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lunedì 17/04/2023 • 06:00

Lavoro Esclusa l’applicabilità dell’esimente

Whistleblowing: limiti della tutela del lavoratore che denuncia

La Cassazione con Ordinanza 9148 del 31 marzo 2023 prende posizione sui limiti della tutela del lavoratore che denuncia i comportamenti illeciti dei colleghi, escludendo in suo favore l'applicabilità dell'esimente di cui all'art. 54-bis del D.lgs. 165/2001.

di Andrea Sticca - Avvocato in Roma e Venezia

+ -
  • Tempo di lettura 6 min.
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Un processo durato 9 anni con tre gradi di giudizio ha definitivamente escluso l'operatività dell'art. 54-bis del D.lgs. 165/2001 in favore del lavoratore che abbia commesso i medesimi illeciti denunciati all'azienda.

Il caso

Un'infermiera dipendente di azienda ospedaliera veniva sospesa dal servizio e dallo stipendio per quattro mesi in seguito ad un procedimento disciplinare nato dalle dichiarazioni della stessa lavoratrice con le quali aveva informato il proprio datore di lavoro di una serie di avvenimenti di rilievo amministrativo, disciplinare e penale riguardanti medici ed infermieri dipendenti della struttura.

L'azienda all'esito di una breve istruttoria aveva deciso di irrogare la sanzione disciplinare oggetto di causa in conseguenza dello svolgimento da parte della denunciante di prestazioni professionali e di docenza in favore di società private senza autorizzazione dell'amministrazione dì appartenenza, procedendo poi con separati atti alle contestazioni nei confronti degli altri soggetti individuati in seguito alle informazioni ricevute.

La lavoratrice ha contestato la legittimità della sanzione in quanto erano state proprio le dichiarazioni da lei rese a dar luogo ai procedimenti a carico degli altri dipendenti dell'azienda ospedaliera, richiedendo l'applicazione dell'articolo 54 bis comma I del decreto legislativo numero 165/2001.

Il whistleblowing

Con tale termine di derivazione anglo sassone whistleblowing (o whispering) si intende la denuncia o la rivelazione, all'interno di una società, di fatti o comportamenti illegali realizzati da altri dipendenti dell'azienda.

L'introduzione nell'ordinamento nazionale di un'adeguata tutela del dipendente (pubblico e privato) che segnala condotte illecite dall'interno dell'ambiente di lavoro è prevista in convenzioni internazionali (ONU, OCSE, Consiglio d'Europa) ratificate dall'Italia, oltre che in raccomandazioni dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, talvolta in modo vincolante, altre volte sotto forma di invito ad adempiere.

Recentemente è stato approvato il decreto legislativo 10 marzo 2023 n. 24 che recepisce la direttiva europea in materia ed il cui testo, entrato in vigore il 30 marzo 2023, si applicherà a tutti gli enti pubblici e le società pubbliche o private con un modello organizzativo 231.

Quadro normativo applicabile e garanzie per il lavoratore denunciante

La legge 6 novembre 2012, n. 190 con la disposizione dell'art. 1, co. 51, ha introdotto l'art. 54-bis nel decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 il quale definisce il perimetro entro il quale il dipendente che denuncia le condotte illecite non può essere sanzionato.

La disposizione richiamata - dettata nell'interesse oggettivo dell'ordinamento, in quanto funzionale all'emersione dei fenomeni di corruzione e di mala gestio - delinea una protezione generale e astratta che necessita di un completamento con concrete misure di tutela del dipendente, il quale deve poter fare affidamento su una protezione effettiva ed efficace che eviti conseguenze alla propria partecipazione alla tutela dell'interesse e dell'integrità della pubblica amministrazione.

La tutela deve essere fornita da parte di tutti i soggetti che ricevono le segnalazioni: in primo luogo da parte dell'amministrazione di appartenenza del segnalante, in secondo luogo da parte delle altre autorità che, attraverso la segnalazione, possono attivare i propri poteri di accertamento e sanzione, ovvero l'Autorità nazionale anticorruzione (A.N.AC.), l'Autorità giudiziaria e la Corte dei conti.

Con proprio specifico atto l'Autorità ha pertanto delineato gli ambiti entro i quali l'istituto in oggetto dovrebbe essere contenuto e dato una prima interpretazione della norma in questione, affermando che il dipendente che segnala condotte illecite è tenuto esente da conseguenze pregiudizievoli in ambito disciplinare e tutelato in caso di adozione di misure discriminatorie, dirette o indirette, aventi effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia.

Così facendo intendendo proteggere il dipendente che, per via della propria segnalazione, rischi di vedere compromesse le proprie condizioni di lavoro.

Limiti della tutela

Come previsto dall'art. 54-bis, co. 1, del d.lgs. 165/2001 la predetta tutela, tuttavia, trova un limite coerentemente integrato con le indicazioni che provengono dagli organismi internazionali, trovando applicazione quando il comportamento del pubblico dipendente che segnala non integri un'ipotesi di reato di calunnia o diffamazione.

Principio di diritto della Cassazione e riduzione di operatività della norma

La Cassazione nell'ambito del quadro sopra delineato prende posizione dettando un principio di diritto che stabilisce come la segnalazione non possa costituire un'esimente per gli illeciti che il denunciante abbia commesso da solo od in concorso con altri, potendo essere considerata al massimo come una circostanza valida a graduare la sanzione disciplinare, nulla di più.

Mentre in precedenza sembrava esserci spazio per il lavoratore “pentito” di trovare, all'esito delle comunicazioni volte alla denuncia dei propri e degli altrui illeciti, una sorta di premialità alla luce del superiore interesse all'integrità dell'amministrazione (così almeno la piana lettura dall'art. 54-bis, co. 1, del d.lgs. 165/2001 induceva a credere) ora la Cassazione ha limitato la portata della norma, escludendo dalla tutela i comportamenti propri del denunciante, riducendo la segnalazione a semplice attenuante.

Effetti sul sistema delle aziende private

La sentenza in commento avrà senza dubbio riflessi anche nei confronti delle imprese private.

Occorrerà infatti trovare il modo di armonizzare quanto indicato dalla Suprema Corte con le previsioni di cui all'art. 16 deldecreto legislativo 10 marzo 2023 n. 24 che in materia di misure di protezione del segnalante esclude l'operatività delle tutele di cui alla legge stessa quando è accertata la responsabilità penale della persona segnalante per i reati di diffamazione o di calunnia o comunque per i medesimi reati commessi con la denuncia all'autorità giudiziaria o contabile ovvero la sua responsabilità civile, per lo stesso titolo, nei casi di dolo o colpa grave.

Come evidente, anche nell'aggiornato sistema delineato dalla nuova norma, rimangono forti perplessità circa la valutazione dei comportamenti del denunciante quando non rivestano il carattere di illecito penale ovvero civile con stretto riguardo alla diffamazione o alla calunnia, anche e soprattutto di fronte all'irrilevanza dei motivi che hanno spinto a muovere la segnalazione.

Un tema aperto all'analisi del datore di lavoro, che si dovrà interrogare sugli effetti della segnalazione sull'operatività dell'azienda ed eventualmente anche sulla sua reputazione per poi affrontare il tema della proporzionalità della sanzione disciplinare da infliggere in base al CCNL di riferimento, tenendo appunto conto delle circostanze che ne hanno fatto maturare la necessità il che, senza dubbio, non mancherà di offrire in futuro ulteriori spunti di carattere interpretativo e giurisprudenziale.

Fonte: Cassazione Civile, Ordinanza 31 marzo 2023, n. 9148

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