venerdì 24/03/2023 • 06:00
La Corte costituzionale ha rilevato la necessità di contemplare il contraddittorio procedimentale anche nelle ipotesi in cui non è ora espressamente previsto. Tuttavia, vista la disparità di modelli esistenti, ha concluso ma solo con un monito al legislatore, pur sottolineando che occorre che l’intervento normativo sia tempestivo.
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La Corte costituzionale ha esaminato nella sentenza n. 47 del 2023 la questione del diritto del contribuente ad un contraddittorio endoprocedimentale per ogni tipo di accertamento.
La remissione era derivata dalla Commissione Tributaria Regionale per la Toscana, che aveva prospettato la possibile lesione, con riferimento all'art. 3 Cost., dell'art. 12 c. 7 L. 212/2000 (c.d. Statuto dei diritti del contribuente) nella parte in cui non estendeva l'istituto del contraddittorio anche al di là delle ipotesi colà previste, e cioè le verifiche precedute da accessi in loco.
La Corte, con una diffusa sentenza, ha preso atto di una normativa insopportabilmente differenziata ma ha poi concluso solo con un monito, per ora, al legislatore.
Difatti, la Corte ha anzitutto ricordato che nell'ordinamento esistono diverse ipotesi di contraddittorio procedimentale e cioè:
Ancora, in un apprezzabile dialogo con le Alte Corti, la Corte ha dato atto dell'esistenza in ambito europeo di un obbligo generale di attivare il contraddittorio procedimentale, basato sul diritto ad una buona amministrazione sancito dall'art. 41 della Carta dei diritti fondamentali UE ed ha ricordato la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE in tal senso (che ha avuto inizio con le sentenze Kamino e Datema nelle cause riunite C-129/13 e C-130/13) nonché quella della Corte di Cassazione, che, nei tributi armonizzati, ha sì affermato l'obbligo del contraddittorio ma lo ha subordinato alla c.d. prova di resistenza (orientamento avviato con Cass. S.U. 24823 del 2015), di cui si dirà appresso.
Tuttavia, la Corte, pur rilevando la disarmonia del sistema tributario, dal quale scaturisce una adozione del contraddittorio procedimentale a macchia di leopardo, ha rilevato che nemmeno la recente introduzione dell'art. 5 ter D.Lgs. 218/97, appena sopra ricordata, può valere a fungere da modello di contraddittorio, proprio per la non universale applicazione dell'accertamento con adesione.
E quindi - pur ribadendo il riconoscimento del contraddittorio endoprocedimentale come espressione del principio del giusto procedimento e riconoscendo la distonia del sistema tributario a causa della frammentarietà e della diversificazione delle norme e pur sottolineando che il principio enunciato dall'art. 12 c. 7 L. 212/2000 esprime una “esigenza di carattere costituzionale” – la Corte non ha fatto il passo successivo. Non si è pronunciata cioè nel senso del riconoscimento della regola appena detta anche al di fuori delle ipotesi previste, poiché ha ritenuto che non possa assurgere a modello univoco, vista la molteplicità di forme in cui il contraddittorio è stato declinato.
La decisione di non procedere immediatamente alla sentenza additiva, viste le premesse e le considerazioni svolte, appare forse un po' troppo misurata, proprio perché i rilievi mossi dalla stessa Corte sono stati stringenti.
La Corte ha invece (solo) indicato fortemente al legislatore che su di esso grava il compito di adeguare la normativa vigente. E deve farlo, sempre secondo la Corte, tempestivamente per colmare le lacune evidenziate.
Un monito vigoroso, quindi, che sembra lasciar presagire eventuali futuri interventi in caso di mancata produzione legislativa. E che stimola i difensori a sollevare nuovamente la questione di legittimità costituzionale, magari anche alla luce di altri parametri pur teoricamente esistenti, per il caso in cui il legislatore non dovesse provvedere.
Il monito non dovrebbe restare inascoltato
Difatti, esaminando la delega fiscale appena approvata dal Governo, si rinviene espressamente la previsione generalizzata del principio del contraddittorio endoprocedimentale a pena di nullità, da effettuarsi indipendentemente dalle modalità con cui si svolge il controllo, concedendo al contribuente un congruo termine per difese (evidentemente in ordine alle previe prospettazioni degli esiti del controllo), con obbligo per l'ufficio di motivazione sulle osservazioni del contribuente e con estensione del livello di maggior tutela previsto proprio dall'art. 12 c. 7 L. 212/2000 (quindi colà assunto a modello).
Si spera di veder nascere, finalmente, un modello unico di procedimento tributario, svincolato dalle singole leggi d'imposta - come ad esempio avviene felicemente con l'Abgabenordung tedesco – ed in cui il diritto al contraddittorio sia applicabile uniformemente (poiché di questo si ha bisogno e non di codici che invecchierebbero il giorno successivo alla loro pubblicazione).
Occorre però spazzare via un equivoco, ingenerato dalla Corte di Giustizia UE con le sentenze Kamino e Datema e seguito dalle Sezioni Unite del 2015, su richiamate, in ordine alla c.d. prova di resistenza che si chiede al contribuente. Vale a dire, la prova che, se l'amministrazione finanziaria avesse rispettato il contraddittorio procedimentale, il risultato sarebbe stato differente, grazie agli (interessati) apporti del contribuente. Ciò è il frutto di una visione utilitaristica, che risente degli echi delle discipline amministrative di alcuni Stati membri (non a caso l'art. 21 octies L. 241/90 è stato letteralmente copiato dalla seconda legge tedesca di accelerazione dei procedimenti amministrativi).
La previsione del diritto al contraddittorio effettuata in tal modo equivale ad un mancato riconoscimento di esso. I diritti di garanzia – e tale è, a tutti gli effetti, il diritto di difesa endoprocedimentale, che si esplica nel diritto al contraddittorio – si devono valutare in sé e non in relazione al contenuto di ciò che si sarebbe potuto affermare a difesa. Si devono stabilire ex ante e non ex post.
Altrimenti, si fa valere il contenuto di ciò che si sarebbe detto e non il diritto a difendersi (in altri termini, come se dicesse “siccome hai ragione per quel che lamenti, ti do ragione sul fatto di non averlo potuto lamentare prima”).
La subordinazione alla c.d. prova di resistenza invero nega ancor più, e non afferma, il diritto al contraddittorio, poiché, a ben vedere, lo riconosce fintamente.
Fonte: Corte Cost. 21 marzo 2023 n. 47
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