo periodo costituisce una garanzia di stabilità del rapporto.

La decisione della Corte costituzionale

All'esito del giudizio, la Corte costituzionale ha accolto la posizione del TAR Liguria, affermando che:

“la norma censurata, riducendo eccessivamente la "platea" dei datori di lavori abilitati ad attivare la procedura di emersione prevista dal censurato art. 103, c. 1, compromette la realizzazione degli obiettivi dalla stessa perseguiti, attinenti tanto alla tutela del singolo lavoratore quanto alla funzionalità del mercato del lavoro in un contesto d'inedita difficoltà. Questa contraddittorietà intrinseca tra la complessiva finalità perseguita dal legislatore e la norma censurata lede, dunque, il principio di ragionevolezza”.

La possibilità di presentare l'istanza dovrà quindi essere riconosciuta a tutti i datori di lavoro stranieri regolarmente soggiornanti in Italia.

Conclusioni

Come abbiamo precisato la procedura di emersione che possiamo definire emergenziale ha permesso una sanatoria di moltissimi rapporti di lavoro irregolari, soprattutto nei settori di maggior bisogno ovvero quello dell'assistenza familiare e pertanto riconosciamo le finalità della decisione della Corte che coerentemente alle finalità del legislatore permette di non creare difformità e problematiche a tutti i soggetti che avevano presentato la domanda con i requisiti richiesti.

Fonte: C.Cost. 18 luglio 2023 n. 149

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