In tema di reati tributari, sequestro preventivo e fallimento, con la Cass. 7633/2023 del 22 febbraio 2023 è stata rimandata all'attenzione delle Sezioni Unite il seguente caso: “se, in caso di fallimento dichiarato anteriormente alla adozione del provvedimento cautelare di sequestro preventivo, emesso nel corso di un procedimento penale relativo alla commissione di reati tributari, avente ad oggetto beni attratti alla massa fallimentare, l'avvenuto spossessamento del debitore erariale, indagato o, comunque, soggetto inciso dal provvedimento cautelare, per effetto della apertura della procedura concorsuale operi o meno quale causa ostativa alla operatività del sequestro ai sensi dell'art. 12-bis, comma 1, del d. lgs. n. 74 del 2000, secondo il quale la confisca e, conseguentemente il sequestro finalizzato ad essa, non opera nel caso di beni, pur costituenti il profitto o il prezzo del reato, se questi appartengono a persona estranea al reato”.
La Corte rileva che è tuttora vivace il dibattito giurisprudenziale; ed invero, esaminando esclusivamente le pronunzie adottate nel torno degli anni incisi anche dal dibattito accesosi in merito alla
legittimazione attiva del Curatore fallimentare ad impugnare i provvedimenti, si rileva che, a fronte di pronunzie secondo le quali il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, prevista dall'art. 322-ter c.p., prevale sui diritti di credito vantati sul medesimo bene per effetto della dichiarazione di fallimento, attesa la obbligatorietà della misura ablatoria alla cui salvaguardia è finalizzato il sequestro e nelle quali la ratio di tale prevalenza dell'interesse statale sull'interesse dei creditori è rinvenuta nell'esigenza di inibire l'utilizzazione di un bene intrinsecamente e oggettivamente "pericoloso", in vista della sua definitiva acquisizione da parte dello Stato, si rivengono ulteriori decisioni di segno radicalmente opposto, nelle quali si afferma che, invece, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di cui all'art. 12-bis, del DLgs. n. 74 del 2000 non può essere adottato sui beni già assoggettati alla procedura fallimentare, in quanto la dichiarazione di fallimento importa il venir meno del potere di disporre del proprio
patrimonio in capo al fallito, attribuendo al curatore il compito di gestire tale patrimonio al fine di evitarne il depauperamento.