sabato 22/04/2023 • 06:00
La Cassazione, con sentenza n. 10124 del 17 aprile 2023, ha ricostruito ed approfondito i concetti di giusta causa e proporzionalità alla luce del loro carattere di “clausole generali” che necessitano di concretizzazione interpretativa, nell'ambito di un licenziamento disciplinare intimato nei confronti di un dipendente di un istituto bancario.
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Un dipendente di un istituto bancario veniva licenziato per giusta causa, all'esito di un procedimento disciplinare avente ad oggetto alcune condotte contrarie al Codice di Comportamento interno adottato dalla Banca. In particolare, i fatti contestati riguardavano alcuni accessi arbitrari, oltre che ingiustificati, tramite il sistema informatico della Banca, ad alcuni rapporti bancari intestati ai clienti, ed anche alcune attività di contabilizzazione di operazioni riferibili ai figli del dipendente. Dalla commissione di tali condotte riconducibili al dipendente, sarebbe poi derivata una agevolazione per la commissione di altre condotte delittuose di natura truffaldina, commesse però da terzi. Le condotte poste in essere dal dipendente avrebbero, altresì, violato alcune disposizioni normative in tema di privacy. Il lavoratore impugnava, quindi, il licenziamento per giusta causa subito, chiedendo al Giudice (Tribunale di Benevento, sez. lav.) che, accertata la illegittimità del licenziamento, la Banca convenuta fosse condannata alla reintegra nel posto di lavoro, oltre al risarcimento del danno.
Il primo grado del giudizio (nella sua duplice fase sommaria e di merito, essendo stato introdotto con il rito ex art. 1, c. 47 e ss., L. 92/2012) si concludeva con l'accertamento dell'illegittimità del licenziamento però con l'applicazione della c.d. tutela “obbligatoria”ex art. 18, c. 5, L. 300/70 con la conseguente declaratoria di risoluzione del rapporto e la condanna della Banca al pagamento dell'indennità risarcitoria quantificata in 18 mensilità. Entrambe le parti proponevano reclamo innanzi alla Corte Territoriale (Corte di Appello di Napoli, sez. lav.) che confermava però la decisione del primo grado, osservando che la condotta, seppur connotata da rilevanza disciplinare, non assumeva quel carattere di particolare gravità e ciò anche alla luce della circostanza che la Banca, per prassi, aveva in passato tollerato alcune condotte simili per accontentare le richieste dei clienti.
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli, proponeva ricorso il lavoratore e la Banca resisteva con controricorso, proponendo contestualmente anche un ricorso incidentale.
Il vincolo fiduciario nell'ambito del rapporto di lavoro bancario
Di un certo interesse appaiono i motivi dedotti nel ricorso incidentale promosso dalla Banca. Nella specie, la Banca evidenzia che la Corte territoriale, nel proprio iter motivazionale, non avrebbe correttamente apprezzato la particolare intensità del vincolo fiduciario connesso alle mansioni svolte. Tale rilievo si giustifica in quanto nei rapporti di lavoro nel settore bancario tale vincolo è, infatti, particolarmente intenso, e ciò si apprezza, prima di tutto, in ragione della natura pubblicistica degli interessi in gioco, che non si limitano al perimetro della protezione dei diritti delle parti ma che, al contrario, si estendono anche – e prima di tutto - alla necessità di tutelare il pubblico risparmio, il corretto funzionamento dei mercati finanziari e, in generale, l'esercizio di una funzione che assume un'importanza vitale per l'economia, le famiglie e l'intera società civile. Da ciò in linea di massima deriva che che la valutazione circa la proporzionalità tra l'illecito commesso e la sanzione irrogata deve essere condotta con particolare rigore, indipendentemente dalla configurabilità, ad esempio, di un danno al patrimonio aziendale.
Le statuizioni della Corte
La Corte di Cassazione ha comunque ritenuto corretta l'esegesi condotta dalla Corte territoriale e ciò in quanto, l'assenza di una giusta causa di licenziamento, anche avendo riguardo al particolare contesto lavorativo bancario che richiede un vincolo fiduciario più intenso, è stata comunque ricavata da una serie di circostanze accertate e vagliate dalla Corte di Appello che risultano del tutto plausibili e riscontrabili nel patrimonio istruttorio acquisito.
A questo punto la motivazione della sentenza si sofferma proprio sui concetti di giusta causa e proporzionalità osservando che si tratta, in ogni caso di clausole generali “vale a dire disposizioni di limitato contenuto, che richiedono di essere concretizzate dall'interprete tramite la valorizzazione sia di fattori esterni relativi alla coscienza generale, sia di principi tacitamente richiamati dalla norma, quindi mediante specificazioni che hanno natura giuridica e la cui disapplicazione è deducibile in sede di legittimità come violazione di legge, a condizione però che la contestazione in tale sede contenga una specifica denuncia di incoerenza del giudizio rispetto agli "standards" esistenti nella realtà sociale e non si traduca, come invece accade nella specie, in una richiesta di accertamento della concreta ricorrenza degli elementi fattuali che integrano il parametro normativo”.
Rispetto alla proporzionalità, la Suprema Corte conferma il corretto operato della Corte di merito laddove è stata fatta corretta applicazione dei principi vigenti (elaborati dalla Cassazione stessa – Cass. n. 24619 2019) e cioè la verifica della condotta “con riguardo agli obblighi di diligenza e fedeltà ed alla luce del "disvalore ambientale" che la stessa poteva assumere. Ne ha verificato in concreto il rilievo con riguardo alla posizione professionale rivestita ed all'impatto sugli altri dipendenti dell'impresa”.
In sostanza, la Corte di Cassazione ritiene corretto l'accertamento della condotta da parte della Corte d'Appello secondo la quale essa, pur censurabile, era risultata in qualche modo “tollerata” ed ha perciò ridimensionato il suo impatto sui comportamenti di altri dipendenti. E proprio questo esercizio interpretativo compiuto dalla Corte Territoriale attualizza i principi richiamati dalla Corte di Cassazione: i giudici di merito, per individuare e per valutare la proporzionalità e la sussistenza di una giusta causa di recesso, hanno correttamente e necessariamente valorizzato elementi esterni ed ambientali per meglio comprendere il complessivo disvalore della condotta e la relativa capacità di elidere il vincolo fiduciario. Parimenti, la Corte di Cassazione non manca di precisare che ad essa non possono essere rivolte richieste relative ad accertamenti fattuali
Ad ogni modo, l'avvalersi di questi elementi ulteriori ed esterni rispetto al puro fatto accertato pare un esercizio necessario, non potendo avere gli interpreti l'ardua pretesa di tipizzare in modo scientifico e completo le fattispecie che possono estinguere la fiducia che sorregge un rapporto di lavoro.
Fonte: Cass. 17 aprile 2023 n. 10124
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