Lease back indiretto, plusvalenze derivanti dalla cessione dei beni alla controllante
L'operazione oggetto del quesito è rappresentata da un'operazione descritta dall'istante come ''lease back'' su beni strumentali (beni mobili ''nuovi di fabbrica''), definita, in particolare, come ''lease back indiretto'' per l'intervento della controllante che svolge un ''servizio di intermediazione'' a favore della società controllata utilizzatrice (l'istante), la quale sostiene i costi relativi ai canoni di leasing. Il quesito verte, in particolare, sul trattamento delle plusvalenze che emergono dalla prima cessione dei beni alla controllante, considerato che, nel caso prospettato, le cessioni sono due, in luogo di una sola cessione iniziale, come si verifica normalmente nel lease back, al termine della cui durata contrattuale avviene la retrocessione. La società, dal punto di vista contabile, nell'ambito delle predette operazioni, ritiene corretto iscrivere, alla stregua delle operazioni di lease back ''ordinario'', le eventuali plusvalenze derivanti dalla cessione dei macchinari alla controllante tra i risconti passivi, imputandole a conto economico in base alla durata del contratto di locazione finanziaria.
Tramite interpello, la società chiede di sapere se il proprio comportamento contabile sia da ritenere conforme al codice civile e ai principi OIC e, di conseguenza, per effetto del cosiddetto principio di derivazione rafforzata, anche ai fini della determinazione della base imponibile ai fini IRES (nonché IRAP).
Come evidenziato dalle Entrate, in applicazione del principio di derivazione rafforzata sancito dall'art. 83 TUIR, il trattamento fiscale della fattispecie, in termini di qualificazioni, classificazioni e imputazioni temporali, discende dalla corretta contabilizzazione dell'operazione di lease back con doppia cessione iniziale del bene concesso in locazione finanziaria.
Nell'operazione descritta la società istante risulta essere sia l'utilizzatore del bene che il fornitore, anche se indiretto del bene, in quanto, in sostanza, la controllante assume il ruolo di mero intermediario dell'operazione. Ciò premesso, per il Fisco, è compatibile con la disciplina civilistica e i principi contabili di riferimento la ricostruzione dell'operazione in analogia ad un contratto di lease back.
In relazione all'operazione, infatti, è rilevante il punto 17 della sezione motivazioni dell'OIC 11, laddove, sul principio di rappresentazione sostanziale, precisa che ''la finalità è anche quella di non avere rappresentazioni contabili disomogenee in presenza di transazioni economicamente omogenee. Infatti, se per ottenere una determinata posizione finanziaria o economica sono necessari una serie di contratti, oppure uno solo, ciò non può fare la differenza in termini di rappresentazione del bilancio.'' Il comportamento contabile illustrato dalla società è, dunque, a parere del Fisco compatibile con la disciplina dettata dal codice civile e coerente con i principi OIC. Di conseguenza, per effetto del cosiddetto principio di derivazione rafforzata, detto comportamento è rilevante anche ai fini della determinazione della base imponibile dell'IRES e dell'IRAP.
Cessione di un bene a una società di leasing con retrocessione in locazione finanziaria al cedente–utilizzatore
Nel caso di specie, la Società formula un quesito in ordine al trattamento IVA della specifica operazione oggetto di un contratto rubricato ''Contratto di locazione finanziaria (lease back)'' e chiede se, a seguito della sentenza della Corte di Giustizia del 27 marzo 2019, causa C201/18 e della sentenza della Corte di Cassazione del 27 aprile 2021 n. 11023, la fattispecie in esso disciplinata si qualifichi, ai fini IVA, come cessione di beni imponibile ai sensi dell'art. 2 DPR 633/72 oppure come operazione finanziaria esente ai sensi del successivo art. 10 DPR 633/72.
Il Fisco ritiene che il quesito possa essere risolto alla luce dei ''principi di natura interpretativa'' forniti con la Ris. AE 3 febbraio 2023, n. 3/E, la quale, tra il resto, precisa che, delineati dall'Amministrazione i criteri interpretativi, la valutazione circa il ricorrere dei presupposti nel caso concreto e personale, da operarsi attraverso la disamina delle specifiche previsioni contrattuali poste in essere dalle parti nell'esercizio della propria autonomia contrattuale, spetta al contribuente, in quanto la stessa disamina esula dalle attività esperibili in sede di interpello ex art. 11 L. 212/2000.
Fonte: Risp. AE 7 febbraio 2023 n. 198;
Risp. AE 7 febbraio 2023 n. 206