La Cassazione, con la pronuncia n. 3784 dell'8 febbraio 2023, ha rimesso al primo presidente, per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, un intervento nomofilattico chiarificatore sulla nozione di credito inesistente e credito non spettante ai fini dell'applicabilità del termine di 8 anni per l'atto di recupero.
Si ricorda che, nel caso di utilizzo di un'eccedenza o di un credito d'imposta esistenti in misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti, si applica, salva l'applicazione di disposizioni speciali, la sanzione pari al 30% del credito utilizzato (art. 13 c. 4 D.Lgs. 471/97– credito non spettante); mentre nel caso di utilizzo in compensazione di crediti inesistenti per il pagamento delle somme dovute è applicata la sanzione dal 100% al 200% della misura dei crediti stessi (art. 13 c. 5 D.Lgs. 471/97). Ai fini dei termini per l'accertamento, l'atto di recupero emesso a seguito del controllo degli importi a credito indicati nei modelli di pagamento unificato per la riscossione di crediti inesistenti utilizzati in compensazione deve essere notificato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell'ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo (art. 27 c. 16 DL 185/2008).
L'orientamento tradizionale non distingue tra credito non spettante e credito inesistente o, meglio, ritiene tale distinzione priva di senso sia pure ai fini dell'applicazione del più lungo termine concesso all'Amministrazione per l'emissione dell'atto di recupero (Cass. 21 aprile 2017 n. 10112, Cass. 2 agosto 2017 n. 19237, Cass. 16 luglio 2020 n. 24093, Cass. 13 gennaio 2021 n. 354).
La Sezione tributaria ha espressamente superato l'orientamento precedente, ritenendo che in tema di compensazione di crediti fiscali da parte del contribuente l'applicazione del termine di decadenza di 8 anni presuppone l'utilizzo non già di un mero credito non spettante, bensì di un credito inesistente. Quest'ultimo è il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo cioè il credito non è reale e tale mancanza non si può evincere dai controlli automatizzati o formali sugli elementi dichiarati dal contribuente stesso (Cass. 16 novembre 2021 n. 34443, n. 34444 e n. 34445).
Secondo la Terza Sezione Penale della Corte di cassazione, la diversità delle due ipotesi (non spettante; inesistente) incide anche sul piano dell'elemento soggettivo (Cass. pen. 3 marzo 2022 n. 7615).
Nel caso di specie, l'Agenzia delle Entrate intende recuperare dei crediti d'imposta dalla società ALFA che ha realizzato investimenti agevolati in aree svantaggiate nel 2007, 2008 e 2009. Il Centro operativo di Pescara aveva concesso i relativi crediti di imposta, tutti utilizzabili a partire dal 2014 e seguenti, ma la società ha proceduto a una prima compensazione già nel 2010 e a una seconda nel 2014. La società ha impugnato l'atto dell'Agenzia, ma il ricorso è stato rigettato dalla CTR Calabria. Secondo quest'ultima, in particolare, non è configurabile la tesi della società secondo cui si deve applicare la sanzione per credito non spettante, poiché per la seconda compensazione del 2014 si configura un'ipotesi di credito inesistente. Contro la CTR la società ha avviato un ricorso e l'AE ha resistito con controricorso. La Cassazione ha rimesso la questione al primo presidente, auspicando l'intervento chiarificatore delle SU.
Fonte: Cass. 8 febbraio 2023 n. 3784