giovedì 23/02/2023 • 06:00
Il 50° anno dall'introduzione dell'IVA impone una riflessione sulle origini del tributo e sulle norme che lo regolano, non tutte in linea con il dettato comunitario. Renato Portale anticipa a QuotidianoPiù alcuni temi di cui si parlerà in “1973-2023: 50 anni di IVA”, il convegno organizzato da CNDCEC in collaborazione con Giuffrè Francis Lefebvre.
redazione Memento
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Dott. Portale, quali sono le origini dell'IVA e quali gli obiettivi fondanti di questa imposta?
L'IVA è nata in Francia nel 1954 ed è un'imposta sul consumo che colpisce le cessioni di beni e le prestazioni di servizi. Nel 1957 è stata scelta in Europa dai paesi aderenti alla Comunità come principale imposta sugli scambi in vista della creazione di un mercato unico nel rispetto della libera concorrenza e della neutralità. La nascita si ebbe l'11 aprile del 1967 con la prima direttiva dell'allora Comunità Economica Europea ed è stata introdotta in tutti gli Stati dal 1º gennaio 1973.
In Italia il recepimento è avvenuto con il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, che ha subito consistenti e rilevanti modifiche nel corso dei suoi 50 anni di vita per recepire le varie direttive che si sono succedute nel tempo.
L'imposta colpisce tutte le importazioni di beni da chiunque effettuate nonché le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nell'esercizio di imprese, arti e professioni. Essa è gestita da chi opera nell'esercizio di impresa, arti e professioni attraverso i meccanismi della rivalsa e detrazione che ne garantiscono la neutralità, fino a che il bene e il servizio non giungono al “cittadino” consumatore finale, il quale paga l'intero ammontare del tributo e resta così «inciso» dall'imposta chiudendo il ciclo della tassazione.
Parlando di IVA non si può prescindere dal fenomeno di costante evasione legato a questa imposta. Quali sono gli interventi principali predisposti dal legislatore a contrasto di questo fenomeno?
Per combattere le frodi si è partiti nel lontano 1976 con la ricevuta fiscale, passando poi alla bolla di accompagnamento che aveva il compito di “scortare” i beni viaggianti, fino ad arrivare allo scontrino fiscale con appositi registratori di cassa. Dal 2017 si è passati a più sofisticati strumenti informatici quali i misuratori fiscali e nel 2019 è stata introdotta la fattura elettronica gestita e veicolata dall'Erario. L'Italia è stato il primo ed ancora unico Paese nella Comunità ad introdurre questo fondamentale strumento informatico che la Commissione europea che si sta impegnando ad introdurre in tutti i Paesi membri con le stesse modalità di applicazione.
In Italia per contrastare l'evasione interna sono stati introdotti tanti strumenti, anche in deroga alle direttive ma con l'autorizzazione dell'Unione europea, quali il cd. reverse charge interno, l'obbligo dello split payment per determinate operazioni, lo “spesometro”, comunicazione telematica delle operazioni interne IVA , l'esterometro per rilevare tutte le transazioni con l'estero.
Dal lato dei pagamenti, dal 1° maggio 2022 è stata resa obbligatoria la Comunicazione delle singole transazioni giornaliere effettuate mediante POS e, dal successivo 30 giugno, sono state anche introdotte sanzioni per la mancata accettazione dei pagamenti con carte di credito/debito.
Guardando al futuro, dal 2024 entrerà in vigore il Regolamento UE 2022/1504 secondo cui le banche e gli altri intermediari che gestiscono i servizi di pagamento nel mercato del web dovranno raccogliere e conservare i dati relativi ai pagamenti transfrontalieri effettuati da pagatori negli Stati Membri.
Quali sono le principali criticità legate alle discrepanze tra normativa nazionale e la direttiva comunitaria?
Ad oggi, la normativa interna in materia di IVA non è, in alcuni aspetti, una fedele trasposizione della disciplina comunitaria contenuta nella Direttiva 2006/112. La normativa interna, infatti, ha mantenuto negli anni numerosi elementi di peculiarità, tali da renderla, in diverse disposizioni, disallineata rispetto alla disciplina comunitaria. Alcune delle discrepanze più rilevanti riguardano la definizione di “cessione di beni”, il presupposto “territoriale” delle operazioni, l'“esigibilità” del tributo, la “detrazione” e il “rimborso” dell'IVA.
Inoltre vanno verificate le disposizioni sulle “variazioni in diminuzione” e quelle sulle “triangolazioni interne”.
Quali saranno i prossimi passi dell'Unione Europea per uniformare la disciplina?
I passi che l'Unione Europea intende compiere nel prossimo futuro sono stati scanditi con alcune proposte di Direttive e di Regolamento, con importanti novità che dovrebbero entrare in vigore dal 2024, 2025, 2026 e 2028. In primo luogo ci sarà l'estensione della fattura elettronica in tutta Europa per le operazioni transfrontaliere, con conseguente eliminazione dei modelli Intrastat. Poi, per le locazioni di alloggi a breve termine e il trasporto dei passeggeri all'interno dell'Europa, verrà introdotto l'obbligo per le piattaforme digitali di riscuotere l'IVA del paese di utilizzo del servizio.
Inoltre, vi sarà l'attribuzione di un'unica partita IVA europea con l'eliminazione dell'obbligo di disporre di più partite nei diversi paesi dell'Unione europea. Sarà esteso il regime dello sportello unico attualmente in vigore per le vendite per corrispondenza a privati e sarà reso obbligatorio il reverse charge per tutti gli Stati membri con riferimento a ogni operazione rilevante ai fini IVA nel proprio territorio qualora il fornitore non sia ivi stabilito e il cliente ivi disponga di una partita IVA. Infine sarà eliminato l'attuale sistema del “trasferimento in conto proprio” dei beni da uno Stato membro all'altro.
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