lunedì 26/06/2023 • 06:00
Nelle ipotesi di piani attestati pubblicati nel registro delle imprese, non sussiste l'obbligo per i cedenti/prestatori, che si siano avvalsi della facoltà di emettere una nota di variazione in diminuzione, di effettuare una variazione in aumento per la medesima operazione.
redazione Memento
In caso di sopravvenuta inefficacia di un accordo transattivo stipulato nell'ambito di un piano attestato di risanamento, con conseguente reviviscenza del debito originario, non sussiste un obbligo di emissione da parte del cedente/prestatore di una nota di debito ai fini IVA a rettifica delle variazioni in diminuzione precedentemente operate ai fini IVA a fronte del mancato pagamento del corrispettivo da parte del cessionario/committente. A confermarlo è l'Agenzia delle Entrate nella Risposta n. 361 pubblicata il 23 giugno 2023. Come noto, il decreto Sostegni-bis ha introdotto modifiche sostanziali alla disciplina delle variazioni in diminuzione dell'imponibile IVA o dell'imposta dovuta (art. 26 DPR 633/72), disponendo che, nel caso di mancato pagamento del corrispettivo connesso a procedure concorsuali non si debba più attendere la conclusione delle stesse; tale modifica incide, conseguentemente, sul diritto di portare in detrazione l'imposta corrispondente a dette variazioni (art. 18 DL 73/2021). Con specifico riferimento alle ipotesi contemplate nell'articolo 26, comma 3-bis, DPR 633/72 e, dunque, «in caso di mancato pagamento del corrispettivo, in tutto o in parte, da parte del cessionario o committente» quando questi è assoggettato a una delle procedure indicate nelle successive lettere a) e b) del medesimo comma, emerge: la possibilità per il cedente/prestatore di effettuare la variazione in diminuzione «dalla data di pubblicazione nel registro delle imprese di un piano attestato ex art. 67, c.3, lett. d), RD 267/42; che "l'obbligo di registrazione della variazione, in rettifica della detrazione originariamente operata, permanga, in capo al cessionario/committente" considerato che tali istituti (ossia, gli accordi di ristrutturazione dei debiti ed i piani attestati) "non sono qualificabili come procedure concorsuali in senso stretto, in quanto mancano sia del carattere della "concorsualità", sia di quello dell'"ufficialità". Il cedente/prestatore, pertanto, può portare in detrazione l'IVA, nella misura esposta nella nota di variazione, mentre la controparte è tenuta a ridurre in pari misura la detrazione che aveva effettuato, riversando l'imposta all'Erario." (cfr. Circ. AE 8 aprile 2016 n. 12/E, paragrafo 13.2, e Circ. AE 29 dicembre 2021 n. 20/E, paragrafo 4). Le nuove disposizioni, inoltre, prevedono che nel caso in cui successivamente all'emissione della nota di variazione in diminuzione, il corrispettivo sia pagato, in tutto o in parte, sussiste l'obbligo di emettere una nota di variazione in aumento (nuovo comma 5-bis art. 26 DPR 633/72). In tal caso, il cessionario o committente che abbia assolto all'obbligo ha diritto di portare in detrazione l'imposta corrispondente alla variazione in aumento (si veda sempre la circolare n. 20/E del 2021). Alla luce della nuova disciplina, le Entrate hanno concluso che, nelle ipotesi di piani attestati pubblicati nel registro delle imprese, emerge la volontà del legislatore di non costringere i cedenti/prestatori, che si siano avvalsi della facoltà di emettere una nota di variazione in diminuzione, ad effettuare una variazione in aumento per la medesima operazione, se non a fronte del successivo pagamento, in tutto o in parte, del relativo corrispettivo. D'altronde, spiegano dall'Agenzia, anche in ragione di un principio di economicità, a fronte dell'acclarato omesso pagamento da parte del cessionario/committente, che questi tramite il piano riconosce ed il professionista indirettamente attesta con successiva pubblicazione nel registro delle imprese, l'obbligazione iniziale rimane inadempiuta e l'eventuale risoluzione dell'accordo raggiunto in base al piano non muta tale aspetto. Fonte: Risp. AE 23 giugno 2023 n. 359
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