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giovedì 02/03/2023 • 06:00

Impresa Dalla Corte di Cassazione

Insindacabili le decisioni degli amministratori, anche quando inopportune

La Cassazione ha ribadito l’insindacabilità nel merito delle decisioni degli amministratori da parte dell’autorità giudiziaria, anche quando inopportune dal punto di vista economico. Unica eccezione è la sindacabilità delle scelte che, se valutate in precedenza, risultino manifestamente avventate.

di Antonio Conforti - Dirigente Aziendale, Responsabile di Ufficio Legale e di Organismo di Vigilanza

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  • Tempo di lettura 7 min.
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La Suprema Corte, con ordinanza pubblicata in data 16 febbraio 2023 n. 4849, si è espressa sulla insindacabilità nel merito delle decisioni degli amministratori da parte dell'autorità giudiziaria, anche quando si tratti di scelte inopportune dal punto di vista economico. Suddetta insindacabilità è oggigiorno comunemente nota come business judgment rule (“BJR”), che, sostanzialmente, è una regola procedurale nata negli USA, in virtù della quale i giudici non entrano nel merito delle decisioni gestionali degli amministratori se queste, riprendendo una delle più note sentenze al riguardo, sono state adottate “su base informata, in buona fede e nell'onesta convinzione che l'azione intrapresa fosse nel migliore interesse della società”.

Nel caso specifico, la Cassazione Civile ha confermato l'operato sia del Tribunale di Roma che della Corte di Appello che, a loro volta, avevano respinto tutte le domande avanzate da una S.r.l. (“Società”), ritenendo l'assenza degli elementi costitutivi sia dell'azione di responsabilità contrattuale nei confronti di ex amministratori e sindaci dell'appellante e sia di quelli relativi all'azione di responsabilità extracontrattuale, contestate in relazione a 4 diverse operazioni.

Nell'ultimo grado di giudizio ha, pertanto, retto quanto affermato dalla Corte d'Appello ossia che non fosse stato provato che le 4 operazioni avessero rappresentato altrettanti momenti di un disegno unitario illecito, osservando che si trattava di atti iscritti nei bilanci di tutti i soggetti sociali interessati per di più riferibili ad un progetto gestionale finalizzato a liberare la Società messa in vendita da rilevanti oneri correlati a determinati contratti.

La Società ha ricorso in Cassazione sul presupposto che la Corte di Appello, pur avendo ricostruito correttamente i presupposti dell'azione di responsabilità degli amministratori, li avrebbe valutati in modo erroneo, basandosi su considerazioni ex post dei loro comportamenti, che muovevano dall'accertamento non già dell'inadempimento dei doveri imposti all'organo amministrativo, ma dai danni subiti dalla Società stessa.

La ricorrente, infatti, sosteneva che se il giudice d'appello si fosse posto nella giusta prospettiva, non avrebbe potuto fare a meno di rilevare che le operazioni in questione, nel momento in cui si ponevano in essere, avrebbero costituito altrettante violazioni dei doveri dell'organo gestorio. La ricorrente critica la decisione per non aver fatto buon governo delle norme in tema di responsabilità degli amministratori (artt. 2392 e 2393 c.c.) e di conflitto di interessi del rappresentante (art. 1394 c.c.). L'accertamento giudiziale sarebbe stato circoscritto alla verifica ex post dell'inesistenza di un pregiudizio per la società correlato alle operazioni in esame, senza valutare il comportamento degli amministratori e dei sindaci alla stregua dei doveri posti a loro carico.

Presupposti del BJR

La Cassazione nel confermare la validità dell'operato dei giudici di I e II grado ribadisce altresì i presupposti del BJR sottolineando come la ricorrente non abbia considerato che la natura contrattuale della responsabilità degli amministratori verso la società comporta che quest'ultima ha l'onere di dimostrare la sussistenza delle violazioni ed il nesso di causalità fra queste ed il danno verificatosi. In estrema sintesi: senza un pregiudizio non può esserci azione di responsabilità.

La Suprema Corte ha ribadito che non può essere imputata agli amministratori una responsabilità verso la società per aver compiuto scelte inopportune dal punto di vista economico, in quanto suddetta valutazione attiene alla discrezionalità imprenditoriale e può pertanto eventualmente rilevare come giusta causa di revoca dell'amministratore, non come fonte di responsabilità contrattuale nei confronti della società.

In buona sostanza, il giudizio sulla diligenza dell'amministratore nell'adempimento del proprio mandato non può mai investire le scelte di gestione o le modalità e circostanze di tali scelte, anche se presentino profili di rilevante alea economica.

Unica eccezione che l'orientamento consolidato della Cassazione ammette è la sindacazione delle scelte imprenditoriali che, se valutate in precedenza, risultino manifestamente avventate ed imprudenti. Se una scelta dell'organo amministrativo non appaia manifestamente errata fin dalla sua valutazione precedente all'azione o omissione in parola, il giudice non può in alcun modo sindacarla e, per di più, in assenza di un danno l'organo amministrativo non ha alcuna responsabilità.

Natura della BJR

L'Ordinanza fornisce quindi l'occasione per approfondire la natura del certamente interessante principio della BJR in virtù del quale i giudici non entreranno nel merito delle decisioni gestionali degli amministratori se queste sono state adottate su base informata ed in buona fede. Opera, tra l'altro, anche una presunzione - vincibile se gli attori offrono la prova del contrario - che gli amministratori abbiano, agito informati, in buona fede, e nell'onesto convincimento che l'azione intrapresa fosse nel migliore interesse della società. In estrema sintesi: chi voglia invocare la responsabilità degli amministratori per un danno causato alla società avrà l'arduo compito di superare suddetta presunzione.

Si dovrà, per esempio dimostrare l'inadeguatezza del procedimento decisionale seguito, perché il consiglio ha deliberato senza avere informazioni chiave che era ragionevole ottenere, o dedicando un tempo palesemente insufficiente alla materia.

Come comprensibile, la BJR non opera, invece, dinanzi a casi di potenziale conflitto di interessi. Tuttavia, in assenza di circostanze che mettono in dubbio la buona fede e correttezza degli amministratori, e la ragionevolezza del modo in cui hanno assunto una decisione, è molto difficile vederne affermata la responsabilità per il merito della decisione assunta, anche quando questa si è rivelata, a posteriori, estremamente dannosa per la società. Si dovrò dimostrare la assoluta irrazionalità economica delle scelte degli amministratori, cosa avvenuta in rari casi finora.

Origine ed ambito della BJR

La BJR muove da una concezione anglosassone nata già un secolo fa secondo cui il rapporto tra amministratori e soci di una società si basa sostanzialmente sui concetti di fiducia e di agenzia, e che pertanto la responsabilità degli amministratori deve essere valutata secondo un canone di tipo fiduciario.

La BJR, pertanto, bilancia l'interesse dei soci ad una corretta amministrazione, con l'esigenza che gli amministratori possano gestire la società con una certa discrezionalità imprenditoriale, essendo sostanzialmente esenti da responsabilità ogniqualvolta non abbiano violato la fiducia accordatagli agendo in conflitto di interesse, in mala fede o in modo gravemente negligente e irrazionale.

Razionale della BJR

La BJR fin dal suo consolidamento statunitense ha quindi, sostanzialmente, 3 fondamenti razionali:

  • agevola l'assunzione della carica di amministratore da parte di persone dotate di esperienza e competenza professionale: una eccessiva esposizione alla responsabilità civile degli amministratori dissuaderebbe le persone da assumere la carica di amministratore;
  • incoraggia gli amministratori nel cimentarsi in attività che possono generare grandi profitti per la società e per i soci ma che, proporzionalmente, possono comportare rischi maggiori;
  • evita ai giudici di invischiarsi in complesse decisioni gestionali societarie rispetto alle quali le stesse corti, soprattutto USA, hanno ammesso di essere male equipaggiate per operare. Solo gli amministratori, e non i giudici o gli azionisti, devono poter gestire gli affari di una società avendo a disposizione tutte le informazioni necessarie per compiere le decisioni imprenditoriali.

Fonte: Cass. 16 febbraio 2023 n. 4849

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