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lunedì 06/03/2023 • 06:00

Caso Risolto Quando i soggetti non coincidono

Inquinamento ambientale: la responsabilità dell’impresa e della holding

Quali sono le conseguenze, in termini di responsabilità dell'inquinamento di suoli, per il caso in cui l'autore della contaminazione e l'attuale proprietario del terreno non coincidano  per molteplici passaggi di proprietà e quali gli elementi che occorre considerare.

di Andrea Quaranta - Environmental risk manager

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  • Tempo di lettura 7 min.
  • Ascolta la news 5:03

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Nell'ambito di una serie di passaggi di proprietà di un sito – che ricade nel perimetro di un S.I.N., Sito di Interesse Nazionale – in relazione al quale è stata riscontrata una grave situazione di degrado ambientale e di inquinamento, e sul quale sono state avviate operazioni di messa in sicurezza di emergenza, la Pubblica Amministrazione competente ha avviato l'istruttoria per l'individuazione, ai sensi dell'art. 244 d.lgs. n. 152/2006, del soggetto responsabile della contaminazione rilevata.

Si chiede di illustrare le conseguenze in termini di responsabilità dell'inquinamento di suoli per il caso in cui l'autore della contaminazione e l'attuale proprietario del terreno non coincidano, e i principali principi sottesi alla normativa.

I profili di cui occorre tener conto in situazioni come quelle sinteticamente delineate sono molteplici.

Inquinamento ambientale

La prima questione da affrontare riguarda il potere della P.A. nell'individuare le soluzioni applicabili al caso concreto: a tale riguardo, la giurisprudenza maggioritaria  ritiene che, nei casi di inquinamento ambientale, trattandosi di risolvere questioni tecniche di particolare complessità consistenti in valutazioni sottese ai provvedimenti in materia di MISE (messa in sicurezza di emergenza), caratterizzazione e bonifiche – nell'individuare le soluzioni applicabili l'autorità amministrativa dispone di una discrezionalità molto ampia, sindacabile in sede giurisdizionale solo nel caso di risultati abnormi, o comunque manifestamente illogici (da ultimo, Cons. Stato, sentenza n. 1658/2021).

Responsabilità per l'inquinamento del sito

La seconda riguarda, invece, l'individuazione della responsabilità per l'inquinamento di un sito, che si basa sul criterio causale del “più probabile che non”: in sintesi, questo principio stabilisce che, ai fini dell'individuazione della responsabilità, è sufficiente che il nesso eziologico ipotizzato dall'Amministrazione sia più probabile della sua negazione (Cons. Stato, n. 7121/2018), potendosi pertanto a tali fini accedere anche alla prova per presunzioni (Cons. Stato, n. 8033/2021).

Contaminazioni storiche

Il terzo aspetto concerne quanto affermato dall'art. 242, comma 1, del Testo Unico Ambientale (D.Lgs n. 152/2006) che – nel fare riferimento specifico anche alle “contaminazioni storiche” – ha inteso affermare il principio per cui la condotta inquinante (che ha carattere permanente), anche se risalente nel tempo e conclusasi in momenti storici passati, non esclude il sorgere di obblighi di bonifica in capo a colui che ha inquinato il sito, ove il pericolo di “aggravamento della situazione” sia ancora attuale (Cons. Stato, n. 8033/2021); del resto, accedere alla tesi secondo la quale le contaminazioni “storiche” non potrebbero mai porre in capo al loro autore un obbligo di bonifica, determinerebbe la paradossale conclusione che tali necessarie attività, a tutela della salute e dell'ambiente, debbano essere poste a carico della collettività e non del soggetto che le ha poste in essere e ne ha beneficiato.

Di conseguenza, è del tutto ragionevole porre l'obbligo di eseguire le opere di bonifica a carico del soggetto che tale contaminazione ebbe in passato a cagionare, avendo questi beneficiato, di converso, dei corrispondenti vantaggi economici (in particolare, dell'omissione delle spese necessarie per eliminare o, quanto meno, arginare l'immissione nell'ambiente di sostanze inquinanti. Cons. Stato, n. 2301/2020).

Responsabilità dell'impresa per l'inquinamento

Il quarto aspetto – la responsabilità dell'impresa per l'inquinamento – merita un approfondimento a parte: occorre evidenziare, infatti, che la responsabilità dell'impresa per l'inquinamento deve essere intesa “in termini sostanziali”.

I fenomeni societari relativi ai gruppi, alle forme di successione e al trasferimento d'azienda danno luogo ad una successione universale inter vivos che generano la responsabilità dell'acquirente; in questi termini si è espresso di recente il Consiglio di Stato (sentenza n. 217/2022), precisando che:

  • la bonifica costituisce “uno strumento pubblicistico teso non a monetizzare la diminuzione del relativo valore, ma a consentire il recupero materiale a cura e spese del responsabile della contaminazione (di conseguenza, ad essa può ricondursi una funzione di reintegrazione del bene giuridico leso propria della responsabilità civile, che evoca il rimedio della reintegrazione in forma specifica ex art. 2058 c.c., previsto per il danno all'ambiente dall'art. 18, ottavo comma, della legge n. 349 del 1986);
  • il carattere permanente del danno ambientale, posto a fondamento dell'obbligo di bonifica, comporta che “l'autore dell'inquinamento, potendovi provvedere, rimane soggetto agli obblighi conseguenti alla sua condotta illecita, secondo la successione di norme di legge nel frattempo intervenuta.

La conseguenza, secondo la giurisprudenza, consiste nel fatto che “nessun ostacolo di ordine giuridico è ravvisabile ad applicare quest'ultima ad un soggetto che, pur non avendo commesso la condotta fonte del danno, sia nondimeno subentrato a quest'ultimo”;

  • la successione dell'incorporante negli obblighi dell'impresa incorporata “è espressione del principio espresso dal brocardo «cuius commoda eius et incommoda»” (alla successione di soggetti sul piano giuridico-formale si contrappone sul piano economico-sostanziale una continuazione dell'originaria impresa e della sottostante organizzazione aziendale);

Cuius commoda eius et incommoda: antico principio, tuttora applicato nel nostro ordinamento, secondo il quale il soggetto che trae vantaggi da una situazione, deve sopportare anche gli svantaggi derivanti dalla stessa.

  • in una prospettiva funzionale si può osservare che “la successione sul piano civilistico negli obblighi inerenti a fenomeni di contaminazione di siti e di inquinamento ambientale in caso di operazioni societarie contraddistinte dalla continuità dell'impresa pur a fronte del mutamento formale del centro di imputazione giuridica consente di assicurare una miglior tutela dell'ambiente”;
  • il soggetto interessato all'acquisto di un complesso aziendale, tramite l'istituto della due diligence, può venire a conoscenza del fenomeno e concordare sul piano negoziale strumenti in grado di riversare su quest'ultimo le relative conseguenze sul piano economico o avvalersi dei rimedi civilistici per la responsabilità del cedente per omessa informazione.

Del resto, “nonostante la concezione sostanzialistica di impresa si sia sviluppata a livello europeo nella materia della tutela della concorrenza, ciò non esclude che lo stesso principio possa essere applicato ad altri settori, tra cui quello in esame, in cui, a fronte di una pluralità giuridica soggettiva delle imprese facenti parte di un gruppo, può essere comunque individuata una identità economica del gruppo ed un conseguente beneficio derivante alla holding e, quindi, al gruppo nel suo insieme dall'attività di una controllata”.

Ciò impone:

  • di non limitarsi, nell'accertamento delle responsabilità, all'individuazione «dell'autore materiale» della condotta di inquinamento, (in genere l'entità che conduce o ha condotto direttamente l'attività inquinante),
  • ma di estenderlo a quei soggetti che hanno il controllo della fonte di inquinamento in virtù di poteri decisionali, o che rendono comunque possibile detta condotta in forza della posizione giuridica che rivestono all'interno dei rapporti con il diretto inquinatore” (Cons. Stato, sez. IV, 6 aprile 2020, n. 2301).

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