giovedì 06/04/2023 • 06:00
Il 31 marzo 2023 è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il testo del nuovo Codice dei Contratti pubblici. La norma approvata segna un rallentamento significativo lungo la strada del sostegno all'affermazione della parità di genere, asse strategico del PNRR.
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Attraverso il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza viene definito il programma di utilizzo delle risorse finanziarie stanziate a livello europeo allo scopo di affrontare alcune criticità presenti nel Paese che ostacolano, o almeno in parte rallentano lo sviluppo e la crescita economica. Il Piano si sviluppa attorno a tre assi strategici, tra cui l'inclusione sociale che ha, tra le sue priorità, la parità di genere. L'introduzione e la definizione di un sistema nazionale di certificazione della parità di genere, con lo scopo di accompagnare e incentivare le imprese ad adottare policies adeguate a ridurre il gap di genere in alcune dimensioni che incidono sulla qualità del lavoro, risponde a questa esigenza. L'idea è quella di creare un sistema di monitoraggio sullo stato e le condizioni di lavoro allo scopo di assicurare una maggior partecipazione delle donne al mercato del lavoro e ridurre i gap qualitativi che sfavoriscono le donne al lavoro. In questa prospettiva, all'adozione della normativa sulla certificazione di genere, con la Legge 162/2021, era seguita una modifica del codice degli appalti (D.Lgs 50/2016) volta a incentivare l'adozione di tale certificazione con la previsione di premialità per le aziende in possesso di Certificazione di Parità di Genere ai sensi art. 46-bis del Codice pari opportunità.
Il nuovo Codice Contratti pubblici e la parità di genere dimenticata
Il testo del nuovo Codice dei Contratti rinuncia a una presa di posizione significativa sul tema della parità di genere e segna il passo in odine agli obiettivi tracciati dal PNRR.
La parità di genere è menzionata in tema di contratti riservati (art. 61, comma 2). Tuttavia, la previsione di una premialità nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti, associata all'adozione di meccanismi e strumenti idonei a realizzare le pari opportunità di genere resta una facoltà accordata alle stazioni appaltanti e agli enti concedenti. Tale previsione, pur coerente con la direttiva 24/2014/UE che fin dal considerando n. 2, chiarisce come gli appalti pubblici siano il mezzo per una “crescita intelligente, sostenibile e inclusiva” che debba tendere anche al “conseguimento di obiettivi condivisi a valenza sociale” come specificato nella relazione di accompagnamento del provvedimento in esame, e sottolinea come “lavoro e occupazione contribuiscono all'integrazione nella società e sono elementi chiave per garantire pari opportunità a tutti” (Considerando 36 della medesima Direttiva) rinuncia ad essere realmente incisiva a maggior ragione se si fa riferimento ai meccanismi e agli strumenti premiali il cui contenuto è rimesso all'allegato II.3, nel quale sono state trasfuse le previsioni di cui all'art. 47 DL 77/2021 (c.d. “decreto semplificazioni”), e la cui adozione è espressamente subordinata, tra l'altro, all'oggetto del contratto, alla tipologia e alla natura del singolo progetto in relazione ai profili occupazionali richiesti.
Ancora un cenno al tema della parità di genere torna nel testo dell'art. 102 che riporta gli “Impegni dell'operatore economico” e richiama al comma 1 lettera c) la richiesta di garantire le pari opportunità generazionali, di genere e di inclusione lavorativa per le persone con disabilità o svantaggiate. Nessun riferimento in questa sede viene fatto alla certificazione per attestare l'adozione di politiche per la parità di genere e alla prassi di riferimento.
La Certificazione del sistema di gestione per la parità di genere all'interno delle organizzazioni (UNI/PdR 125) torna a far capolino tra le righe delle previsioni di cui all'art. 106 e 108 ove il Legislatore ha disciplinato le Garanzie per la partecipazione alla procedura e i Criteri di aggiudicazione degli appalti di lavori, servizi e forniture.
La prima delle due disposizioni nel prevedere, al comma 8, ipotesi di riduzioni sull'importo delle garanzie da prestare per accedere agli appalti, stabilisce una riduzione fino ad un importo massimo del 20 per cento quando l'operatore economico possegga una o più delle certificazioni o marchi individuati tra quelli previsti nell'allegato II.13 che riporta, tra le altre certificazioni rilevanti, la certificazione della parità di genere rilasciata in conformità con la prassi di riferimento UNI/PdR 125. La riduzione della garanzia nella previsione del nuovo codice dei contratti pubblici è rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante quanto all'importo entro un massimo fissato per legge e sostituisce la previgente disposizione ai sensi della quale il beneficio della riduzione della garanzia era previsto in misura pari del 30% (art. 93, c. 7 D.Lgs. 50/2016 ove la certificazione è espressamente citata). Appare evidente la minor incidenza del beneficio che penalizza quante tra le aziende avevano scelto di investire sulla certificazione della parità di genere anche alla luce di tale prospettiva. Ancora, appare delegata alla stazione appaltante, oltre all'importo della riduzione, anche il compito di individuare tra i marchi e le certificazioni che danno diritto alla riduzione (che vengono identificati nel già menzionato allegato II.13) quelli più pertinenti rispetto all'affidamento concreto, per i quali l'operatore economico concorrente possa fruire del beneficio, rendendo così del tutto discrezionale la rilevanza della certificazione della parità di genere. Tale facoltà, sottolinea la relazione illustrativa, dovrà evidentemente essere esercitata in modo da evitare eccessive penalizzazioni delle imprese o al contrario l'estensione indiscriminata del beneficio delle riduzioni: aggiunta questa che non assicura alcuna garanzia quanto alla valorizzazione delle politiche volte a garantire le pari opportunità di genere.
La seconda delle disposizioni sopra richiamate che prevede i criteri di aggiudicazione degli appalti di lavori, servizi e forniture (art. 108), al comma 7, recita “Al fine di promuovere la parità di genere, le stazioni appaltanti prevedono nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti, il maggior punteggio da attribuire alle imprese che attestano, anche a mezzo di autocertificazione, il possesso dei requisiti di cui all'articolo 46-bis del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198.” In questa disposizione è possibile leggere l'unico riferimento espresso contenuto nel corpus del codice alla Certificazione della parità di genere. Nell'articolo 102, infatti, si fa riferimento in generale al concetto di pari opportunità di genere; mentre negli articoli 61 e 106 il rimando alla certificazione è contenuto, rispettivamente, negli allegati II.3 e II.13 destinati ad essere abrogati e sostituiti con un regolamento da adottarsi: il primo con decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri, entro 60 giorni dall'entrata in vigore del Codice Appalti (1° giugno), su proposta delle Autorità delegate per le pari opportunità e per le disabilità, di concerto con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali; il secondo con decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, di concerto con il Ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica e il Ministero degli Affari europei. Anche in questo caso, comunque, il riferimento resta generico e la discrezionalità della stazione appaltante assoluta, senza dimenticare che l'introduzione del rimando alla Certificazione di genere, assente nella bozza in discussione, è stata opera di una modifica apportata in sede di adozione del provvedimento.
Quali prospettive per l'empowerment femminile?
L'analisi delle disposizioni del nuovo Codice dei Contratti Pubblici non lascia margine di dubbio in merito alla direzione assunta sul tema delle politiche di genere. Si è persa, con questa riforma, un'importante occasione per affiancare ad un ripensamento delle norme sui Contratti pubblici in chiave di semplificazione ed efficienza, una strategia per incidere sulla competitività del Paese che passa anche attraverso l'incremento dell'occupazione femminile. L'auspicio è che in sede di adozione del Regolamento di cui all'allegato II.3 il Legislatore non sia timido e preveda criteri incisivi volti al raggiungimento dei già citati obiettivi di inclusione e coesione di cui alla missione 5 del PNRR valorizzando gli obiettivi di parità di genere fissati dall'Agenda 2030 in una prospettiva di sviluppo sostenibile.
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