lunedì 17/04/2023 • 06:00
Il contraddittorio endoprocedimentale che si instaura con l’Agenzia delle entrate a seguito dell’invio di questionari non può considerarsi assolto mediante un unico incontro, avvenuto telematicamente, in quanto non consente un effettivo esercizio del diritto di difesa.
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Con ricorso avanti alla competente Corte di Giustizia tributaria, un contribuente impugna 3 avvisi di accertamento, contestandone l'infondatezza per il mancato rispetto del principio del contraddittorio preventivo. Durante il giudizio la società ha rappresentato di avere avuto un solo incontro con l'Agenzia delle entrate, per via telematica, al quale ha fatto seguito l'emissione degli avvisi di accertamento. Si analizzano le condizioni per l'instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale.
Il principio del contraddittorio endoprocedimentale nel procedimento tributario
Nell'ordinamento italiano non esiste una disposizione esplicita sul contraddittorio endoprocedimentale che positivizzi l'obbligo di instaurarlo. Esistono tuttavia delle norme ad hoc, che consentono di attivarlo in determinati ambiti, cioè nelle ipotesi di verifiche fiscali caratterizzate da accessi presso la sede del contribuente l'art. 12 c. 7 L. 212/2000 stabilisce la consegna del PVC con la facoltà nei 60 giorni seguenti per il contribuente di formulare memorie difensive.
Diversamente nelle c.d. indagini a tavolino (ad es. gli accertamenti bancari), è legittima la notifica dell'avviso di accertamento o di altro atto impositivo senza la necessità che, in un momento antecedente, il contribuente sia stato convocato presso gli uffici degli organi accertatori ovvero sia stato formato il relativo verbale. Si segnalano ulteriori ipotesi in cui il contraddittorio deve essere attivato: il c.d. redditometro (art. 38 DPR 600/73), l'ipotesi di contestazione dell'abuso del diritto (art. 10-bis L. 212/2000) ed i previgenti studi di settore (art. 10 L. 146/98).
Anche nel caso di controllo automatizzato delle dichiarazioni (art. 36-bis DPR 600/73) e di controllo formale (art. 36-ter DPR 600/73), se ne trova traccia, atteso che l'esito del controllo deve essere, a pena di nullità, comunicato al contribuente, il quale, se lo ritiene opportuno, può fornire chiarimenti. Attualmente, secondo la giurisprudenza di legittimità, il contradditorio sarebbe necessario, a pena di nullità, solo quando sia la legge stessa a prevederlo (si veda Cass. n. 701/2019).
Nell'ambito dei tributi armonizzati, il diritto al preventivo confronto discende dal diritto comunitario (Cass. SS.UU. n. 24823/2015) e può essere attuato in qualsiasi modo (Cass. n. 20436/2021). Si tratta di un riconoscimento per così dire “parziale”: l'omissione determinerebbe la nullità dell'atto solo se sia dimostrato che, se il contraddittorio fosse stato instaurato, l'esito del procedimento avrebbe potuto essere diverso (cd. prova di resistenza).
Non da ultimo, l'art. 5-ter D.Lgs. 218/97 ha stabilito che, per gli atti emessi a partire dal 1° luglio 2020, l'Ufficio deve notificare al contribuente, prima dell'emissione dell'avviso di accertamento, un invito ai sensi dell'art. 5 al fine di determinare il perfezionamento dell'accordo di adesione. Tale rimedio varrebbe per la definizione degli avvisi di accertamento in materia di imposte sui redditi, addizionali, contributi previdenziali, ritenute, imposte sostitutive, Irap, Iva, Ivie/Ivafe (Circ. AE n. 17/E del 2020).
La necessità dell'introduzione di una norma sul contraddittorio endoprocedimentale
La Corte costituzionale ha esaminato la questione di legittimità dell'art. 12 c. 7 L. 212/2000 sollevata dalla CTR Toscana, con riferimento all'art. 3 Costituzione, nella parte in cui non estende il diritto al contraddittorio endoprocedimentale a tutte le modalità di accertamento in rettifica poste in essere dall'Agenzia delle Entrate, anche se effettuate tramite verifiche “a tavolino”.
Nella sentenza n. 47, depositata il 21 marzo 2023, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 12 c. 7 L. 212/2000, nella parte in cui non è prevista l'estensione del contraddittorio preventivo a qualsiasi fattispecie, è stata dichiarata infondata.
Secondo la Corte Costituzionale infatti spetta al legislatore, nel rispetto dei principi costituzionali di cui sopra, il compito di adeguare il diritto vigente, scegliendo tra diverse possibili opzioni che tengano conto e bilancino i differenti interessi in gioco, in particolare assegnando rilievo al contraddittorio con i contribuenti.
Tenuto conto della pluralità di soluzioni possibili in ordine all'individuazione dei meccanismi con cui assicurare la formazione partecipata dell'atto impositivo, la Corte Costituzionale è giunta a ritenere necessario un tempestivo intervento normativo che colmi la lacuna evidenziata.
In effetti la legge delega di riforma del sistema fiscale, approvata il 17 marzo 2023, in materia di accertamento parrebbe prevedere proprio un'applicazione generalizzata del contraddittorio preventivo, con l'esclusione dei soli controlli automatizzati (cfr. art. 17 della Legge delega).
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Diego Avolio
- Dottore commercialista (Studio di Consulenza Giuridico-Tributaria - S.C.G.T), LL.M.Rimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione
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