mercoledì 01/03/2023 • 17:13
Con la risposta dell’1 marzo 2023 n. 227, l’Agenzia delle Entrate ha fornito alcuni chiarimenti in tema di cessione ramo d'azienda a società inattiva, relativamente all’inutilizzo dei requisiti della cessionaria per l'esonero dalla prestazione della garanzia dei crediti IVA chiesti a rimborso.
redazione Memento
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In tema di cessione ramo d'azienda a società inattiva, l'Agenzia delle Entrate risponde ad un quesito posto da una società con unico socio costituita nel 2020 che ad oggi è inattiva in quanto non ha posto in essere alcuna operazione.
La società controllante (Beta) a socio unico intende conferire nella società istante un ramo d'azienda produttivo o, possibilmente, l'intera azienda. A seguito dell'operazione di conferimento, l'istante proseguirà nell'attività operativa svolta dalla società (Beta) a socio unico con le medesime caratteristiche e stessa clientela, realizzando anch'essa operazioni attive non imponibili che genereranno periodicamente un credito IVA.
L'istante riferisce che la società conferente ha periodicamente presentato richiesta di rimborso IVA annuale e trimestrale per i crediti maturati, avvalendosi dell'esonero dalla prestazione della garanzia tramite apposizione del visto di conformità sulla dichiarazione IVA e sul modello IVA/ TR, allegando, altresì, una dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante la presenza delle condizioni individuate dall'art. 38-bis c. 3, lett. a), b) e c) DPR 633/72.
Ciò posto, l'istante chiede conferma della possibilità di continuare ad avvalersi dell'esonero dalla prestazione della garanzia per i crediti IVA che genererà con riferimento alle operazioni relative al ramo di azienda oggetto di conferimento.
A tal proposito, l'Agenzia delle Entrate, con la risposta dell'1 marzo 2023 n. 227, ricorda che, le condizioni poste dall'art. 38-bis DPR 633/72 per beneficiare dell'esonero dall'obbligo di prestare la garanzia, consentono di valutare il grado di affidabilità del soggetto passivo che richiede il rimborso, cui l'Amministrazione dovrà rivolgersi nell'ipotesi in cui, successivamente, il medesimo risultasse in tutto o in parte non spettante.
Pertanto, diversamente da quanto ipotizzato dall'istante, la circostanza che lo stesso, per sua stessa ammissione, sia ad oggi una società inattiva, lascia presumere proprio la sussistenza dell'ipotesi di rischio che l'ufficio competente non potrà esimersi dal valutare in sede di lavorazione della richiesta di rimborso.
Al riguardo, l'Agenzia delle Entrate ricorda che per esercizio dell'attività di impresa si intende l'effettivo svolgimento dell'attività stessa, che ha inizio con la prima operazione effettuata e non con la sola apertura della partita IVA.
Infine, ai fini del computo dei due anni cui fa riferimento la norma, occorre verificare l'effettiva esistenza dell'organizzazione aziendale e l'effettivo esercizio d'impresa che, in taluni casi, può essere desunto anche dagli investimenti realizzati, dai lavori eseguiti, dai contratti, aventi data certa, stipulati, o dalle operazioni passive effettuate in funzione di future operazioni attive.
Pertanto, la soluzione prospettata dall'istante non è condivisibile.
Fonte: Risp. AE 1 marzo 2023 n. 227
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