X

Homepage

  • Fisco
  • Lavoro
  • Contabilità
  • Impresa
  • Finanziamenti
  • Mondo Digitale
  • Speciali
  • Info dagli ordini
  • Podcast
  • Video
  • Rassegna stampa
  • Archivio ultime edizioni
  • Il mio archivio

Scopri i nostri servizi esclusivi

Registrati alla Newsletter

Iscriviti al canale WhatsApp

Segui il canale Spotify

  • Fisco
  • Lavoro
  • Contabilità
  • Impresa
  • Finanziamenti
  • Mondo Digitale
  • Speciali
Altro
  • Fisco
  • Lavoro
  • Contabilità
  • Impresa
  • Finanziamenti
  • Mondo Digitale
  • Speciali
  • ARGOMENTI
  • Modello 231
Altro

mercoledì 12/04/2023 • 06:00

Impresa Dalle sezioni unite penali

Responsabilità 231: l’accesso alla messa in prova escluso per gli enti

Con la sentenza n. 14840/2023, le SS.UU penali della Corte di Cassazione sanciscono che l'istituto dell'ammissione alla prova, di cui all'art. 168-bis c.p., non trova applicazione con riferimento alla disciplina della responsabilità degli enti di cui al D.Lgs. 231/2001.

di Giuseppe Alfieri - Avvocato

+ -
  • Tempo di lettura 6 min.
  • Ascolta la news 5:03

  • caricamento..

Al netto dei profili di natura squisitamente processuale che interessano - sebbene in via preliminare ed assorbente - il caso su cui è sceso il giudicato delle SS.UU. penali, la pronuncia in commento si colloca quale pietra miliare a definizione del contrasto interpretativo sull'applicabilità dell'istituto previsto dall'art. 168-bis c.p. a soggetti diversi dalle persone fisiche e, nella fattispecie, agli enti sottoposti al regime del D.Lgs. 231/2001.

Nel dettaglio, la definizione del riferito contrasto ha un impatto ulteriore, sotto il profilo processuale, in relazione agli effetti, ex art. 464-septies c.p.p., legati all'esito della messa alla prova, norma quest'ultima che, una volta decorso il periodo di sospensione del procedimento penale, impone al giudice di dichiarare con sentenza estinto il reato se, tenuto conto del comportamento dell'imputato e del rispetto delle prescrizioni stabilite, ritiene che la prova abbia avuto esito positivo.

La seconda metà del provvedimento è appunto focalizzata sulla interpretazione nomofilattica dell'art. 168-bis c.p. rispetto alla possibilità per un ente di essere ammesso alla prova nell'ambito di un processo instaurato a proprio carico per l'accertamento della responsabilità amministrativa dipendente da reato ex D.Lgs. 231/2001.

Ebbene la sentenza in commento riporta, innanzitutto, gli elementi su cui si basano gli opposti orientamenti giurisprudenziali, il cui contrasto è appunto oggetto di definizione.

Evidenti esigenze redazionali costringono chi scrive a riportare un quadro sintetico dei punti a favore e contro l'accesso per un ente al beneficio - tra l'altro, deflattivo del contenzioso - previsto dal Codice penale e del conseguente ulteriore effetto, ricorrendone i presupposti, estintivo del reato.

A sostegno dell'inapplicabilità dell'istituto della “m.a.p.” agli enti, le ragioni spaziano dalla mera assenza di un richiamo a destinatari diversi dalle persone fisiche secondo il rigoroso brocardo “ubi lex voluit”, evidentemente quest'ultima argomentazione più debole rispetto agli orientamenti ivi riportati secondo i quali l'omesso richiamo non è una “svista” del legislatore ma una scelta assolutamente intenzionale.

Tale assunto sarebbe peraltro coerente con la mancanza di una “normativa di raccordo che renda applicabile la disciplina di cui all'art. 168-bis cod. pen. alla categoria degli enti”, conseguendo che “l'istituto in esame, in ossequio al principio della riserva di legge, non risulta applicabile ai casi non espressamente previsti e, quindi, alle società in relazione alla responsabilità amministrativa ex d.lgs. n. 231 del 2001”.

Del resto, appare ontologicamente più difficile estendere la ratio rieducativa dell'istituto della m.a.p. ad un soggetto giuridico diverso da una persona fisica, ferma restando - a tutto concedere - la difficoltà oggettiva di prevedere misure specifiche, in esecuzione dell'ordinanza che sospende il procedimento penale ed ammette alla m.a.p. l'imputato “ente”.

Sul fronte del pro, la sentenza richiama, in parte motiva, arresti giurisprudenziali basati, essenzialmente, sull'estensione della ratio sottostante l'istituto ex art. 168-bis che legittimerebbe la piena compatibilità tra m.a.p. e D.Lgs. n. 231/2007.

Tale ultimo approccio - è bene precisarlo - vincolerebbe l'ammissione alla m.a.p. ad una preventiva ed imprescindibile presenza di un “MOG”, valutato in sede processuale insufficiente e/o inidoneo, da impiegare tuttavia, ai fini del combinato disposto degli artt. 168-bis c.p. e 464-septies c.p.c., quale parametro di riferimento per l'esito positivo del periodo di messa in prova.

Sempre in via estensiva, altri orientamenti di merito si fondano sulla possibilità di ricomprendere nell'alveo dei soggetti rieducabili, con tutte le peculiarità del caso, anche gli enti.

I chiarimenti delle SS.UU.

Le SS.UU., nell'aderire comunque alla tesi negativa, chiariscono che la responsabilità amministrativa degli enti è un “tertium genus” (rispetto all'amministrativa in senso stretto e a quella penale cui altra dottrina e giurisprudenza si rifanno), nella misura in cui siamo dinanzi ad un tipo di responsabilità amministrativa sebbene la stessa, poiché conseguente a reato e legata alle garanzie del processo penale, “diverge in non pochi punti dal paradigma di illecito amministrativo ormai classicamente desunto dalla legge n. 689 del 1981, con conseguente nascita appunto di un tertium genus, coniugante i tratti essenziali del sistema penale e di quello amministrativo”.

Quanto al merito della vicenda, rispetto all'inquadramento nel riferito “tertium genus” della responsabilità ex D.Lgs. 231/2001, la m.a.p. è volta alla “risocializzazione del reo, assicurando in relazione alla finalità special-preventiva un percorso che tiene conto della natura del reato, della personalità del soggetto e delle prescrizioni imposte, così da consentire la formulazione di un favorevole giudizio prognostico”. Si tratta, in buona sostanza, di un trattamento sanzionatorio penale cui sottoporre l'imputato per valutarne la futura propensione ad astenersi dal commetterne altri.

Tale natura della m.a.p. finisce quindi per essere incompatibile con gli elementi caratterizzanti la responsabilità sancita dal D.Lgs. n. 231/2001, “a ciò ostando, innanzitutto, il principio della riserva di legge di cui all'art. 25, secondo comma, della Costituzione”.

La valutazione svolta dalla Corte Suprema appare lineare: il D.Lgs. n. 231/2001 ha un contenuto prescrittivo preciso e dedicato ad una determinata pletora di destinatari, cui, proprio in forza della citata riserva, non può estendersi la m.a.p., costituendo quest'ultima un trattamento sanzionatorio fissato, tuttavia, da provvedimenti giurisdizionali.

A ciò si aggiunga la considerazione legata al divieto di analogia per le norme penali in applicazione del principio di tassatività, quale ulteriore corollario del principio di legalità, che si traduce per il giudice nell'impossibilità di applicare fattispecie e sanzioni, oltre i casi espressamente e specificamente contemplati dalla legge.

A sostegno dell'inapplicabilità della m.a.p. agli enti, la sentenza richiama il contenuto delle prescrizioni a carico dell'imputato e che disciplinano la messa in prova che appaiono ontologicamente ed esclusivamente riferibili ad una persona fisica.

Né varrebbe, in conclusione, il tentativo di ricorrere all'immedesimazione organica tra soggetto apicale ed ente di appartenenza pervenendosi, nel caso, ad un'aberrazione per cui le colpe dell'ente diverrebbero colpa del soggetto persona fisica chiamato a rieducarsi per conto di un diverso soggetto, “operazione questa in evidente contrasto anche con le finalità proprie del d.lgs. n. 231 del 2001”.

Fonte: Cass. SS.UU. pen. 6 aprile 2023 n. 14840

Contenuto riservato agli abbonati.
Vuoi consultarlo integralmente? Abbonati o contatta il tuo agente di fiducia.
Se invece sei già abbonato, effettua il login.
Quotidianopiù è anche su WhatsApp! Clicca qui per iscriverti gratis e seguire tutta l'informazione real time, i video e i podcast sul tuo smartphone.

© Copyright - Tutti i diritti riservati - Giuffrè Francis Lefebvre S.p.A.

Approfondisci con


La responsabilità ex D.Lgs. 231/2001 per reati tributari

La responsabilità amministrativa della società (ex D.Lgs. 231/2001) può derivare anche dalla commissione di un reato tributario.

di

Domenico Frustagli

- Maggiore della Guardia di Finanza

Registrati gratis

Per consultare integralmente tutte le news, i podcast e i video in materia di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti e mondo digitale, la rassegna stampa del giorno e ricevere quotidianamente la tua newsletter

Iscriviti alla Newsletter

Rimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione

Funzionalità riservata agli abbonati

Per fruire di tutte le funzionalità e consultare integralmente tutti i contenuti abbonati o contatta il tuo agente di fiducia.

Trovi interessante questo video?

Per continuare a vederlo e consultare altri contenuti esclusivi abbonati a QuotidianoPiù,
la soluzione digitale dove trovare ogni giorno notizie, video e podcast su fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti e mondo digitale.
Abbonati o contatta il tuo agente di fiducia.
Se invece sei già abbonato, effettua il login.

Ricerca Vocale

Clicca sul microfono per cominciare a registrare il messaggio.

“ ”