giovedì 11/05/2023 • 06:00
Tra le principali domande pregiudiziali sollevate nel 2022 avanti la Corte di Giustizia UE vi è la variazione in diminuzione per ricevute fiscali, l’aliquota ridotta per alloggi e l’esenzione IVA per osteopati.
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In caso di vendita a privati con aliquota maggiore documentata da scontrino fiscale, è possibile procedere all'emissione di una nota di variazione in diminuzione?
L'aliquota ridotta per la fornitura di alloggio da parte di alberghi e simili, può trovare applicazione anche se le strutture non sono classificate in una categoria in conformità della normativa nazionale dello Stato membro?
È possibile negare per il passato l'esenzione IVA per gli osteopati anche se la disposizione nazionale è risultata contraria al diritto dell'Unione?
Queste alcune delle importanti domande pregiudiziali sollevate nel 2022 avanti la Corte di giustizia UE.
Variazione in diminuzione per ricevute fiscali
Una Corte tributaria polacca ha chiesto alla Corte di Giustizia di pronunciarsi se l'art. 1, paragrafo 2, e l'art. 73 della direttiva IVA e i principi di neutralità, di proporzionalità nonché di parità di trattamento debbano essere interpretati nel senso che ostano alla prassi delle autorità fiscali nazionali nei limiti in cui detta prassi non consente, invocando l'assenza di un fondamento normativo nazionale e l'arricchimento senza causa, di rettificare l'importo della base imponibile e dell'imposta dovuta nell'ipotesi in cui la vendita di beni e servizi ai consumatori con un'aliquota IVA più elevata sia stata registrata mediante un registratore di cassa e documentata da ricevute fiscali anziché da fatture IVA, e a seguito di tale rettifica non intervenga alcuna modifica del prezzo (del valore lordo della vendita).
Tale questione va letta alla luce della recente sentenza della stessa Corte di Giustizia Finanzamt Österreich relativa alla causa C-378/21 del 8 dicembre 2022, secondo cui qualora il cessionario/committente sia un consumatore finale, non legittimato alla detrazione, anche se il prestatore ha applicato un'aliquota IVA maggiore sui servizi resi, non può essere considerato debitore della parte dell'IVA erroneamente fatturata non verificandosi alcun rischio di perdita di gettito fiscale.
Alla luce di tale interpretazione, la Corte dovrà chiarire se è possibile emettere una nota di variazione in diminuzione anche nel caso in cui l'operazione sia stata documentata tramite scontrino fiscale (in Italia sostituito dal documento commerciale) anziché tramite fattura.
La causa è stata rubricata con il numero C-606/22 e interessa gli artt. 22 e 26 DPR 633/72.
Aliquota ridotta per alloggi
Una Corte tributaria ungherese ha chiesto alla Corte di Giustizia se l'art. 98, paragrafo 2, in combinato disposto con l'allegato III, punto 12, della direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che l'aliquota ridotta dell'IVA, prevista in tale disposizione per la fornitura di alloggio da parte di alberghi e simili, può trovare applicazione se tali strutture non sono classificate in una categoria in conformità della normativa nazionale dello Stato membro richiedente. In particolare, va chiarito se gli ulteriori requisiti previsti dalla normativa ungherese per la classificazione di strutture alberghiere in una categoria possa essere considerata come una limitazione dell'applicazione dell'aliquota ridotta ad elementi concreti e specifici.
La questione interessa anche l'Italia dal momento che anche nella legislazione nazionale le prestazioni rese ai clienti alloggiati nelle aziende alberghiere beneficiano dell'aliquota ridotta del 10%. L'aliquota IVA ridotta, inoltre, si applica anche per tutte le prestazioni rese nelle strutture ricettive definite dall'art. 6 della legge 17 maggio 1983, n. 217, comprendendo così anche le prestazioni rese da strutture ricettive di alberghi, motels, villaggi-albergo, residenze turistico-alberghiere, campeggi, villaggi turistici, alloggi agro-turistici, affittacamere, case e appartamenti per vacanze, case per ferie, ostelli per la gioventù, rifugi alpini, bed and breakfast. Tuttavia in questa materia è intervenuto il D.P.C.M. 13 settembre 2002, il quale, nel prendere atto che nel settore turistico-alberghiero sono devolute alle Regioni le funzioni amministrative non riservate allo Stato, ha di fatto previsto che tutti i richiami effettuati dalle norme previste dalla legge n. 217 del 1983 siano da intendersi posti con riferimento anche alle normative di settore emanate dalle Regioni. Pertanto occorre oggi riferirsi a tali norme per individuare il corretto trattamento IVA delle prestazioni di alloggio “alberghiero o simili”.
La causa è stata rubricata con il numero C-733/22 e interessa l'art. 16 DPR 633/72.
Esenzione IVA per osteopati
Una Corte tributaria belga ha chiesto alla Corte di giustizia UE di pronunciarsi se è possibile per un giudice nazionale mantenere per il passato, di propria iniziativa e senza previo rinvio pregiudiziale, gli effetti di una disposizione di diritto nazionale ai sensi della quale le prestazioni di osteopati non possono beneficiare di esenzione dall'IVA, disposizione che quello stesso giudice aveva parzialmente annullato a causa di incompatibilità con il diritto dell'Unione.
Nel caso di specie, la normativa belga prevedeva che le prestazioni degli osteopati fossero da assoggettare ad IVA. Tale disposizione è stata ritenuta contraria alla direttiva IVA e, pertanto, annullata. Il legislatore nazionale aveva tuttavia previsto che il diniego all'esenzione restasse valido con riguardo ai fatti generatori dell'imposta verificatisi prima del 1° ottobre 2019.
La questione può avere impatti anche sulla nostra legislazione e prassi considerato che mentre l'art. 7 della legge 11 gennaio 2018 n. 3 ha individuato le professioni dell'osteopata e del chiropratico come attività rientranti nell'ambito delle professioni sanitarie, di contrario avviso si è mostrata l'interrogazione parlamentare n. 5-06820 del 13 ottobre 2021, secondo cui non rientrano nell'esenzione IVA le prestazioni professionali rese dagli osteopati. Ciò in quanto in Italia, l'iter normativo volto all'istituzione della professione sanitaria dell'osteopata non risulta ancora perfezionato, non potendo quindi ritenersi verificato il presupposto previsto per l'esenzione. Lo Stato italiano non ha ancora previsto a tale data criteri che consentano di individuare un livello qualitativo minimo delle stesse, né un piano formativo adeguato per la loro rilevanza professionale, anche al fine di garantire “efficaci modalità di controllo delle loro qualifiche professionali”.
La causa è stata rubricata con il numero C-355/22 e interessa l'art. 10 DPR 633/72.
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Renato Portale
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