Presupposto e definizione di rifiuto urbano
Il presupposto della tassa sui rifiuti (c.d. TARI) è costituito dal possesso o detenzione a qualsiasi titolo di locali o di aree scoperte suscettibili di produrre rifiuti urbani. A partire dal 1° gennaio 2021, il D.Lgs. 116/2020 ha cambiato la definizione di rifiuto urbano, eliminando la categoria dei rifiuti speciali assimilati agli urbani. Per effetto di queste modifiche, hanno cessato di avere efficacia tutte le norme regolamentari che, in precedenza, gli enti locali avevano adottato per disciplinare l'assimilazione dei rifiuti.
Tali modifiche hanno avuto effetto anche sulle regole applicative di determinazione e gestione della TARI. Infatti, a partire dal 2021, la categoria dei rifiuti assimilati è stata sostituita dalla categoria dei rifiuti urbani prodotti dalle imprese, ad eccezione delle industrie.
Comunicazione di non avvalersi del servizio pubblico
L'art. 238 c. 10 D.Lgs. 152/2006 (così come modificato dall'art. 3 c. 12 D.Lgs. 116/2020) prevede la possibilità per le utenze non domestiche di conferire i propri rifiuti urbani al di fuori del servizio pubblico, previa dimostrazione di avere avviato gli stessi al recupero mediante un'attestazione rilasciata dal soggetto privato che effettua l'attività di recupero dei rifiuti. In questo caso, le utenze sono escluse da pagamento della componente tariffaria rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti. La scelta di non volersi avvalere del servizio pubblico (e, conseguentemente, di volersi affidare ad un gestore alternativo a quello del servizio pubblico) deve essere comunicata formalmente all'ente gestore del servizio rifiuti (ove costituito ed operante) ovvero al Comune di appartenenza (si veda un esempio di questa comunicazione in calce) e:
- deve riportare le tipologie e le quantità dei rifiuti urbani prodotti oggetto di avvio al recupero;
- deve essere comunicata al comune, o al gestore del servizio rifiuti in caso di tariffa corrispettiva, entro il 30 giugno di ciascun anno, con effetto a partire dal 1° gennaio dell'anno successivo;
- ha effetto per un periodo non inferiore a 5 anni.
Sulla base dei chiarimenti forniti dal Ministero della Transizione ecologica e dal MEF:
- stante la finalità della comunicazione (che è essenzialmente quella di consentire l'adeguata organizzazione operativa e finanziaria per la gestione del servizio), il termine previsto per la comunicazione in esame deve essere considerato perentorio. Pertanto, nel caso in cui la comunicazione dovesse essere inviata oltre il termine di legge, la stessa deve ritenersi inefficace (in questo caso la comunicazione ha effetto dal 2° anno successivo);
- poiché il termine entro il quale va effettuata la comunicazione è un termine posto a favore dei comuni, quest'ultimi possono deliberare in via regolamentare una scadenza più ampia rispetto a quella ordinaria;
- la comunicazione relativa all'opzione deve essere trasmessa anche solo per confermare di voler rimanere nel servizio pubblico o privato;
- il mancato invio della comunicazione comporta l'implicita conferma della volontà di avvalersi del servizio pubblico;
- è possibile optare annualmente per la scelta del regime di riferimento (in particolare, il rientro nel servizio pubblico è sempre consentito previa espressa comunicazione);
- il passaggio da un operatore privato al gestore pubblico prima del decorso dei 5 anni rappresenta una facoltà e non un obbligo in capo a quest'ultimo (art. 238 c. 10 D.Lgs. 152/2006), in quanto è subordinata alla possibilità per il gestore del servizio pubblico di riprendere l'erogazione del servizio;
- il passaggio da gestore pubblico a gestore privato (ancorché sia opportuno garantire un periodo minimo) è una libera scelta esercitabile annualmente.
Attività industriali e rifiuti
L'art. 184 c. 3 lett.c) D.Lgs. 152/2006 definisce “speciali” i rifiuti delle lavorazioni industriali, se diversi dai rifiuti urbani, per cui appare evidente che le attività industriali sono produttive sia di rifiuti urbani che di quelli speciali. Ciò comporta che:
- le superfici dove avviene la lavorazione industriale sono escluse dall'applicazione dei prelievi sui rifiuti, compresi i magazzini di materie prime, di merci e di prodotti finiti, sia con riferimento alla quota fissa che alla quota variabile;
- continuano, invece, ad applicarsi i prelievi sui rifiuti, sia per la quota fissa che variabile, relativamente alle superfici produttive di rifiuti urbani (come ad esempio, mense, uffici o locali funzionalmente connessi alle stesse);
- resta dovuta solo la quota fissa laddove l'utenza non domestica scelga di conferire i rifiuti urbani al di fuori del servizio pubblico (ciò in quanto la normativa prevede l'esclusione della sola componente tariffaria rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti, ovvero la parte variabile).
Le riduzioni
La normativa TARI prevede delle riduzioni obbligatorie ed altre che possono essere previste facoltativamente dai Comuni con proprio regolamento. In particolare, per legge, sono previste obbligatoriamente le seguenti riduzioni:
- nelle zone in cui non è effettuata la raccolta, in relazione alla distanza dal più vicino punto di raccolta rientrante nella zona perimetrata o di fatto servita: riduzione dovuta in misura non superiore al 40% della tariffa;
- in caso di mancato svolgimento del servizio di gestione dei rifiuti ovvero di effettuazione dello stesso in grave violazione della disciplina di riferimento, nonché di interruzione del servizio per motivi sindacali o per imprevedibili impedimenti organizzativi che abbiano determinato una situazione riconosciuta dall'autorità sanitaria di danno o pericolo di danno alle persone o all'ambiente: riduzione nella misura massima del 20% della tariffa;
- in caso di raccolta differenziata limitatamente alle utenze domestiche: riduzione variabile a scelta del Comune;
- per l'unità immobiliare adibita ad abitazione principale a fini IMU (perché non locata o data in comodato d'uso) posseduta dai cittadini italianai non residenti (iscritti all'Aire), già pensionati nei rispettivi Paesi di residenza, a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia: riduzione in misura ridotta di 2/3.
Sono, inoltre, previste da parte del Comune le seguenti riduzioni facoltative da disciplinare nel regolamento comunale:
- abitazioni con unico occupante;
- abitazioni tenute a disposizione per uso stagionale od altro uso limitato e discontinuo;
- locali, diversi dalle abitazioni, ed aree scoperte adibiti ad uso stagionale o ad uso non continuativo, ma ricorrente;
- abitazioni occupate da soggetti che risiedono o abbiano la dimora, per più di 6 mesi all'anno, all'estero;
- fabbricati rurali ad uso abitativo.
La giurisprudenza
Coerentemente con quanto visto ai precedenti paragrafi, la giurisprudenza più recente ha riconosciuto in diverse occasioni il principio in base al quale la tassa sui rifiuti potenzialmente dovuta deve essere ridotta ogniqualvolta, indipendentemente dalle relative motivazioni, il contribuente dovesse provvedere a gestire direttamente la raccolta dei rifiuti, non usufruendo del relativo servizio di smaltimento. In tal senso, in tema di TARI sono stati affermati i seguenti principi:
- la riduzione tecnica tariffaria prevista, fino al 40% spetta per il solo fatto che il servizio di raccolta di rifiuti, pur debitamente istituito e attivato nel perimetro comunale, non venga poi concretamente svolto in una determinata zona municipale, purché abbia una significativa estensione per cui sia ragionevole configurare un omesso servizio tanto da richiedere interventi sostitutivi (Cass. civ. Sez. VI n. 14907/2020; 09109/2020; 17334/2020 e CTP Napoli 4 febbraio 2021 n. 1142);
- il mancato svolgimento del servizio di raccolta da parte del Comune non giustifica l'esenzione, ma solo la riduzione dell'importo del tributo, nella predetta aliquota del 40% dell'importo totale (Corte di Cassazione 6 luglio 2022 n. 21335; Cass. n. 17334/2020; Cass. 11.05.2018 n. 11451 e 10.10.2018 n. 26918. A conferma della riduzione tariffaria al 40% si veda anche la CTR della Campania 31 marzo 2022 n. 3036);
- la riduzione tariffaria non opera quale risarcimento del danno da mancata raccolta dei rifiuti né quale sanzione per l'amministrazione comunale inadempiente, bensì al diverso fine di ripristinare un tendenziale equilibrio impositivo tra l'ammontare della tassa comunque pretendibile ed i costi generali del servizio nell'area municipale, ancorché significativamente alterato (Cass. n. 22531/2017 e n. 9109/2020).
In questo contesto, nella recente ordinanza 2374/2023, seppur con riferimento ad un contenzioso avente ad oggetto, in materia di smaltimento dei rifiuti, la previgente imposta “TARSU” (ma i cui principi si ritiene siano applicabili anche ai fini della vigente TARI), la Corte di Cassazione ha ribadito che la riduzione di imposizione sui rifiuti:
- è obbligatoria se il servizio pubblico è istituito ma, di fatto, non erogato;
- è applicabile anche senza dover provare l'imputabilità del disservizio al Comune (infatti, secondo la Suprema Corte la riduzione è applicabile per effetto della mancata erogazione del servizio, purché lo scostamento comporti i caratteri di gravità e perdurante non fruibilità. Il principio in esame è applicabile anche nell'attuale disciplina che riconosce – come visto al precedente paragrafo 3 – il diritto alla riduzione della tariffa nelle zone in cui non viene effettuata la raccolta).
Fonte: Cass. 25 gennaio 2023 n. 2374