lunedì 24/04/2023 • 06:00
Chiariti, in relazione a un caso concreto, gli effetti del meccanismo di recapture, in ipotesi di mancato esercizio dei diritti di conversione, sulle discipline degli interessi passivi e dell'ACE.
redazione Memento
In sede di risposta a interpello l'Agenzia delle Entrate ha chiarito gli effetti del meccanismo di recapture, in caso di mancato esercizio dei diritti di conversione, sulle discipline degli interessi passivi e dell'ACE. In tali ipotesi, il meccanismo di recapture consente di ripristinare la rappresentazione contabile di un prestito obbligazionario senza diritto di opzione emesso alle medesime condizioni, da cui derivare la base imponibile ai fini IRES ed IRAP. Infatti, in coerenza con l'applicazione del ''metodo del costo ammortizzato sulla base del criterio dell'interesse effettivo” (MCA), nel caso di un'obbligazione senza opzione di conversione sarebbe stato rilevato al momento dell'emissione un provento finanziario (cd. day one profit), in luogo della riserva da conversione, che avrebbe concorso alla formazione del reddito di periodo (e dell'IRAP). Il meccanismo di recapture genera il predetto effetto al momento della mancata conversione del debito, poiché è solo in tale momento che, anche sul piano giuridico-formale, si definisce la vicenda del prestito obbligazionario con l'assenza di alcuna forma di apporto da parte dei sottoscrittori degli strumenti finanziari. Il provento finanziario, dunque, assume rilevanza ai fini IRES e IRAP nel periodo d'imposta in cui avviene la mancata conversione. Caso di specie La società istante chiede un parere in merito al corretto trattamento fiscale ai soli fini IRES di alcuni effetti conseguenti alla tassazione nel periodo d'imposta 2021 della ''riserva di conversione'' girocontata ad altra riserva disponibile in conseguenza del mancato esercizio del diritto di conversione da parte dei sottoscrittori. In particolare, la società, preso atto delle indicazioni fornite dall'Agenzia delle Entrate con una precedente risposta a interpello, chiede se quest'ultimo importo sia rilevante ai fini: 1) dell'incremento del plafond di deducibilità degli interessi passivi ai sensi dell'art. 96 TUIR, per l'anno 2021 (primo quesito); 2) dell'incremento del risultato d'esercizio 2021 rilevante ai fini della variazione in aumento del capitale proprio ai fini ACE con decorrenza dal 2022 (secondo quesito). Parere delle Entrate Quanto al primo quesito, il Fisco chiarisce che, al fine di qualificare una componente reddituale come interesse passivo/attivo o onere/provento ad esso assimilato, è necessaria la sussistenza di tre requisiti, ossia che: la qualificazione come interessi derivi dall'applicazione dei principi contabili adottati dall'impresa; tale qualificazione sia confermata fiscalmente dalle disposizioni emanate in attuazione dell'art. 1, c. 60, L. 244/2007, dell'art. 4, cc. 7quater e 7quinquies D.Lgs. 38/2005 e dell'art. 13bis, c. 11, DL 244/2016 conv. L. 19/2017; gli interessi derivino da un'operazione o rapporto contrattuale avente causa finanziaria o, comunque, contenente una componente di finanziamento significativa. Al riguardo, il requisito della qualificazione a titolo di interessi sulla base dei principi contabili adottati, nel caso di specie, è ritenuto integrato dalle Entrate in virtù del fatto che la stessa ha già trovato espressione al momento dell'imputazione degli interessi passivi in sede di contabilizzazione della passività finanziaria secondo il MCA. La rilevazione della ''riserva di conversione'' determina, infatti, la contabilizzazione di reversal connessi alla circostanza che il debito per il prestito obbligazionario è stato valutato con il MCA sulla base del criterio dell'interesse effettivo, confermando la descritta connessione con gli interessi passivi registrati medio tempore. Inoltre, essendo pacifica la presenza della causa finanziaria in relazione all'operazione in esame, il Fisco evidenzia che la rilevanza fiscale della qualificazione degli interessi passivi, confermata in sede di risposta al precedente interpello, non trova alcuna norma di disattivazione nei decreti di coordinamento. Conseguentemente, l'importo tassato della riserva di conversione assume la classificazione fiscale di provento assimilato agli interessi attivi confluendo nel plafond di deducibilità ai sensi dell'art. 96 TUIR, nel periodo di imposta in cui si rileva la mancata conversione. Sul punto, prescindendo dall'effettiva deduzione degli interessi passivi rilevati pro tempore in bilancio (o dalla capienza del ROL), l'inclusione del suddetto componente positivo nel plafond di deducibilità consentirà di riequilibrare il rapporto tra gli interessi passivi dedotti, quelli riportabili in avanti o le posizioni soggettive ''consumate'' anche nell'ambito del Consolidato fiscale. In ordine al secondo quesito, in base al dato letterale della disposizione contenuta all'art.5, c.5, DM 3 agosto 2017 (Nuovo Decreto ACE), nella fattispecie in esame dovrebbe ritenersi che, non essendo stato esercitato il diritto di conversione da parte degli obbligazionisti, l'ammontare della riserva in parola non potrebbe qualificarsi quale incremento di patrimonio a titolo di conferimento effettuato da soci o partecipanti o per acquisire tale qualificazione. Per le Entrate, tuttavia, l'indagine, in linea con la ratio dell'agevolazione e le relative previsioni, non può arrestarsi alla richiamata previsione che disciplina la rilevanza della riserva alla stregua di un potenziale incremento di capitale derivante da conferimento. Occorre, in particolare, verificare se la riclassificazione della ''Riserva da conversione'' prescindendo dalle valutazioni riguardanti la natura contabile della stessa determini l'emersione, ai sensi dell'art. 5, c. 2, DM 3 agosto 2017, di incrementi di capitale proprio a titolo di ''utili accantonati a riserva, ad esclusione di quelli destinati a riserve non disponibili''. Nel caso di specie, la ''riserva di conversione P.O.C. è stata girocontata ad una riserva denominata ''riserva utili a nuovo ex riserva di conversione P.O.C.e ad entrambe le riserve richiamate è stata attribuita sia ai fini fiscali che ai fini contabili-civilistici la natura di ''riserve di utili'', disponibili 'per qualunque possibile destinazione civilistica e, quindi, sia per la distribuzione di dividendi, sia perla copertura perdite, sia infine per aumentare gratuitamente il capitale sociale. Il Fisco, nel presupposto che la riclassificazione della predetta riserva risulti assimilabile alla conversione di un apporto in una riserva di utili e nella misura in cui quest'ultima rispetti i requisiti per essere definita ai fini ACE ''disponibile'', ai sensi dei commi 2 e 6 dell'art. 5 DM 3 agosto 2017, reputa che la medesima rappresenti un incremento di capitale proprio rilevante ai fini della variazione in aumento del beneficio ACE con decorrenza dal 2022. Infatti, la riclassificazione della Riserva da conversione determina la ricostituzione di ''utili'' che, se mantenuti nell'economia dell'impresa, consentono la fruizione del beneficio ACE. In particolare, se mantenuta in bilancio negli esercizi successivi alla mancata conversione, la riserva rappresenta una variazione in aumento del capitale proprio connessa a ''utili'' portati a nuovo. Fonte: Risp. AE 21 aprile 2023 n. 303
© Copyright - Tutti i diritti riservati - Giuffrè Francis Lefebvre S.p.A.
Rimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione
Per continuare a vederlo e consultare altri contenuti esclusivi abbonati a QuotidianoPiù,
la soluzione digitale dove trovare ogni giorno notizie, video e podcast su fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti e mondo digitale.
Abbonati o
contatta il tuo
agente di fiducia.
Se invece sei già abbonato, effettua il login.