venerdì 17/03/2023 • 06:00
La Cassazione si pronuncia in merito alla correttezza del provvedimento espulsivo di un lavoratore (ordinanza 7029/2023 del 9 marzo).
redazione Memento
Il dipendente che rivolge frasi ineducate nei confronti di un collega, per di più in luogo pubblico, rischia il posto di lavoro, tanto più se le frasi sono a sfondo sessuale. Questo il parere della Corte di Cassazione con l'ordinanza 7029/2023 del 9 marzo. Nel caso in esame, un lavoratore era stato licenziato dall'azienda – una società di trasporti – dopo alcune frasi irrisorie nei confronti di una collega in luogo pubblico; la donna aveva quindi sporto denuncia. Rovesciando la posizione del giudice di merito, la Corte di Cassazione ha evidenziato come il comportamento del lavoratore fosse contrario alle regole di creanza e vivere civile; le espressioni usate sarebbero state di particolare gravità, più rilevanti di quanto stabilito in sede di riesame. Infatti, secondo le parole espresse dalla Suprema Corte, “costituisce innegabile portato della evoluzione della società negli ultimi decenni l'acquisizione della consapevolezza del rispetto che merita qualunque scelta di orientamento sessuale e del fatto che essa attiene ad una sfera intima e assolutamente riservata della persona; l'intrusione in tale sfera, effettuata peraltro con modalità di scherno e senza curarsi della presenza di terze persone, non può pertanto essere considerata secondo il “modesto” standard della violazione di regole formali di buona educazione utilizzato dal giudice del reclamo, ma deve essere valutata tenendo conto della centralità che nel disegno della Carta Costituzionale assumono i diritti inviolabili dell'uomo, il riconoscimento della pari dignità sociale senza distinzione di sesso, il pieno sviluppo della persona umana, il lavoro come ambito di esplicazione della personalità dell'individuo, oggetto di particolare tutela in tutte le sue forme ed applicazioni”. In conclusione, la Suprema Corte di Cassazione è intervenuta annullando la decisione impugnata, disponendo quindi il riesame della fattispecie per la verifica della sussistenza della giusta causa di licenziamento. FONTE: Cass. 9 marzo 2023 n. 7029
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Giulia Busin
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