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venerdì 31/03/2023 • 06:00

Fisco Dalla Corte di Giustizia

Non si applica l’IVA alle attività comunali senza entrate permanenti

Nel caso in cui il Comune consegni ed installi, tramite una società, impianti di energia solare oppure faccia rimuovere da parte di un’impresa l’amianto, tali attività non rientreranno tra le cessioni di beni o prestazioni di servizi qualora non siano finalizzate all’ottenimento di entrate a carattere permanente.

di Matteo Dellapina - Avvocato, Cultore in Diritto Tributario presso l’Università di Pavia

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  • Tempo di lettura 6 min.
  • Ascolta la news 5:03

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In due sentenze speculari del 30 marzo 2023 (Gmina O, C-612/21 e Gmina L, C-616/21), la CGUE è stata lapidaria nel ritenere che non costituiscono cessione di beni e prestazioni di servizi, assoggettabili ad IVA, quelle attività non dirette all'ottenimento di introiti che risultino connotati da stabilità e, allo stesso tempo, diano luogo solo ad un pagamento parziale che copre una parte delle spese sostenute mentre il saldo risulti finanziato da fondi pubblici.

Quindi se un Comune si occupi dell'installazione e fornitura di impianti di fonti di energie rinnovabili o della rimozione dell'amianto, a vantaggio dei propri cittadini, tale attività non sarà imponibile IVA, risultando esclusa sia dalle cessioni che dalle prestazioni per due motivi: a) non è diretta all'ottenimento di emolumenti “continui” e stabili b) il pagamento copre una parte delle spese sostenute siccome il saldo è erogato da fondi pubblici.

Esistenza di una prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso

Nella vicenda Administration de l'Enregistrement, des Domaines et de la TVA (C-846/19, sentenza del 15 aprile 2021), la Corte di Giustizia aveva ritenuto che affinché una prestazione di servizi sia effettuata «a titolo oneroso», ai sensi dell'art. 2 paragrafo 1 lettera c) Direttiva 2006/112, deve esistere un nesso diretto tra, da un lato, tale prestazione di servizi e, dall'altro, un corrispettivo effettivamente percepito dal soggetto passivo. Tale nesso diretto esiste qualora tra, da un lato, l'autore di detta prestazione di servizi e, dall'altro, il destinatario di questi ultimi intercorra un rapporto giuridico nell'ambito del quale avvenga uno scambio di reciproche prestazioni e il compenso ricevuto dall'autore di tali operazioni costituisca il controvalore effettivo del servizio prestato a detto destinatario.

Chiarito tale aspetto, occorre poi domandarsi quando una prestazione di servizi rientri nell'ambito dell'attività economica.

Qui giunge in soccorso la sentenza resa nel caso Gmina (c-604/19, sentenza del 25 febbraio 2021), la quale ha precisato come, dall'analisi del tenore letterale dell'art. 9 paragrafo 1 Direttiva 2006/112, nell'evidenziare la portata dell'ambito di applicazione della nozione di «attività economica», viene precisato anche il carattere oggettivo di quest'ultima, nel senso che l'attività viene considerata di per sé stessa, indipendentemente dai suoi scopi o dai suoi risultati.

Un'attività viene, in via generale, qualificata come “economica” quando presenta un carattere stabile ed è svolta a fronte di un corrispettivo percepito dall'autore dell'operazione (TVA, C-846/19).

Ma vista la difficoltà nell'elaborare una definizione precisa di attività economica, occorrerà esaminare l'insieme delle circostanze in cui quest'ultima è realizzata, procedendo ad una valutazione caso per caso in base al comportamento tipico che adotterebbe un soggetto passivo attivo nel settore in esame (Gemeente Borsele, C-520/14, sentenza del 12 maggio 2016).

Le vicende

In entrambe le questioni, è coinvolto un ente locale, nella specie un Comune che da un lato si occupa della dismissione di siti contaminati pericolosi come lo smaltimento di prodotti contenenti amianto e dall'altro invece il finanziamento delle energie rinnovabili.

Quanto al primo caso (C-616/21), tale dismissione mira non solo alla tutela della salute dei residenti, ma potrà anche sollevare questioni rilevanti in materia IVA. Qualora i residenti interessati avessero incaricato di propria iniziativa un'impresa per lo smaltimento, l'operazione risulterebbe imponibile ai fini IVA e una sovvenzione statale pari al 100% delle spese a favore dei cittadini sarebbe irrilevante ai fini dell'imposta. Cosa accade quanto però sia il Comune a provvedere, a titolo gratuito per i residenti, all'organizzazione ed allo smaltimento rifiuti, incaricando un'impresa e ricevendo poi il rimborso integrale o parziale delle spese grazie ad un fondo statale?

Invece nell'altra vicenda(C-612/21), il finanziamento delle energie rinnovabili da parte di un ente locale – quale un Comune – non solo sembra attualmente auspicabile, ma solleva altresì questioni interessanti nell'ambito della normativa IVA. Laddove sia stato lo stesso residente interessato a conferire ad un'impresa l'incarico di installare, ad esempio, un impianto solare, la valutazione sotto il profilo dell'IVA sarebbe chiara. L'impresa effettua nei suoi confronti un'operazione imponibile e soggetta ad imposta (cessione di beni o prestazione di servizi). Lo Stato percepisce l'IVA corrispondente. Una sovvenzione statale pari al 75% delle spese per il residente sarebbe priva di rilevanza ai fini dell'IVA. Ma cosa accade qualora un Comune provveda all'organizzazione ed al pagamento dell'impresa incaricata dell'installazione di tale impianto su terreni di proprietà di uno dei residenti?

Il punto della CGUE

Per la Corte di Giustizia le decisioni prese in entrambe le vicende sono speculari: non costituisce una cessione di beni o prestazioni di servizi soggetta ad IVA il fatto che un Comune consegni ed installi, tramite una società, impianti di energia (C-612/21) oppure il far rimuovere da  parte di un'impresa l'amianto e la raccolta dei prodotti e dei rifiuti (C-616/21), qualora tali attività non siano finalizzate all'ottenimento di entrate a carattere permanente.

Infatti la CGUE, dopo aver affrontate la questione inerente l'esistenza di una prestazione di servizi (o cessione di beni) effettuata a titolo oneroso e quella inerente l'effettuazione di una prestazione di servizi nell'ambito di un'attività economica, si è soffermata sul tema dell'ente pubblico.

Nel dettaglio, come già sancito nella decisione Geemente Borsele (C-520/14), i giudici unionali hanno ritenuto che se un Comune recuperi solo una minima parte dei costi sostenuti, mentre il saldo risulti finanziato con fondi pubblici, uno scarto del genere tra tali costi e gli importi percepiti come corrispettivo per i servizi offerti è tale da escludere l'esistenza di una remunerazione. Ciò vale a maggior ragione qualora non sia previsto alcun corrispettivo a carico dei beneficiari della prestazione dei servizi.

Inoltre se un ente pubblico non esercita un'attività rientrante nell'ambito applicativo della Direttiva IVA 2006/112/CE non sarà necessario stabilire se detta attività sia altresì esclusa da tale ambito di applicazione ai sensi dell'art. 13, par. 1.

Fonte: CGUE 30 marzo 2023 (C-612/21)

CGUE 30 marzo 2023 (C-616/21)

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