lunedì 01/05/2023 • 06:00
La festa del 1° maggio, tra manifestazioni, concerti e discorsi, nelle piazze, sui media e sui social, è sempre l'occasione per parlare del lavoro. Una breve riflessione per ricordare le sue origini e per fare il punto sullo stato dell'arte dei diritti dei lavoratori.
1° maggio 1867: nell'Illinois entra in vigore per la prima volta in assoluto una legge che fissa come durata giornaliera dell'orario di lavoro le otto ore. La conquista, seguita ed accompagnata da numerose e spesso sanguinose manifestazioni e rivolte operaie, trovò vasta e rapida espansione non solo negli Stati Uniti, ma anche in Europa, per approdare in Italia. Nel nostro Paese la protesta si diffuse nel 1888, per portare, nel 1919 alla firma del primo accordo fra le parti sociali per la riduzione d'orario a otto ore giornaliere e 48 settimanali. 1° maggio 2023: urbi et orbi, nelle piazze e sui media, in Italia e in altri Stati del mondo si celebra la festa del lavoro, per ricordare le conquiste dei diritti dei lavoratori. Prescindendo dalla ufficialità delle manifestazioni, la festa del lavoro è ogni anno anche un'occasione per “fare il punto della situazione” sul lavoro, su quelli che sono i passi avanti che, rispetto al passato si stanno facendo e su come il lavoro stia cambiando, senza perdere di vista gli obiettivi che ancora oggi, dopo quasi due secoli, i lavoratori, le parti sociali e gli Stati devono porsi e raggiungere. Ciò non solo perché la realtà cambia, il mondo cambia, l'economia cambia e il lavoro cambia; ma anche perché i cambiamenti si rendono ancora più complessi nelle diverse realtà, di settore, territoriali e di genere, registrandosi, purtroppo, ancora – almeno - due velocità. Se, infatti, sotto il profilo normativo le conquiste e le tutele che piace ricordare in questo giorno, tutti gli anni, sono straordinarie e fanno pensare alla legge delle 8 ore come ad un cimelio del nostro passato, nei fatti troppo spesso la realtà non è davvero cambiata e lotte per “le 8 ore di lavoro giornaliere” sarebbero tutt'altro che anacronistiche. Caporalato Viene alla mente immediatamente il caporalato e lo sfruttamento in agricoltura, strettamente connesso alla piaga dell'immigrazione clandestina. Su questo fronte, guardando indietro fino all'ultimo 1° maggio, dei passi avanti sono stati fatti sotto il profilo normativo, con l'estensione, ad esempio, delle tutele previste per il lavoro subordinato occasionale in agricoltura contenute nella legge di bilancio per l'anno 2023; con le aperture del decreto flussi al lavoro stagionale o con sistemi di semplificazione per il rilascio del nullaosta o con l'inasprimento delle disposizioni penali in materia. A fronte di questa lenta - ma pur presente - evoluzione normativa, si continuano purtroppo e ancora troppo spesso a leggere pronunce di condanna per caporalato o addirittura per riduzione in schiavitù ex art. 600 c.p. (ex multiis Corte di cassazione penale 2 maggio 2022, n. 17095), soprattutto nel settore agricolo. Gender gap Ancora troppo alti sono, inoltre, i dati relativi al gender gap, ulteriormente aggravati dalla crisi pandemica. Tali dati raggiungono soglie estreme, poi, nel sud. Si pensi, ad esempio, che nel 2018 lavorava il 32,2% delle donne fra i 15 e i 64 anni, ovverosia un valore addirittura inferiore alla media nazionale delle donne occupate nel 1977. E la crisi pandemica ha ulteriormente aggravato la situazione. Tante sono le cause; si cita solo che le donne operano in settori più precari, peraltro più colpiti dalla crisi (prevalentemente nel settore terziario) e sono spesso coloro su sui ricade l'onere di conciliare la vita familiare con il lavoro. Le poche donne impiegate, inoltre, ricevono delle retribuzioni significativamente più basse rispetto a quelle degli uomini. Guardando sempre indietro allo scorso 1° maggio, un timido tentativo di adottare misure finalizzate ad incentivare l'occupazione femminile si registrano. Il 1° luglio 2022 è, infatti, entrato in vigore il D.P.C.M. 29 aprile 2022, che ha definito i parametri per il conseguimento su base volontaria della certificazione di parità di genere, con il coinvolgimento delle rappresentanze sindacali aziendali e delle consigliere e consiglieri territoriali e regionali di parità; collegando, per il 2022, anche un esonero contributivo. Inoltre, il nuovo codice appalti, nelle procedure per investimenti pubblici finanziati, in tutto o in parte, con le risorse del PNRR, ha previsto l'esclusione degli operatori economici tenuti alla redazione del rapporto sulla situazione del personale, che non siano in regola con la relativa presentazione. Alcuni interventi per supportare la conciliazione delle esigenze di vita e lavoro si rinvengono, inoltre, nella semplificazione dello smart working, oltre che nel family act (D.Lgs. 105/2022). Sicurezza dei lavoratori Parimenti corposa e – apparentemente – adeguata a tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori è la normativa in materia di sicurezza, benché appaia spesso onerosa sia sotto il profilo organizzativo che finanziario, generando l'effetto opposto: violare la normativa. Il risultato è sotto gli occhi di tutti; si legge sul sito INAIL “Alla data dello scorso 31 dicembre, gli infortuni denunciati nel 2022 sono stati 697.773, in aumento del 25,7% rispetto al 2021, del 25,9% rispetto al 2020 e dell'8,7% rispetto al 2019. A livello nazionale i dati evidenziano, in particolare, un incremento rispetto al 2021 sia dei casi avvenuti in occasione di lavoro (+28,0%) sia di quelli in itinere, occorsi cioè nel tragitto di andata e ritorno tra l'abitazione e il posto di lavoro (+11,9%).” E in aumento risultano anche gli infortuni mortali. Lavoro precario Un ultimo pensiero, in questa giornata, non può non andare al tema della disoccupazione e al lavoro precario. Sia la festa del 1° maggio e i fatti storici che l'accompagnano un motivo di “risveglio” delle parti sociali – in primis delle organizzazioni sindacali – a cui i lavoratori hanno dato l'onere e l'onore di entrare nelle aziende e tutelare i propri diritti, faticosamente conquistati da chi li ha preceduti. Il tutto cercando quel difficile equilibrio fra la necessità di far applicare un dettato normativo spesso complesso, articolato e talvolta di difficile operatività e la singola realtà aziendale, territoriale, settoriale e di genere; rammentando sempre che dispongono di quello straordinario strumento che è la contrattazione collettiva aziendale – anche di prossimità, ove occorra – purtroppo troppo spesso dimenticata.
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