lunedì 27/02/2023 • 06:00
Non lede la libertà di stabilimento la normativa nazionale che assoggetti ad un obbligo fiscale immediato una cessione di attività tra due società “consorelle” fiscalmente residenti in Stati diversi (Gallaher, C-707/20, sentenza del 16 febbraio 2023).
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Disciplina nazionale circoscritta ai gruppi societari: rientra nell'art. 63 TFUE?
Per determinare se una normativa nazionale rientri nell'una o nell'altra delle libertà fondamentali garantite dal TFUE, si dovrà prendere in esame l'oggetto della normativa (CGUE, Veronsaajien oikeudenvalvontayksikkö, C-342/20, sentenza del 7 aprile 2022). Infatti ricade nella sfera di applicazione dell'art. 49 TFUE una normativa nazionale destinata ad applicarsi esclusivamente alle partecipazioni che consentano di esercitare una sicura influenza sulle decisione di una società e di determinare le attività di quest'ultima. Per contro, eventuali disposizioni nazionali che si applichino a partecipazioni effettuate al solo scopo di realizzare un investimento finanziario, senza intenzione di influire sulla gestione e sul controllo dell'impresa, dovranno essere esaminate esclusivamente alla luce della libera circolazione dei capitali (Test Claimants in the FII Group Litigation, C-35/11, sent. 13 novembre 2012). Quando poi un provvedimento nazionale si riferisce, contemporaneamente, alla libertà di stabilimento ed a quella di circolazione dei capitali, si dovrà esaminare detto con riferimento ad una sola delle due libertà qualora si verifichi che l'una risulti assolutamente secondaria alla seconda (Glaxo Wellcome, C-182/08, sent. 17 settembre 2009). Se una legislazione nazionale riguardi solo relazioni nell'ambito di uno stesso gruppo societario, essa incide prevalentemente sulla libertà di stabilimento (Burda, C-284/06, sent. 26 giugno 2008).
Restrizioni alla libertà di stabilimento: l'art. 49 TFUE
La libertà di stabilimento (W, C-538/20, sent. 22 settembre 2022), riconosciuta ai cittadini UE dall'art. 49 TFUE, ricomprende, in forza dell'art. 54 TFUE, per le società costituite in base alle leggi di uno Stato membro e che abbiano la sede sociale:
La libertà di stabilimento mira ad assicurare il beneficio del trattamento nazionale nello Stato membro ospitante ai cittadini di altri Stati membri ed alle società contemplate dall'art. 54 TFUE e vieta, per ciò che concerne le società, qualsiasi discriminazione fondata sul luogo ove si trovi la sede (Contship Italia, C-433/21 & C-434/21, sent. 6 ottobre 2022).
La vicenda
Un gruppo di società, di dimensioni mondiali, distribuisce prodotti del tabacco in 130 paesi in tutto il mondo. La società a capo è quotata in borsa e ha la propria residenza fiscale in Giappone. Invece la compagine a capo del gruppo europeo ha la propria residenza fiscale nei Paesi Bassi ed è la società madre indiretta di una società (GL) in quanto il rapporto di partecipazione tra l'olandese e quest'ultima è creato per il tramite di altre quattro società, tutte stabilite nel Regno Unito.
Nel 2011 la GL ha ceduto ad una consorella, fiscalmente residente in Svizzera e direttamente controllata dalla olandese, diritti di proprietà intellettuale inerenti i marchi di tabacco ed attività connesse. Il compenso percepito dalla cedente era stato corrisposto dalla società svizzera che, a tal fine, aveva usufruito di prestiti intersocietari che le erano stati concessi dall'olandese per un importo corrispondente a quello del compenso. Nell'anno 2014 la GL cedeva tutto il capitale sociale, detenuto in una delle sue società figlie – una società costituita sull'Isola di Man, a quella olandese.
Da qui l'Amministrazione finanziaria inviava due avvisi di chiusura parziale relativi ad entrambe le cessioni che hanno determinato l'ammontare delle plusvalenze e degli utili imponibili realizzati dalla GL nell'ambito di tali cessioni, nei periodi contabili di riferimento. Siccome i cessionari non erano residenti fiscalmente nel Regno Unito, la plusvalenza sulle attività era stata soggetta ad un prelievo fiscale immediato e nessuna disposizione del diritto tributario UK prevedeva un differimento di tale prelievo o un pagamento rateizzato.
… il giudice di merito: quale intervento?
Nei propri ricorsi, la società GL ha sostenuto che:
Il giudice di merito ha ritenuto che ogni cessione rispondesse a validi motivi commerciali e nessuna delle cessioni faceva parte di accordi del tutto artificiosi che non riflettevano la realtà economica e che l'elusione fiscale non era l'obiettivo principale o uno di quelli di dette cessioni.
Inoltre è stato dichiarato che il diritto UE risultava violato per quanto riguardava la cessione del 2014 ma non per quella 2011: veniva così accolto il ricorso 2014 e respinto il 2011. In relazione a quest'ultimo, la Corte ha ritenuto che non vi fosse alcuna restrizione alla libertà di stabilimento della società olandese. Per quanto riguarda invece il diritto alla libera circolazione dei capitali invece è stato sottolineato come tale diritto non potesse essere invocato siccome la normativa controversa (di cui al procedimento principale) si applicava solo alle fattispecie di gruppi composti da società sotto controllo comune.
Invece per il ricorso 2014, il Tribunale ha statuito che sussistesse una restrizione alla libertà di stabilimento della società olandese e questa fosse oggettivamente assimilabile ad una società soggetta a imposta nel Regno Unito. Inoltre la mancanza di un diritto a dilazionare il pagamento dell'onere fiscale risultava sproporzionata.
Così la contribuente impugnava la decisione relativa al ricorso 2011 e l'Amministrazione quella del 2014, entrambi davanti al giudice di secondo grado (poi giudice del rinvio).
Costui sospendeva il procedimento, rilevando che se nell'ambito delle cessioni 2011 e 2014, l'assoggettamento ad un obbligo fiscale senza diritto alla dilazione del pagamento dell'imposta sia compatibile con il diritto UE, in particolare per ciò che concerne le due cessioni, con la libertà di stabilimento ex art. 49 TFUE e, in relazione alla cessione del 2011, con la liberà circolazione dei capitali di cui all'art. 63 TFUE. Inoltre il giudice si interroga sul rimedio appropriato da prevedere nel caso in cui l'assoggettamento ad un obbligo fiscale senza diritto alla dilazione del pagamento dell'imposta fosse considerato contrario al diritto UE.
La decisione della CGUE
La Corte di Giustizia ha dapprima chiarito che l'art. 63 TFUE dev'essere interpretato nel senso che una normativa nazionale, che si applica solo ai gruppi di società, non rientra nel suo ambito di applicazione.
Nel caso di specie, tale normativa riguardava il trattamento fiscale delle cessioni di attività nell'ambito di uno stesso gruppo societario. Parimenti, dalla decisione del rinvio, era emerso che le norme sui trasferimenti infragruppo si applicano solo alle cessioni effettuate all'interno di un gruppo di società, laddove la nozione di “gruppo di società” è definita dalla normativa nazionale come riferita ad una società e alle sue figlie, controllate al 75%, nonché alle società da queste ultime controllate al 75%. Inoltre tali norme risultano applicabili anche alle cessioni di attività tra una società madre e le figlie (o sub-affiliate) sulle quali essa esercita un'influenza diretta (o indiretta) sicura nonché alle cessioni di attività tra figlie (o sub-affiliate) consorelle che hanno una società madre comune la quale esercita una sicura influenza su queste ultime. In tali due casi, le norme sui trasferimenti infragruppo sembrano applicarsi per effetto della partecipazione della madre nel capitale delle figlie, consentendo a quest'ultima di esercitare una sicura influenza sulle figlie. Così una norma nazione, quale quella sui trasferimenti infragruppo, che si applica solo ai gruppi societari, rientra prevalentemente nell'ambito di applicazione dell'art. 49 TFUE che garantisce la libertà di stabilimento, senza che sia necessario esaminarla alla luce della libera circolazione dei capitali garantita dall'art. 63 TFUE.
Successivamente la CGUE ha ritenuto come l'art. 49 debba interpretarsi nel senso che una normativa nazionale che assoggetti ad un obbligo fiscale immediato una cessione di attività da parte di una società fiscalmente residente in uno Stato membro ad una società consorella fiscalmente residente in un paese terzo e che non eserciti un'attività commerciale in tale Stato membro mediante Stabile organizzazione, qualora entrambe le società siano figlie controllate al 100% da una “madre” comune avente la residenza fiscale in altro Stato UE, ciò non costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento, ai sensi dell'art. 49 TFUE, di tale società madre, in circostanze ove una siffatta cessione sarebbe effettuata in regime di neutralità fiscale se la consorella fosse anch'essa residente fiscalmente nel primo Stato o vi svolgesse un'attività mediante una stabile organizzazione.
Infine una restrizione del diritto alla libertà di stabilimento, risultante dal differente trattamento applicato tra le cessioni nazionali e transfrontaliere di attività effettuate a titolo oneroso all'interno di un gruppo di società in base ad una norma nazionale che assoggetti ad un obbligo fiscale immediato una cessione di attività effettuata da una società avente la propria residenza fiscale in uno Stato membro potrà, in linea di principio, essere giustificata dalla necessità di preservare una ripartizione equilibrata dei poteri impositivi tra gli Stati membri, senza che debba essere concessa una possibilità di dilazione del pagamento dell'imposta per garantire la proporzionalità di tale restrizione, qualora il contribuente interessato abbia ricevuto, a fronte della cessione delle attività, un compenso corrispondente al pieno valore di mercato di tali attività.
Fonte: CGUE 16 febbraio 2023 C-707/20
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