sabato 25/02/2023 • 06:00
La tesi della Guardia di finanza sulla natura onerosa del contratto di iscrizione a Facebook trae spunto dalle condizioni contrattuali che attribuiscono espressamente al consenso prestato dagli utenti a ricevere messaggi pubblicitari natura sostitutiva rispetto al pagamento dei servizi che il social network mette a disposizione sulla piattaforma.
Il tema della fiscalità di forme permutative di regolamentazione dei rapporti commerciali che avvengono sulle piattaforme dei social network, basti pensare agli influencer spesso pagati con gli stessi beni e servizi che pubblicizzano, richiede un'accurata ideazione e formulazione della relativa disciplina contrattuale, che è poi la base sulla quale applicare le norme fiscali. In mancanza, si rischia di navigare a vista in un mare sempre in tempesta. Il Caso Meta Il caso Meta e l'indagine della Guardia di Finanza sulla rilevanza in termini di corrispettivo delle obbligazioni contrattuali che gli utenti di Facebook assumono quando si iscrivono sulla piattaforma del noto social network rischia di essere esplosivo e di provocare un effetto domino su tutte le c.d. piattaforme gratuite che offrono servizi in cambio del consenso da parte degli utenti a ricevere, nello spazio loro dedicato dalla piattaforma, inserzioni pubblicitarie. L'ipotesi della Guardia di Finanza è quella di una permuta tra i servizi offerti da Facebook, a partire dall'uso di uno spazio esclusivo personalizzabile sulla piattaforma, fino ai servizi che consentono la pubblicazione di testi, foto, video etc., da un lato, e una obbligazione di permettere (consentire che siano mostrati nel proprio spazio messaggi pubblicitari ad hoc), dall'altro. Obbligazione contrattuale D'altra parte, che l'obbligazione di permettere abbia valore di corrispettivo e sia in rapporto sinallagmatico con i servizi che Facebook mette a disposizione dell'utente, la Guardia di Finanza non ha avuto difficoltà a scoprirlo, e questo semplicemente perché lo ha trovato scritto nel contratto (condizioni d'uso) che gli utenti approvano nel momento in cui si iscrivono a Facebook. Il passaggio contrattuale specifico è il seguente: “Anziché pagare per l'uso di Facebook e degli altri prodotti e servizi offerti, utilizzando i Prodotti di Meta regolati dalle presenti condizioni, l'utente riconosce che Meta possa mostrare inserzioni personalizzate e altri contenuti commerciali e sponsorizzati, la cui promozione all'interno e all'esterno dei prodotti delle aziende di Meta avviene dietro pagamento da parte di aziende e organizzazioni. Usiamo i dati personali dell'utente (ad es. informazioni su attività e interessi) per mostrargli inserzioni personalizzate e contenuti sponsorizzati che potrebbe ritenere pertinenti”. Rilevanza ai fini IVA Quindi la natura di obbligazione contrattuale sinallagmatica del consenso accordato dagli utenti pare manifestata dalle stesse condizioni di contratto predisposte da Facebook/Meta. Di qui alla rilevanza ai fini IVA dell'operazione permutativa il passo è stato breve, considerando che l'art. 11 del Decreto IVA richiede che nelle operazioni di questo tipo le cessioni e le prestazioni effettuate in corrispettivo di altre cessioni o prestazioni sono soggette all'imposta separatamente da quelle in corrispondenza delle quali sono effettuate. In concreto, perciò, i servizi offerti da Meta in cambio della obbligazione di permettere degli utenti andava assoggettata a IVA, restando invece non soggetta a IVA l'obbligazione degli utenti per mancanza del presupposto soggettivo. Ulteriori implicazioni fiscali Questa costruzione ha però implicazioni fiscali più ampie e non solo ai fini dell'IVA. Intanto esiste un problema di quantificazione del valore dei servizi offerti agli utenti. Questo andrebbe in qualche modo correlato ai ricavi ottenuti da Facebook dai soggetti a beneficio dei quali vengono mostrati i messaggi pubblicitari, ricavi che però non possono coincidere interamente con il valore dei servizi che Facebook offre agli utenti. In ogni modello di business infatti i ricavi devono essere superiori ai costi specifici. Sempre ai fini IVA, qualora Meta dovesse accettare di pagare quanto richiesto dal fisco avrebbe la possibilità di rivalersi sugli utenti in base al meccanismo, tuttavia facoltativo, previsto dall'art. 60, ultimo comma del Decreto IVA. Con questa norma si tende a ripristinare la neutralità dell'IVA che strutturalmente deve gravare sul consumatore finale. Ma la soluzione della rivalsa è solo teorica perché soltanto l'idea di chiedere agli utenti di pagare l'IVA sui servizi di Facebook sarebbe sufficiente a mettere la parola fine sulla storia dei social network. Sul piano invece delle imposte dirette, l'operazione permutativa appare neutrale poiché i valori delle reciproche obbligazioni per definizione si equivalgono. Ma sorprendentemente lo schema proposto dalla Guardia di Finanza dell'operazione permutativa ha la singolare attitudine a far emergere il requisito di inerenza dei costi che Meta sostiene per la fornitura dei servizi resi all'utente; servizi che, se fossero davvero gratuiti, renderebbero difficoltoso riconoscere l'inerenza di costi sostenuti per allestirli, cioè per predisporre servizi che vengono forniti senza ricevere in cambio un corrispettivo, detto in altri termini, servizi che non sono in grado di generare ricavi. Questa indagine della Guardia di Finanza apre il sipario di un palcoscenico ormai pullulante di operazioni pseudo permutative utilizzate nel mondo digitale. Fiscalità dell'attività di influencer Un altro caso emblematico è quello degli influencer. Questi spesso sono “pagati” con gli stessi beni e servizi che pubblicizzano, e se non hanno un contratto che definisca chiaramente questo scambio e, soprattutto, non prevedano corrispettivi in denaro che possono facilitare una diversa qualificazione degli obblighi contrattuali rispetto ai beni o servizi ricevuti dall'influencer, compiono operazioni permutative soggette a IVA. In definitiva, il tema della fiscalità di forme permutative di regolamentazione dei rapporti commerciali che avvengono sulle piattaforme dei social network - e il caso degli influencer è emblematico - richiede un'accurata ideazione e formulazione della relativa disciplina contrattuale, che è poi la base sulla quale applicare le norme fiscali. In mancanza, si rischia di navigare a vista in un mare sempre in tempesta.
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