venerdì 10/02/2023 • 13:25
La Corte Costituzionale, con la sentenza 9 febbraio 2023 n. 14, dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale sull'obbligo vaccinale contro il COVID-19 per il personale sanitario e sulla sospensione dall'esercizio della professione in caso di inadempimento. Inoltre, non fondate le questioni relative al consenso informato prima della vaccinazione obbligatoria.
redazione Memento
Nell'ambito del contenzioso tra uno studente iscritto al corso di laurea in Infermieristica e l'Università degli studi di Palermo, viene adito il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana a pronunciarsi sulla legittimità del provvedimento che dispone che i tirocini di area medico-sanitaria possano proseguire in presenza all'interno delle strutture sanitarie solo a seguito della somministrazione del vaccino anti Covid-19. l Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, con ordinanza del 22 marzo 2022, ha sollevato le seguenti questioni di legittimità costituzionale, con riferimento alle seguenti norme: - art. 4, c. 1 e 2, DL 44/2021 conv. in L. 76/2021 (in riferimento agli artt. 3, 4, 32, 33, 34 e 97 Cost.), nella parte in cui prevede, da un lato, l'obbligo vaccinale per la prevenzione dell'infezione da COVID-19 per il personale sanitario e, dall'altro lato, per effetto dell'inadempimento dello stesso, la sospensione dall'esercizio delle professioni sanitarie; - art. 1 L. 219/2017 e art 4 DL 44/2021 conv. in L. 76/2021 (in riferimento agli artt. 3 e 21 Cost.) nella parte in cui tali disposizioni non escludono espressamente l'onere di sottoscrizione del consenso informato nei casi, rispettivamente, di trattamenti sanitari obbligatori e di vaccinazione obbligatoria. La pronuncia della Corte Costituzionale: obbligo vaccinale In riferimento all'art. 32 Cost., un trattamento sanitario obbligatorio, disposto dalla legge, è ammissibile alle seguenti condizioni: a) se il trattamento è diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri; b) se si prevede che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze «che appaiano normali e, pertanto, tollerabili»; c) se, nell'ipotesi di danno ulteriore, sia prevista comunque la corresponsione di una equa indennità in favore del danneggiato, e ciò a prescindere dalla parallela tutela risarcitoria. Da una lettura complessiva degli indicati criteri si evince che il rischio di insorgenza di un evento avverso, anche grave, non rende di per sé costituzionalmente illegittima la previsione di un obbligo vaccinale, costituendo una tale evenienza titolo per l'indennizzabilità. L' art. 32 Cost. postula il necessario contemperamento del diritto alla salute del singolo con il coesistente diritto degli altri e quindi con l'interesse della collettività. La tutela della salute implica anche il dovere dell'individuo di non ledere né porre a rischio con il proprio comportamento la salute altrui, in osservanza del principio generale che vede il diritto di ciascuno trovare un limite nel reciproco riconoscimento e nell'eguale protezione del coesistente diritto degli altri. Le simmetriche posizioni dei singoli si contemperano ulteriormente con gli interessi essenziali della comunità, che possono richiedere la sottoposizione della persona a trattamenti sanitari obbligatori. Nell'ambito di questo contemperamento tra le due declinazioni, individuale e collettiva, del diritto alla salute, l'imposizione di un trattamento sanitario obbligatorio trova giustificazione in quel principio di solidarietà che rappresenta «la base della convivenza sociale». Ciò che la Corte deve verificare, pertanto, è, se la scelta del legislatore di introdurre l'obbligo vaccinale per la prevenzione dell'infezione da COVID-19 per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario, anche alla luce della situazione pandemica esistente, sia suffragata e coerente, o meno, rispetto alle conoscenze medico-scientifiche del momento. Le autorità scientifiche attestano concordemente la sicurezza dei vaccini per la prevenzione dell'infezione da COVID-19 e la loro efficacia nella riduzione della circolazione del virus. Ed è su questi dati scientifici che si è basata la scelta politica del legislatore. Appare evidente, dunque, in coerenza con il dato medico-scientifico che attesta la piena efficacia del vaccino e l'idoneità dell'obbligo vaccinale rispetto allo scopo di ridurre la circolazione del virus, la non irragionevolezza del ricorso ad esso. Tale valutazione di non irragionevolezza e idoneità allo scopo vale con particolare riferimento agli esercenti le professioni sanitarie e operatori di interesse sanitario. Infatti, l'obbligo vaccinale per tali soggetti consente di perseguire, oltre che la tutela della salute di una delle categorie più esposte al contagio, il duplice scopo di proteggere quanti entrano con loro in contatto e di evitare l'interruzione di servizi essenziali per la collettività. Pertanto, la Corte Costituzionale dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata, in riferimento all'art. 32 Cost., dell'art. 4, c. 1 e 2, DL 44/2021 conv. in L. 76/2021 nella parte in cui prevede, da un lato, l'obbligo vaccinale per il personale sanitario e, dall'altro lato, per effetto dell'inadempimento dello stesso, la sospensione dall'esercizio delle professioni sanitarie. Consenso informato Il consenso informato, quale condizione per la liceità di qualsivoglia trattamento sanitario, trova fondamento nell'autodeterminazione, nelle scelte che riguardano la propria salute, intesa come libertà di disporre del proprio corpo, diritti fondamentali della persona (artt. 2, 13, 32 Cost.; artt. 1, 2 e 3 Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea). Secondo quanto disposto dall'art. 1 L. 219/2017, «nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge». Più precisamente, il consenso del paziente deve essere libero e consapevole, preceduto da informazioni complete, aggiornate e comprensibili relative a diagnosi, prognosi, benefici e rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati, possibili alternative e conseguenze dell'eventuale rifiuto al trattamento sanitario e dell'accertamento diagnostico o della rinuncia ai medesimi. Orbene – premessa la rilevanza della raccolta del consenso anche ai fini di un'adeguata emersione dei dati essenziali per una completa e corretta anamnesi pre-vaccinale, destinata, tra l'altro, a valutare l'eleggibilità del soggetto interessato alla vaccinazione – la natura obbligatoria del vaccino in esame non esclude la necessità di raccogliere il consenso informato, che viene meno solo nei casi espressamente previsti dalla legge. Pertanto, non sono fondate le questioni sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 21 Cost., dell'art. 1 L. 219/2017 del 2017, nella parte in cui non prevede l'espressa esclusione dalla sottoscrizione del consenso informato nelle ipotesi di trattamenti sanitari obbligatori, e dell'art. 4 DL 44/2021 conv. in L. 76/2021 nella parte in cui non esclude l'onere di sottoscrizione del consenso informato nel caso di vaccinazione obbligatoria. L'obbligatorietà del vaccino lascia comunque al singolo la possibilità di scegliere se adempiere o sottrarsi all'obbligo, assumendosi responsabilmente, in questo secondo caso, le conseguenze previste dalla legge. Qualora, invece, il singolo adempia all'obbligo vaccinale, il consenso, pur a fronte dell'obbligo, è rivolto, proprio nel rispetto dell'intangibilità della persona, ad autorizzare la materiale inoculazione del vaccino stesso. Fonte: Corte Cost. 9 febbraio 2023 n. 14
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