giovedì 09/03/2023 • 15:51
Con la Circolare del 9 marzo 2023 n. 6, Assonime analizza alcune problematiche relative ai requisiti soggettivi emerse in questi primi anni di applicazione del regime del Gruppo IVA e sulle interpretazioni risultanti dalla prassi e dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia.
redazione Memento
La direttiva UE n. 112/2006 (c.d. direttiva IVA), concernente il sistema comune dell'IVA, individua i soggetti passivi del tributo in coloro che esercitano in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un'attività economica. Tale definizione fa riferimento ai soggetti indipendenti dal punto di vista giuridico e, quindi, società di capitali, società di persone, enti e persone fisiche. Tuttavia, è possibile derogare a questo principio prevedendo la facoltà degli Stati membri, previa consultazione del Comitato IVA, di considerare come un unico soggetto passivo le persone stabilite nel territorio dello stesso Stato membro che siano giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi. Con la Circolare del 9 marzo 2023 n. 6, Assonime analizza alcune problematiche relative ai requisiti soggettivi emerse in questi primi anni di applicazione del regime del Gruppo IVA e sulle interpretazioni risultanti dalla prassi e dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia. L'opzione per la costituzione del Gruppo IVA può risultare opportuna, in particolare, per le imprese - ad esempio quelle dei settori bancario e assicurativo - che effettuano in misura rilevante operazioni esenti da IVA e che, per tale ragione, hanno un pro-rata di detrazione ridotto, se non nullo. Tali imprese acquistano da altre imprese del gruppo beni o servizi imponibili con addebito di un'imposta che, in tutto o in parte, non può essere detratta; circostanza che può impedire o rendere antieconomici i progetti di riorganizzazione dell'impresa che comportano l'esternalizzazione di determinate funzioni, rendendo il sistema dell'IVA poco neutrale. L'attuazione di tali progetti può essere disincentivata, proprio a causa del sistema dell'IVA nei casi in cui assumono marcata rilevanza - tra i costi sostenuti per rendere i servizi accentrati presso talune società del gruppo – costi naturalmente estranei al campo di applicazione del tributo. In tal caso, infatti, se i servizi fossero svolti in proprio da ciascuna società, l'IVA non graverebbe su queste componenti di costo; al contrario, qualora tali servizi vengano svolti da una società che si specializzi nella prestazione degli stessi l'imposta sarebbe applicata sul corrispettivo pattuito, che terrebbe ovviamente conto anche delle componenti di costo anzidette. Essendo indetraibile l'IVA addebitata a soggetti che effettuano quasi solo operazioni esenti, dall'operazione di ristrutturazione deriverebbe in definitiva, un maggior costo sostanzialmente corrispondente all'imposta applicata sulla parte di corrispettivo che tiene conto del riaddebito di costi che, se sostenuti direttamente dal committente, non sarebbero incisi dal tributo. A queste situazioni, il legislatore nazionale aveva tentato di porre rimedio: con l'art. 6 L. 133/99, che aveva stabilito l'esenzione da IVA delle prestazioni di servizi rese nell'ambito delle attività ausiliarie effettuate da società facenti parte di gruppi bancari e assicurativi; con l'art. 10 c. 2 L. 133/99, che ha previsto la costituzione di società consortili o consorzi fra soggetti con pro-rata inferiore al 10% i quali possono prestare servizi in esenzione nei confronti dei soci. Ne consegue che, dopo la pronuncia della Corte di Giustizia, il regime del Gruppo IVA rimane l'unico strumento a disposizione degli operatori economici dei settori bancari e assicurativi per minimizzare i costi dell'IVA indetraibile.
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