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lunedì 20/02/2023 • 06:00

Fisco Eurostat

Il Superbonus non impatta sul debito pubblico

In attesa delle disposizioni attuative per la dilatazione del periodo di utilizzo dei crediti d’imposta e l’accesso al fondo indigenti, l’andamento degli investimenti registra una battuta d’arresto nonostante l’avvio della garanzia SACE, anche a causa delle incertezze interpretative emerse a seguito delle recenti novità di legge.

di Stefano Mazzocchetti - KPMG Tax specialist

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  • Tempo di lettura 9 min.
  • Ascolta la news 5:03

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Mentre in determinate circostanze, a partire dal 17 febbraio 2023, non è più possibile optare per lo sconto in fattura né per la cessione del credito, per i crediti d’imposta originati da comunicazioni inviate entro il 31 ottobre 2022 si resta in attesa delle disposizioni attuative per la dilatazione del periodo di utilizzo di tali crediti.

Superbonus: dilatazione del periodo di utilizzo dei crediti d'imposta e fondo indigenti

Allo stato attuale, in difetto dei relativi provvedimenti di attuazione, restano ancora inoperanti alcune delle misure introdotte dal DL 176/2022, c.d. decreto Aiuti-quater, con la conseguenza che, in taluni casi, la loro portata rischia di venir ridotta a tal punto da rendere inefficace l'intervento normativo, volto a favorire da un lato la ripresa del mercato dei crediti d'imposta e dall'altro il mantenimento del “ritmo” degli interventi di riqualificazione registrato negli ultimi anni.

In materia di Superbonus, limitatamente ai crediti d'imposta non ancora fruiti e relativi alle Comunicazioni di cessione o sconto inviate all'Agenzia delle Entrate entro il 31 ottobre 2022, invero, il legislatore ha consentito la facoltà di ripartire l'utilizzo del credito d'imposta residuo in 10 rate annuali di pari importo, in deroga alle disposizioni vigenti secondo cui i crediti d'imposta possono essere compensati in 4 o 5 anni.

Nelle ipotesi sopra descritte, dunque, previa notifica telematica a favore dell'amministrazione finanziaria da parte del fornitore o del cessionario interessato ad avvalersi della disposizione, quest'ultimo avrà la possibilità di rimodulare l'arco temporale di fruizione dei crediti d'imposta, rendendo così possibile in determinate circostanze una gestione più agile delle posizioni creditorie dallo stesso vantate.

Si attendono ancora, tuttavia, le regole operative da parte delle Entrate, che dovranno definire modalità e termini di accesso al predetto meccanismo di dilatazione; la perdurante attesa del provvedimento, si nota, ha nel mentre determinato l'esclusione da siffatta possibilità per i crediti d'imposta la cui prima rata annuale doveva essere utilizzata in compensazione nel 2022 (spese agevolabili sostenute nel 2021).

Considerate le logiche che sottendono l'attuale mercato dei crediti d'imposta, nonché l'odierno contesto macroeconomico, l'opzione introdotta dalla norma in commento, volta soprattutto ad ampliare la capacità fiscale di assorbimento dei crediti d'imposta da parte delle banche, non sembrerebbe comunque garantire una soluzione vantaggiosa alle imprese in difficoltà nel cedere i crediti d'imposta in loro possesso, stante il rischio di subire maggiori oneri di attualizzazione non preventivati in fase di liquidazione.

Analogamente, si è in attesa del provvedimento del MEF che regoli i criteri e le modalità di erogazione del contributo in favore dei soggetti meno abbienti, il cosiddetto fondo indigenti.

A seguito della riduzione al 90% dell'aliquota del Superbonus per condomìni e edifici unifamiliari, il decreto Aiuti-quater ha previsto la corresponsione di un contributo di sostegno ad appannaggio esclusivo delle persone fisiche titolari di un reddito di riferimento non superiore a 15mila euro, relativo all'anno precedente a quello di sostenimento della spesa.

Introdotto al fine di sostenere i soggetti con minori disponibilità e capacità reddituali, la misura sembrerebbe orientata ad offrire una specifica copertura finanziaria per il sostenimento della quota di spesa non ammessa in detrazione e quindi rimasta a carico dei contribuenti (pari al 10% dei costi agevolabili).

Il fondo stanziato dall'esecutivo, dal valore di 20 milioni di euro per il solo 2023, rimarrà tuttavia inefficace sino all'emanazione delle disposizioni attuative; nonostante il termine ordinatorio fissato dal decreto istitutivo per il 18 gennaio 2023, i soggetti destinatari sono attualmente costretti ad attendere il provvedimento prima di programmare l'effettuazione di interventi di ristrutturazione.

Ad ogni modo, la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale nella giornata del 16 febbraio 2023 del DL 11/2023, secondo cui ad eccezione di determinati casi non sono più consentite le opzioni alternative alla fruizione diretta delle detrazioni d’imposta da Superbonus (sconto in fattura e cessione del credito), parrebbe sterilizzare oltremodo la portata della misura di sostegno sin da prima della sua effettiva operatività.

Avviata la procedura per l'ottenimento della garanzia statale

Tra gli strumenti di sostegno introdotti dall'Aiuti-quater è stato reso da poco operativo il meccanismo di garanzia SACE, sviluppato al fine di rispondere alle esigenze di liquidità delle imprese italiane del settore edile che operano nell'ambito del cosiddetto Superbonus.

Le aziende in difficoltà finanziaria a causa della frenata del mercato dei crediti d'imposta potranno beneficiare della Garanzia SupportItalia di SACE sui finanziamenti erogati sotto qualsiasi forma, da banche, istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e dagli altri soggetti abilitati all'esercizio del credito in Italia.

Le imprese edili, contraddistinte dai codici ATECO 41 e 43, hanno dunque la possibilità di accedere a nuova finanza valorizzando i crediti d'imposta maturati prima del 25 novembre 2022, i quali concorrono espressamente a determinare il merito creditizio che le banche attribuiranno alle aziende stesse.

Seppur il modello di garanzia non consentirà alle imprese di monetizzare i crediti d'imposta c.d. incagliati, le linee di credito accordate dalle banche e garantite da SACE potranno essere utilizzate per finanziare determinate attività, tra cui i costi relativi a nuovi investimenti, il capitale circolante ed i costi del personale.

Quoziente familiare e attestazione SOA

Tra le cause della progressiva diminuzione degli investimenti agevolabili assumono rilevanza alcune disposizioni di dubbia interpretazione che, stante la loro portata, rendono ancor più incerto il contesto di riferimento nella misura in cui pongono nuovi requisiti specifici per accedere al Superbonus nel 2023.

In particolar modo, per gli interventi avviati a partire dal 1° gennaio 2023 su unità immobiliari dalle persone fisiche, ai fini della spettanza del Superbonus nella misura ridotta del 90%, l'Aiuti-quater ha introdotto un requisito reddituale basato su un parametro denominato “reddito di riferimento” che, nell'anno precedente al sostenimento delle spese, non deve superare la soglia limite di 15.000 euro.

Secondo quanto stabilito dal medesimo provvedimento normativo, il reddito di riferimento viene determinato come “quoziente familiare” in base a dei criteri prestabiliti dal nuovo comma 8-bis.1 dell'articolo 119 del decreto Rilancio; in sintesi, il reddito di riferimento del contribuente è pari al risultato della divisione del reddito complessivo familiare per un coefficiente determinato “numero di parti”, quantificato tenendo conto della composizione del nucleo familiare.

In tale ambito, risulta controversa la valorizzazione qualitativa delle categorie reddituali che concorrono alla formazione del c.d. “reddito complessivo”; ad eccezione dei soggetti che producono esclusivamente redditi da lavoro dipendente, ad esempio, i conteggi si complicano per i soggetti titolari di redditi di varia natura quali, fra gli altri, i redditi diversi derivanti dalla locazione breve di immobili assoggettati alla cedolare secca, i redditi a tassazione separata, i redditi dominicali e i redditi di natura finanziaria.

Urgono dunque documenti interpretativi che chiariscano le modalità di calcolo del reddito di riferimento ai fini di cui sopra.

Allo stesso modo, per i lavori di importo superiore a 516.000 euro, che non erano già in corso alla data del 21 maggio 2022 (a meno che tali lavori siano eseguiti sulla base di un contratto d'appalto o subappalto avente data certa anteriore alla medesima data), l'entrata in vigore dal 1° gennaio 2023 delle disposizioni che prevedono l'obbligo di affidare i lavori esclusivamente ad imprese in possesso della certificazione SOA continua a destare molteplici dubbi applicativi.

Sotto un profilo oggettivo, invero, rimane incerto l'ambito applicativo della misura in presenza di singoli contratti di appalto e/o subappalto dal valore inferiore alla soglia limite di 516.000; in un simile scenario, ci si interroga sulla possibilità di verificare il superamento o meno del predetto limite avendo esclusivo riguardo al singolo affidamento, ovvero all'ammontare complessivo dei lavori appaltati.

Oltre alle incertezze relative ai criteri di calcolo della predetta soglia limite, nell'ipotesi in cui ricorra l'obbligo della certificazione SOA, appare legittimo altresì chiedersi se rilevino o meno le disposizioni speciali previste nell'ambito degli appalti pubblici, in funzione delle quali, per ogni qualifica che le imprese possono richiedere ed ottenere, sono previste distinte categorie di certificazioni (generali e speciali), a seconda della specificità dei lavori da realizzarsi, nonché determinate classificazioni commisurate al valore delle lavorazioni (classi da I a VIII).

Considerato l'incerto coordinamento normativo, e in assenza di indicazioni ufficiali di prassi, appare indispensabile adottare un approccio cautelativo, stante il rischio di disconoscimento dell'agevolazione per l'effetto della violazione di siffatto obbligo.

L'audizione dell'Eurostat sulla classificazione dei crediti d'imposta

Indipendentemente dalla classificazione come “pagabile” o “non pagabile”, rilevante ai solo fini dell'imputazione temporale della spesa in bilancio da parte dello Stato, il Superbonus produce effetti solo in termini di deficit (cioè la differenza tra entrate e spese), non interessando dunque il livello del debito pubblico.

Questo, in sintesi, è quanto emerso nell'attesa audizione di Eurostat avanti la Commissione Finanze del Senato del 14 febbraio 2023.

Rinviando la pronuncia definitiva in merito alla natura dell'agevolazione, l'Eurostat ha chiarito che, anche laddove venissero qualificati come “pagabili”, i crediti d'imposta non impatterebbero sul versante del debito pubblico, che difatti rimarrebbe invariato a consuntivo.

Una siffatta classificazione, invero, determinerebbe esclusivamente la necessità di imputare l'intera spesa statale nell'anno in cui è riconosciuta l'agevolazione, ivi comprese le relative quote annuali future, con un conseguente aumento del deficit per il biennio 2021 e 2022 ed una riduzione dello stesso per il 2023 e il 2024, per mezzo della dovuta rettifica contabile con cui verrebbero ricollocate negli anni precedenti le quote future attualmente rinviate per competenza nei periodi successivi.

In definitiva, ove fosse confermata la natura “pagabile” dei crediti d'imposta, circostanza attualmente probabile data la trasferibilità e l'utilizzo differito degli stessi, seppur il bilancio dello Stato subirebbe un effetto negativo immediato in termini di maggior deficit per gli anni 2021 e 2022, secondo l'Eurostat, il livello del debito pubblico non verrebbe impattato. Il Governo ha, tuttavia, stabilito che, a partire dal 17 febbraio 2023, ad eccezione di determinati casi, non sono più consentite le opzioni alternative alla fruizione diretta delle detrazioni d’imposta da Superbonus (sconto in fattura e cessione del credito).

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