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giovedì 13/04/2023 • 06:00

Speciali Dalla Corte di Giustizia UE

Veicoli elettrici, nota di variazione e rimborsi: vertenze IVA del 2022

Si analizzano le principali domande pregiudiziali sollevate nel 2022 avanti la Corte di giustizia UE in materia di ricarica veicoli elettrici, nota di variazione in caso di mancato pagamento, rimborso dell’IVA versata in eccesso e nuove prove nei rimborsi.

di Renato Portale - Dottore commercialista in Lecco

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  • Tempo di lettura 9 min.
  • Ascolta la news 5:03

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La prestazione di ricarica dei veicoli elettrici deve essere considerata una cessione di beni o una prestazione di servizi?

La previsione di un termine di decadenza per la presentazione di una domanda di compensazione o rimborso dell'imposta in caso di non pagamento totale o parziale del corrispettivo è conforme alla Direttiva IVA?

È possibile richiedere all'amministrazione finanziaria il rimborso dell'IVA versata in eccesso ai fornitori, benché sia sempre possibile che detti fornitori, sulla base di una rettifica delle fatture, agiscano successivamente nei confronti di quest'ultima, e che quindi – eventualmente – l'amministrazione finanziaria sia tenuta a rimborsare due volte lo stesso importo dell'IVA?

È consentito che, nell'ambito dei rimborsi a soggetti passivi non stabiliti nello Stato membro di rimborso, ma in un altro Stato membro, non consentire, nella fase del ricorso, di far valere fatti nuovi e di invocare o produrre nuovi mezzi di prova?

Queste alcune delle importanti domande pregiudiziali sollevate nel 2022 avanti la Corte di giustizia UE.

Ricarica veicoli elettrici

Una Corte tributaria polacca ha chiesto alla Corte di giustizia UE di pronunciarsi se una prestazione complessa fornita nei punti di ricarica a favore degli utenti dei veicoli elettrici e che comprende:

  • la messa a disposizione dei dispositivi di ricarica (compresa l'integrazione del caricatore con il sistema operativo del veicolo);
  • la fornitura del flusso di energia elettrica con parametri adeguatamente impostati verso le batterie del veicolo elettrico;
  • il supporto tecnico necessario per gli utenti dei veicoli;
  • la messa a disposizione degli utenti di una piattaforma dedicata, di un sito web o di un'applicazione per la prenotazione di un determinato connettore, per la visualizzazione della cronologia delle operazioni e dei pagamenti effettuati, nonché la possibilità di utilizzare il cosiddetto portafoglio elettronico che permette di effettuare i pagamenti per le singole sessioni di ricarica costituisca una cessione di beni o una prestazione di servizi.

La questione può avere impatti anche sulla nostra legislazione e prassi considerato che di recente l'Agenzia delle entrate con la Risp. 13 gennaio 2023 n. 27 ha chiarito che la cessione di un pacchetto commerciale di servizi reso a fronte di un unico corrispettivo che consente di poter ricaricare auto elettriche, costituisce un'operazione unica ai fini IVA, composta da una cessione di beni (i.e. fornitura di energia) e da altre prestazioni accessorie.

La causa è stata rubricata con il numero C-282/22 e interessa gli artt. 2 e 3 DPR 633/72.

Nota di variazione in caso di mancato pagamento

Una Corte tributaria bulgara ha chiesto alla Corte di giustizia UE di pronunciarsi sull'interpretazione dell'articolo 90 della Direttiva IVA.  In particolare, sono state sollevate le seguenti questioni pregiudiziali:

  • se, in presenza di una deroga ai sensi dell'art. 90 paragrafo 2 Direttiva IVA, il principio di neutralità e l'articolo 90 di tale Direttiva ostino a una norma nazionale (…) che prevede un termine di decadenza per la presentazione di una domanda di compensazione o rimborso dell'imposta addebitata in caso di non pagamento totale o parziale da parte del destinatario dei beni o dei servizi;
  • se (…) costituisca una condizione obbligatoria per il riconoscimento del diritto alla riduzione della base imponibile il fatto che il soggetto passivo rettifichi, prima di presentare la domanda di rimborso, la fattura da esso emessa;
  • in base alle risposte alle prime due questioni: come si debba interpretare l'art. 90 paragrafo Direttiva IVA al fine di determinare il momento in cui si verifica il motivo per la riduzione della base imponibile, in caso di non pagamento totale o parziale del prezzo e mancanza di una normativa nazionale a motivo della deroga all'articolo 90, paragrafo 1;
  • come trovino applicazione le considerazioni di cui alle sentenze del 27 novembre 2017, Enzo Di Maura (C-246/16, ECLI:EU:C:2017:887, punti da 21 a 27), e del 3 luglio 2019 (UniCredit Leasing (C-242/18, ECLI:EU:C:2019:558, punti 62 e 65), visto che il diritto bulgaro non prevede condizioni specifiche per l'applicazione della deroga ai sensi dell'articolo 90 paragrafo 2 Direttiva IVA;
  • se il principio di neutralità e l'articolo 90 della Direttiva IVA ostino a una prassi in materia tributaria e previdenziale che, in caso di mancato pagamento, non consente di rettificare l'imposta figurante in fattura prima che il destinatario del bene o del servizio, se si tratta di un soggetto passivo, venga messo a conoscenza dell'annullamento dell'imposta, affinché rettifichi la detrazione da esso originariamente operata;
  • se l'interpretazione dell'articolo 90 paragrafo 1 Direttiva IVA consenta di considerare che l'eventuale diritto alla riduzione della base imponibile in caso di non pagamento totale o parziale fondi un diritto al rimborso dell'IVA versata dal fornitore oltre ai relativi interessi di mora, e a partire da quale momento.

Tale pronuncia può avere conseguenze anche in Italia. Nella nostra legislazione, infatti, l'art. 26 c. 3 DPR 633/72 prevede un termine di decadenza (1 anno) per l'emissione della nota di variazione in caso di mancato pagamento del corrispettivo. La pronuncia interessa anche il rapporto intercorrente tra l'art. 26 e l'art. 30-ter DPR 633/72.

La causa è stata rubricata con il numero C-314/22 e interessa gli artt. 26 e 30-ter DPR 633/72.

Rimborso IVA versata in eccesso

Una Corte tributaria tedesca ha chiesto alla Corte di risolvere una questione concernente l'IVA versata in eccesso nel caso in cui i fornitori si rifiutino di rettificare le fatture e di restituire al ricorrente l'IVA da lui pagata in eccesso.

In particolare, è stato chiesto alla Corte se le disposizioni della Direttiva IVA impongano che al ricorrente vada riconosciuta una pretesa diretta nei confronti dell'amministrazione finanziaria al rimborso dell'IVA versata in eccesso ai suoi fornitori, oltre interessi, benché sia sempre possibile che detti fornitori, sulla base di una rettifica delle fatture, agiscano successivamente nei confronti di quest'ultima, e che quindi – eventualmente – l'amministrazione finanziaria non possa rivalersi verso il ricorrente, con il conseguente rischio che essa sia tenuta a rimborsare due volte lo stesso importo dell'IVA.

Anche questa questione interessa, in Italia, il rapporto intercorrente tra la nota di variazione in diminuzione di cui all'articolo 26 e il rimborso dell'IVA non dovuta di cui all'articolo 30-ter che ha sostituito la richiesta di rimborso “anomalo” ex art. 21 c. 2 D.Lgs. 546/92.

La causa è stata rubricata con il numero C-453/22 e interessa gli artt. 26 e 30-ter DPR 633/72.

Nuove prove nei rimborsi

Una Corte tributaria ungherese ha chiesto alla Corte UE se in relazione al rimborso dell'IVA, previsto dalla Direttiva 2006/112/CE, ai soggetti passivi non stabiliti nello Stato membro di rimborso, ma in un altro Stato membro, debba essere interpretato nel senso che è conforme ai requisiti in materia di ricorsi di detta Direttiva una normativa nazionale (…) che non consente, nella fase del ricorso, di far valere fatti nuovi e di invocare o produrre nuovi mezzi di prova che il richiedente conosceva prima dell'adozione della decisione di primo grado ma che non ha presentato, nonostante fosse stato invitato a farlo dall'autorità tributaria, o non ha fatto valere.

Tale domanda va letta in correlazione con la recentissima sentenza Nec plus ultra cosmetics, relativa alla causa C-664/21 del 2 marzo 2023 secondo cui è possibile che una normativa nazionale possa vietare l'acquisizione di nuovi elementi o di prove supplementari che giustifichino la non imponibilità di una cessione intracomunitaria durante il periodo intercorrente tra la chiusura della prima fase di una verifica e la notifica di un definitivo “Avviso di accertamento”, purché siano rispettati i principi di equivalenza, effettività e neutralità dell'IVA.

Proprio in tema di rimborsi, la precedente sentenza GE Auto Service Leasing relativa alla causa C-294/20 del 9 settembre 2021 aveva chiarito che è possibile negare il rimborso IVA al soggetto passivo non residente che non ha, nei termini prescritti, presentato all'autorità competente, anche su richiesta di quest'ultima, tutti i documenti e le informazioni necessarie per comprovare il suo diritto al rimborso. Rientra infatti nella discrezionalità degli Stati membri la possibilità di introdurre misure nazionali che rifiutino di prendere in considerazione le prove fornite dopo la decisione di rigetto della domanda di rimborso, purché non siano meno favorevoli di quelle che disciplinano analoghe situazioni di natura interna (principio di equivalenza) e che non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile esercitare i diritti conferiti dall'ordinamento giuridico dell'Unione (principio di effettività). I Giudici hanno tuttavia precisato che il solo fatto che il soggetto passivo fornisca i documenti e le informazioni comprovanti la sussistenza del suo diritto al rimborso, dopo che la decisione di diniego di tale rimborso è stata adottata dall'autorità amministrativa competente, non può essere considerata, in quanto tale, una pratica abusiva in quanto non finalizzata ad ottenere un'agevolazione.

Ciò può avere impatti anche sulla legislazione nazionale dal momento che l'art. 52 c. 5 DPR 633/72 stabilisce che il contribuente non può utilizzare in sede contenziosa libri, scritture e documenti dei quali abbia rifiutato l'esibizione in occasione dei controlli.

La causa è stata rubricata con il numero C-746/22 e interessa gli artt. 38-bis2 e 52 DPR 633/72.

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