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martedì 18/04/2023 • 06:00

Lavoro Dalla Corte di Cassazione

Illegittimo il licenziamento conseguente a mobbing o straining

Il Giudice del lavoro, nella valutazione circa le legittimità del licenziamento per superamento del periodo di comporto, deve tenere conto anche di quanto abbia inciso la condotta datoriale nell’aggravarsi della condizione fisica del lavoratore, o nell’insorgenza di una patologia di chiara eziologia professionale.

di Marco Proietti - Avvocato in Roma

di Simone Chiavolini - Avvocato in Roma

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  • Tempo di lettura 10 min.
  • Ascolta la news 5:03

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Quale condotta integra le caratteristiche dello straining Quando si parla di condotte vessatorie e persecutorie, ripetute e prolungate nel tempo, tali da fiaccare la resistenza psico-fisica del lavoratore e finalizzate ad incentivarne le dimissioni, si guarda – inevitabilmente – al c.d. mobbing, ovvero un istituto di costruzione giurisprudenziale tramite il quale si vogliono tutelare i lavoratori contro le condotte illecite e illegittime del datore, in grado di causare uno stato morboso e reattivo all'ambiente di lavoro. Nel corso degli anni, e sostanzialmente a partire da una primissima sentenza del 2005, è emersa una nuova figura, peculiare al mobbing, caratterizzata dalla presenza di una singola condotta, un singolo atto del datore di lavoro, idoneo però (stante comunque la gravosità) di causare un danno alla salute del datore di lavoro. In tali casi, si parla più specificatamente del c.d. straining. Anche in questo caso, dunque, la fattispecie è mutuata dalla scienza medica ed è stato per la prima volta definito anche in sede giurisprudenziale con la sentenza del Tribunale di Bergamo del 21 aprile 2005 (est. Bertoncini) che, dopo aver disposto una consulenza tecnica nominando il Dott. Ege quale C.T.U., ha richiamato i principi distintivi sopra riportati ed ha concluso che per la sussistenza del c.d. straining ...

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