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martedì 21/03/2023 • 06:00

Fisco Dalla Corte Costituzionale

Sanzioni da ridurre in funzione della gravità del comportamento tenuto

Le sanzioni del fisco devono essere ragionevoli e proporzionate alla gravità del comportamento del contribuente. È questo il principio espresso dalla Corte Costituzionale con la sentenza del 17 marzo 2023 n. 46.

di Marco Nessi - Dottore Commercialista

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  • Tempo di lettura 6 min.
  • Ascolta la news 5:03

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Con la sentenza n. 46 del 17 marzo 2023, la Corte Costituzionale ha riconosciuto la necessità di applicare il principio di proporzionalità (ex art. 7 D.Lgs. 472/97) nella quantificazione delle sanzioni amministrative tributarie a carico del contribuente. Pertanto, il dimezzamento delle sanzioni può intervenire anche quando il diretto interessato attenua o cancella totalmente le conseguenze dell'evasione iniziale, presentando le dichiarazioni mancanti o pagando il dovuto anche se in ritardo.

Le questioni di legittimità costituzionale è sorta nel corso di un giudizio riguardante due avvisi di accertamento emessi dalla Agenzia delle entrate nei confronti di una società consolidante, con riferimento agli anni di imposta 2014 e 2015 e in cui la stessa non aveva provveduto a presentare la dichiarazione dei redditi relativa al consolidato fiscale, pur avendo presentato la propria (come le consolidate). In particolare, con i due avvisi sono state comminate sanzioni per omessa presentazione delle dichiarazioni dei redditi, pari al 120% delle imposte accertate. Tuttavia, la società ricorrente aveva dimostrato di avere pagato integralmente le imposte dovute, unitamente agli interessi e alle sanzioni ridotte, prima di ricevere gli avvisi di accertamento impugnati.

In questo contesto, la CTP di Bari ha sollevato la questione di legittimità costituzionale (per presunta violazione degli artt. 3,53 e 76 Cost.) dell'art. 1 c. 1 primo periodo D.Lgs. 471/97 (nella versione successiva alle modifiche apportate dall'art. 15 c. 1 lettera a D.Lgs. 158/2015) e dell'art. 13 c. 1 D.Lgs. 471/97 in base ai quali è prevista:

  • nei casi di omessa presentazione della dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi ed IRAP: l'applicazione della sanzione amministrativa dal 120 al 240%  dell'ammontare delle imposte dovute, con un minimo di euro 250;
  • l'applicazione della sanzione pari al 30% degli importi non versati per il contribuente che, dopo avere presentato la dichiarazione dei redditi, non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i pagamenti delle imposte dovute.

In particolare, queste previsioni sarebbero in contrasto con gli artt. 3, 53 e 76 Cost. nella parte in cui è previsto che soltanto chi abbia presentato la dichiarazione fiscale senza eseguire i prescritti versamenti è soggetto alla sanzione amministrativa pari al 30% dell'importo non pagato e possa fruire delle riduzioni previste nel caso di versamento spontaneo e non anche chi abbia omesso di presentare la dichiarazione fiscale ma abbia poi effettuato spontaneamente il pagamento delle imposte prima di ricevere un accertamento da parte dell'Amministrazione Finanziaria.

L'orientamento della Corte Costituzionale

La Corte Costituzionale ha evidenziato che un sistema di fiscalità di massa poggia sull'architrave dell'autoliquidazione delle imposte, a cui deve corrispondere la fedele compilazione e la tempestiva presentazione della dichiarazione. Pertanto, attraverso la presentazione della dichiarazione dei redditi, il contribuente è chiamato a collaborare con l'Amministrazione finanziaria, esponendosi ai relativi controlli. Infatti, la presentazione della dichiarazione dei redditi:

  • (da un lato) consente all'Agenzia delle entrate di attivare i controlli automatizzati e formali (ex  artt. 36-bis e 36-ter DPR 600/73);
  • (dall'altro) condiziona l'accertamento e determina, in particolare, i metodi di rettifica del reddito dichiarato.

Viceversa, in caso di omessa presentazione della dichiarazione, l'Agenzia delle entrate può anche procedere (ex art. 41 DPR 600/73) all'accertamento d'ufficio, di carattere induttivo, che consente di determinare il reddito complessivo del contribuente sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di avvalersi anche di presunzioni prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, e di  prescindere in tutto o in parte dalle risultanze della dichiarazione, se presentata, e dalle eventuali scritture contabili ancorché regolarmente tenute.

In considerazione di questo maggior impegno  in termini di risorse umane, rispetto a quello normalmente richiesto per la effettuazione degli altri controlli, è necessario che l'omessa presentazione della dichiarazione dei redditi sia presidiata da una sanzione con un forte effetto deterrente.

La possibilità di ricondurre nell'ambito dei principi di ragionevolezza e di proporzionalità una sanzione come quella comminata dalla norma censurata, passa attraverso una interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 7 D.Lgs. 472/97 (che prevede la possibilità di ridurre le sanzioni fino al 50%) che va applicata al sistema delle sanzioni tributarie. Nel caso esaminato, la società ricorrente:

  • da un lato, aveva tempestivamente presentato la propria dichiarazione (adempimento espletato anche dalle società consolidate), rendendosi visibile e facilmente intercettabile dal sistema dei controlli fiscali;
  • dall'altro, sebbene con alcuni anni di ritardo rispetto alle scadenze legali, ma comunque prima di ricevere gli avvisi di accertamento, aveva interamente versato le imposte dovute.

In questa situazione, secondo la Corte Costituzionale, l'applicazione di una sanzione pari al 120% dell'imposta dovuta non sarebbe stata proporzionale alla violazione commessa, non considerando le circostanze che  possono determinare la riduzione fino al dimezzamento della sanzione, e in particolare la condotta dell'agente e l'opera da lui svolta per l'eliminazione o l'attenuazione delle conseguenze.

Nello specifico, sempre secondo la Corte Costituzionale, la riduzione delle sanzioni può essere fatta valere, alternativamente:

  • direttamente dall'Agenzia delle entrate (poiché questa spesso dispone, fin dal momento della irrogazione della sanzione, degli elementi di valutazione utili al riguardo);
  • in sede di contenzioso (anche a prescindere da una formale istanza di parte).

La sentenza della Corte Costituzionale è coerente e anticipa i principi generali appena approvati dalla delega fiscale, che punta proprio a calibrare le sanzioni amministrative e penali sulla situazione specifica e sui comportamenti del contribuente (anche al di fuori dei casi di ravvedimento operoso), onde evitare di colpire in modo analogo chi evade per dolo e chi non risponde puntualmente alle richieste del fisco perché impossibilitato (evidentemente, in quest'ultimo caso, per poter beneficiare della riduzione delle sanzioni, occorrerà documentare le circostanze attenuanti).

Fonte: Corte Cost. 17 marzo 2023 n. 46

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