venerdì 05/05/2023 • 06:00
È illegittima l'irrogazione di una sanzione pecuniaria e di una sospensiva (chiusura di un locale commerciale), in caso di violazione di un obbligo tributario, in quanto non è garantito che la severità di tutte le sanzioni corrisponda alla gravità della violazione commessa.
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Cumulo dei procedimenti e delle sanzioni
Le sanzioni amministrative, inflitte dalle autorità tributarie nazionali in materia di IVA, costituiscono un'attuazione degli artt. 2 e 273 della Direttiva 2006/112/CE e quindi del diritto UE (BV, C-570/20), le quali dovranno rispettare il diritto fondamentale garantito dall'art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea “nessuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell'Unione (…) a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge”. Il principio del ne bis in idem vieta quindi un cumulo tanto di procedimenti quanto di sanzioni con natura penale ai sensi del menzionato articolo per gli stessi fatti e nei confronti di una stessa persona (bpost, C-117/20).
Ai fini della valutazione della natura penale dei procedimenti e delle sanzioni, occorre far riferimento a tre criteri:
Qualificazione giuridica dell'illecito
Ma attenzione: l'art. 50 della Carta non è perimetrato esclusivamente ai procedimenti ed alle sanzioni qualificate come “penali” dal diritto nazionale siccome ingloba, a prescindere da una siffatta qualificazione del diritto nazionale, i procedimenti e le sanzioni che devono essere ritenuti dotati di natura penale sul fondamento di due ulteriori requisiti che sono la natura stessa dell'illecito ed il grado di severità della sanzione che quest'ultimo può comportare (Menci, C-524/15; Latvijas Republikas Saeima (Punti di penalità), C-439/19).
La natura dell'illecito
la natura medesima dell'illecito implica di verificare se la misura contemplata persegua, in particolare, una finalità repressiva, senza che la mera circostanza che essa persegua anche una finalità preventiva sia idonea a privarla della sua qualificazione di sanzione penale. Infatti, fa parte della natura stessa delle sanzioni penali la circostanza che esse siano volte tanto alla prevenzione quanto alla repressione di condotte illecite. Per contro, una misura che si limiti a risarcire il danno causato dall'illecito considerato non riveste natura penale (Latvijas, C-439/19)
Il grado di severità delle misure adottate
Come viene valutato il grado di severità della misura adottata? Giunge in soccorso la decisione della Corte EDU del 9 ottobre 2003, causa Ezeh e Connors c. Regno Unito, che ha sottolineato come la valutazione è effettuata in funzione della pena massima prevista dalle disposizioni pertinenti.
La limitazione del diritto fondamentale previsto dall'art. 50 della Carta
La limitazione del diritto fondamentale previsto dall'art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea può essere giustificata sulla base dell'art. 52, par. 1, ossia dovranno essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà (bpost, C-117/20).
Quindi il cumulo sanzionatorio dovrà essere soggetto a condizioni fissate in modo tassativo, assicurando che il diritto garantito dall'art. 50 non sia rimesso in discussione in quanto tale (Menci, C-524/15), cosicché un cumulo automatico, non soggetto ad alcuna condizione fissata in modo tassativo, non potrà essere considerato conforme al contenuto essenziale di tale diritto.
Allo stesso tempo andrà rispettato il principio di proporzionalità, nel senso che il cumulo di procedimenti e sanzioni, disposto da una norma nazionale, non deve superare i limiti di quanto idoneo e necessario al conseguimento degli scopi legittimi perseguiti dalla norma stessa, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta fra più misure appropriate, si dovrà ricorrere a quella meno restrittiva e che gli inconvenienti causati da quest'ultima non dovranno essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (BV, C-570/20).
Quindi la disciplina nazionale dovrà prevedere norme chiare e precise che:
La questione
Una società, operante nel settore della rivendita di beni e nell'acquisto di sigarette, gestiva un locale commerciale in Bulgaria. In seguito ad un controllo eseguito dall'Amministrazione tributaria, quest'ultima ha verificato che la società stessa aveva omesso di registrare la vendita di un pacchetto di sigarette nonché di emettere il giustificativo fiscale di cassa relativo a detta vendita. Ne derivava un avviso di accertamento della violazione amministrativa, con conseguente irrogazione sia di una sanzione pecuniaria che della chiusura dei locali, con conseguente apposizione dei sigilli per quattordici giorni. Vista la sproporzione di quest'ultima disposizione, la contribuente ricorreva dinnanzi al giudice bulgaro che osservava come sia la sanzione pecuniaria quanto l'apposizione dei sigilli avessero natura penale, risultando irrogabili al termine di procedimento distinti e autonomi. Di conseguenza, se impugnabili, tali due misure rientrerebbero nella competenza di tribunali diversi i quali però, in base alla normativa nazionale, non avevano il potere di sospendere un procedimento in attesa della conclusione dell'altro, vista la mancanza di un meccanismo di coordinamento volto a garantire l'osservanza del requisito della proporzionalità rispetto alla gravità dell'illecito commesso.
La CGUE, investita della questione, ha dapprima osservato come le misure irrogate siano state inflitte ad una stessa impresa e per uno stesso fatto, al termine di procedimenti distinti e autonomi.
Nel dettaglio, l'apposizione dei sigilli non mirava né al recupero di crediti fiscali o alla raccolta di prove e nemmeno ad impedire l'occultamento di queste ultime. Infatti dalla norma nazionale emerge che questa sia finalizzata a far cessare gli illeciti amministrativi commessi ed a prevenire il verificarsi di nuove violazioni impedendo al commerciante interessato di sfruttare il proprio locale commerciale.
Al contempo, nel valutare la gravità della sanzione, occorre tener conto della situazione fattuale: apporre i sigilli per un periodo massimo di trenta giorni potrebbe qualificarsi come un provvedimento severo se irrogato nei confronti di un commerciante individuale che disponga di un solo locale commerciale, siccome impedisce l'esercizio dell'attività, privandolo delle sue entrate. Quanto alla sanzione pecuniaria, il fatto che il suo importo, per una prima violazione sia compreso tra circa 250 euro ed un massimo di 1.000 euro, al pari del rapporto tra l'IVA elusa sulla vendita di un pacchetto di sigarette, per un importo inferiore a 0,50 euro, e la sanzione inflitta, che ammonterebbe a 500 euro, attesta la severità della sanzione stessa.
Da qui ne deriva che, siccome entrambe le misure (sanzione e sigilli) abbiano un grado di severità intrinsecamente elevato, l'effetto cumulativo di queste supera la gravità della violazione commessa dalla contribuente.
In conclusione, per la CGUE “l'articolo 273 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto, e l'articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale in forza della quale a un contribuente possono essere inflitte, per una medesima violazione di un obbligo fiscale e al termine di procedimenti distinti e autonomi, una misura sanzionatoria pecuniaria e una misura di apposizione di sigilli a un locale commerciale, misure, queste, impugnabili dinanzi a organi giurisdizionali diversi, nei limiti in cui detta normativa non garantisce un coordinamento dei procedimenti che consenta di ridurre a quanto strettamente necessario l'onere supplementare che il cumulo di dette misure comporta e non consente di garantire che la severità̀ del complesso delle sanzioni inflitte corrisponda alla gravità della violazione interessata”.
Fonte: CGUE 4 maggio 2023 (C-97-21)
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