mercoledì 05/04/2023 • 06:00
Il Parlamento europeo, con la risoluzione 30 marzo 2023, ha approvato la proposta della Commissione sulla trasparenza delle retribuzioni tra uomo e donna per un lavoro di pari valore. La proposta si compone di tre elementi: gli obblighi del datore di lavoro, i diritti del lavoratore e gli strumenti di tutela.
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La disparità retributiva torna a far parlare di sé.
Il Parlamento europeo, con la risoluzione del 30 marzo 2023, ha approvato la proposta della commissione sulla trasparenza delle retribuzioni tra uomo e donna “per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore”.
A fare da piedistallo è la proposta di direttiva Com (2021) 0093-C9-0089/2021-2021/0050 (Cod.).
Il divario retributivo è ancora una delle più importanti cifre della disparità tra uomo e donna nel mondo del lavoro. In Europa, esso è del ben 13% mentre il gap pensionistico sfiora il 30%.
La proposta di direttiva respira con tre polmoni: gli obblighi del datore di lavoro, i diritti del lavoratore e gli strumenti di tutela.
Gli obblighi del datore di lavoro
Andando con ordine, i datori di lavoro dovranno essere trasparenti sui livelli retributivi applicati in azienda, sin dalla fase del recruitment. Quelli con almeno 100 dipendenti, devono anche stendere un relazione che ne fotografa lo stato. Obbligatorio il confronto con i rappresentanti dei lavoratori quando il divario è di almeno il 5%.
Ad attirare interesse, il meccanismo immaginato dalla proposta direttiva, alla luce di precisi elementi di prova, per definire il lavoro di pari valore. Torna in mente l'inciso “a parità di valore” incastonato come una gemma nell'articolo 37 della Costituzione. Fu Aldo Moro, in sede di Assemblea costituente, ad introdurlo. L'obiettivo era evitare che le funzioni di cura familiare a carico della donna prendesse il sopravvento su quella degli affari lavorativi.
I diritti dei lavoratori
Anche i diritti dei lavoratori, il secondo polmone, sono ben definiti.
Essi, infatti, nell'ottica di verificare il divario, possono accedere a dati disaggregati per sesso in azienda, ai criteri utilizzati a definire gli stipendi e le relative progressioni. Il criterio del genere deve cedere il passo a quelli di natura oggettiva e neutrale.
Legittimati non sono solo i lavoratori subordinati a tempo pieno indeterminato, ma anche tutti gli altri compresi gli interinali, quelli a chiamata, a voucher, i lavoratori tramite piattaforma digitale, i tirocinanti e gli apprendisti. Ad essere espressamente indicati, sono anche ai lavoratori in categoria protetta.
Gli strumenti di tutela
In terzo luogo, gli Stati membri sono obbligati a definire procedimenti amministrativi e giudiziari a tutela della parità retributiva.
Ai lavoratori è riconosciuto il diritto al risarcimento del danno conseguente all'eventuale violazione di essa o alla riparazione. L'onere della prova è invertito. Spetta al datore di lavoro provare l'insussistenza della discriminazione retributiva.
Agli organismi di parità è riconosciuto il ruolo di sentinelle della trasparenza retributiva in azienda ed è garantita la tutela dei lavoratori che hanno chiesto di verificarla L'articolo 25 della proposta direttiva è espressamente rubricato: “vittimizzazione e protezione contro trattamenti meno favorevoli”.
Torna utile la cassetta di attrezzi antidiscriminatori di cui il nostro Paese dispone. E' il caso, ad esempio, del codice delle pari opportunità, d.lgs. n. 198 del 2006, del Testo Unico sulla Maternità e Paternità, D.Lgs. 151/2001, dei D.Lgs. 215/2003 e n. 216 del 2003 in tema di molestie. Ma anche delle recenti linee guida sulla certificazione per la parità di genere in azienda, c.d. prassi Uni PdR 125:2022, con una vasta gamma di Key Performance Indicators.
Conclusioni
In definitiva quello della parità retributiva cattura ancora l'interesse del legislatore Europeo.
Essa è ancora lontana ma la proposta direttiva è un ulteriore passo in avanti.
Curioso che il suo articolo 24 accenda i riflettori sulla parità di trattamento economico nelle aziende impegnate nell'esecuzione di appalti pubblici o concessioni.
Curioso perché, in questi giorni, si dibatte in Italia del rischio che il nuovo codice degli appalti svilisca le premialità, ai fini dell'aggiudicazione di gare pubbliche, in favore delle aziende che hanno ottenuto la certificazione sulla parità di genere.
E' proprio vero, come insegnavano gli antichi: melius re perpensa.
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