lunedì 27/02/2023 • 06:00
È preferibile pagare il patto di non concorrenza in un'unica soluzione al termine del rapporto di lavoro, o periodicamente, durante lo svolgimento del rapporto? Le due soluzioni originano differenti orientamenti giurisprudenziali. Una panoramica delle decisioni dei Giudici al riguardo, con un consiglio operativo.
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Le regole del patto di non concorrenza, contenute nell'art. 2125 c.c. sono risapute. Il primo comma di tale articolo prevede che “il patto con il quale si limita lo svolgimento dell'attività del prestatore di lavoro, per il tempo successivo alla cessazione del contratto, è nullo se non risulta da atto scritto, se non è pattuito un corrispettivo a favore del prestatore di lavoro e se il vincolo non è contenuto entro determinati limiti di oggetto, di tempo e di luogo”.
Uno degli elementi che consente alla magistratura di ritenere il patto valido, quindi, è l'espressa pattuizione di un corrispettivo in favore del lavoratore. Non solo: posto che detto emolumento remunera il sacrificio (e le limitazioni) imposte al lavoratore quando è costretto reimpiegarsi altrove, cessato il rapporto di lavoro, la sua misura deve essere necessariamente proporzionata rispetto a tale sacrificio.
Pena la nullità del patto sottoscritto.
Il principio enunciato è affermato da tempo in giurisprudenza, la quale ha ritenuto che “ai sensi dell'art. 2125 c.c., il patto di non concorrenza deve prevedere, a pena di nullità, la corresponsione di un corrispettivo che deve essere - al momento della stipulazione del patto - congruo rispetto al sacrificio richiesto al lavoratore e necessariamente determinato nel suo ammontare” (per tutte, Trib. Milano, 11/09/2004).
Il contrasto giurisprudenziale, che riguarda la validità o meno del patto, nasce dall'interpretazione che i Giudici forniscono circa le modalità di pagamento del corrispettivo: un orientamento ritiene che il pagamento non possa essere effettuato in costanza di rapporto, un altro e diverso orientamento lo ritiene invece possibile.
Il contrasto di giurisprudenza
Analizzando più da vicino la questione, la problematica delle modalità di erogazione è da ricondursi ad un unico e fondamentale aspetto: la determinatezza o meno della somma indicata a titolo di corrispettivo.
La Cassazione, al riguardo, ha ritenuto che “il patto di non concorrenza, anche se stipulato contestualmente al contratto di lavoro subordinato, è pienamente autonomo, rispetto a quest'ultimo, sotto il profilo causale; di conseguenza il corrispettivo in esso stabilito, essendo diverso e distinto dalla retribuzione, deve possedere soltanto i requisiti richiesti, in via generale, per l'oggetto della prestazione dall'art. 1346 cod. civ. in relazione al successivo art. 1418 cod. civ. ed, in particolare, il requisito della determinatezza o della determinabilità” (Cass. 4 aprile 1991, n. 3507; Cass. 13 maggio 1975 n. 1846).
Il contrasto nasce laddove il lavoratore eccepisca la mancanza del requisito della determinatezza o determinabilità del corrispettivo, quale elemento del contratto, poiché la sua quantificazione è giocoforza legata ad un elemento estremamente variabile come la durata del rapporto di lavoro.
Detto altrimenti, si può ritenere determinato o determinabile un compenso che è inesorabilmente ancorato alla durata del rapporto di lavoro, per definizione indeterminata?
Secondo un primo orientamento, l'aleatorietà dell'importo complessivo del corrispettivo, connesso alla durata del rapporto di lavoro, non può determinare la nullità del patto, posto che l'art. 2125 c.c. non attribuisce alcun rilievo a tale elemento (Trib. Roma 2 ottobre 2020). Principio in passato già espresso dalla Suprema Corte, la quale aveva optato per la compatibilità della determinazione del compenso con riferimento alla durata del rapporto lavorativo: “dire che un corrispettivo è variabile in relazione alla durata del rapporto di lavoro, non significa affatto che esso non sia determinabile in base a parametri oggettivi, atteso che si ha determinabilità quando sono indicati, anche per relationem, i criteri in base ai quali si fissa la prestazione, così sottratta al mero arbitrio” (Cass. n. 12743/1999).
Secondo un diverso orientamento, invece, formatosi principalmente tra i Giudici di merito, “la previsione del pagamento di un corrispettivo del patto di non concorrenza, durante il rapporto di lavoro e senza la individuazione di un corrispettivo minimo garantito, àncora la sua determinazione ad una circostanza fattuale, quale la durata del rapporto, del tutto imprevedibile e non rispetta così il disposto dell'art. 2125 c.c. e la disciplina generale in materia di oggetto del contratto, che deve essere determinato o determinabile al momento della stipulazione del patto” (per tutte, Trib. Rieti, 17 novembre 2020, n. 210).
Tale ultimo approccio fa ritenere che l'importo del corrispettivo, pattuito senza la previsione di una somma minima garantita al lavoratore, e quindi determinato per relationem facendo riferimento esclusivamente alla durata del rapporto di lavoro, impedisce di determinare l'importo complessivo dell'indennità ex ante, ovvero al momento della stipulazione del patto.
E tale circostanza, renderebbe di fatto indeterminabile la controprestazione, quale oggetto del contratto, con conseguente nullità del patto ai sensi dell'art. 1418, c. 2, c.c.
Il contrasto è evidente, ed a prima vista sembrerebbe che i dipendenti di aziende che optano per la corresponsione del corrispettivo durante il rapporto di lavoro, siano soggetti al non prevedibile orientamento del Giudice che è stato loro assegnato.
LA SOLUZIONE
Se ci si addentra nelle motivazioni delle sentenze, tuttavia, si notano alcune costanti.
Entrambi gli orientamenti insistono sul fatto che la somma identificata quale corrispettivo del patto debba essere in qualche modo determinabile sulla scorta di parametri oggettivi.
Anche i giudici del merito aderenti al secondo orientamento, peraltro, ritengono che tale elemento possa ritenersi soddisfatto nel caso in cui sia prevista almeno una somma minima garantita disposta in favore del lavoratore, con ciò non escludendo che l'erogazione possa comunque avvenire, in tutto o in parte, anche in costanza di rapporto.
In tale contesto, ed al fine di scongiurare una declaratoria di nullità del patto di non concorrenza, il consiglio operativo è quello di indicare espressamente una somma minima garantita a titolo di corrispettivo, non legata quindi alla durata del rapporto di lavoro; dopodiché, essa potrà essere corrisposta anche nel corso del rapporto, e non necessariamente al termine dello stesso.
Conformi al primo orientamento: Cassazione civile sez. lav., 11/11/2022, n.33424; Cassazione civile sez. lav., 25/08/2021, n.23418; Tribunale Milano sez. lav., 30/07/2021, n.1868
Conformi al secondo orientamento: Trib. Milano sez. lav., 21/07/2021, n. 1806; Trib. Treviso, sez. lav., 8/2/2020, n. 67; Trib. Bergamo, sez. lav., 8/08/2019, n. 91; Trib. Modena sez. lav., 23/05/2019, n. 89; Trib. Perugia, sez. lav., 10/10/2018 n. 369.
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