Nel terzo anniversario della Brexit, molti degli annunci del Governo britannico non si sono ancora realizzati concretamente, tra cui il rafforzamento degli accordi di libero scambio con Paesi extra-UE e, in particolare, quello con gli Stati Uniti. L'economia UK sta registrando una fase di forte recessione e, secondo un sondaggio, almeno il 56% dei britannici afferma che la Brexit ha contribuito alla crisi economica del Regno Unito. Tra gli inglesi dilaga il c.d. Bregret, il sentimento di rimorso per aver votato Brexit.
La situazione economica dopo la Brexit
A tre anni dall'uscita del Regno Unito dall'Unione europea, più della metà dei britannici afferma che la Brexit ha avuto un impatto negativo sull'economia del Regno Unito. È quanto emerge da un sondaggio pubblicato il 29 dicembre 2022 e anche secondo una survey della Camera di Commercio britannica, più della metà delle aziende che hanno in esecuzione contratti con l'Unione europea ha dichiarato di avere difficoltà nell'esportare i propri prodotti. I sondaggi riportano che in quasi tutte le circoscrizioni (647 su 650) dilaga un sentimento di rimorso per aver votato Brexit (c.d. Bregret).
L' Office for budget responsibility , organismo indipendente di analisi sostenuto dal Tesoro britannico, ha ribadito che, a seguito della Brexit gli scambi commerciali del Regno Unito hanno registrato risultati negativi. In particolare, nel lungo periodo, sia le importazioni che le esportazioni saranno inferiori a circa il 15% rispetto al numero di operazioni che il Regno Unito avrebbe potuto realizzare se fosse rimasto nell'Unione europea. Tali dati sono confermati anche dall'andamento dell'economia reale, dato che le esportazioni dal Regno Unito verso l'Unione europea risultano, alla fine del 2022, scese del -16%.
Secondo l'Office for budget responsibility, inoltre, l'Accordo di libero scambio concluso tra UE e UK (Trade and Cooperation Agreement), ridurrà la produttività a lungo termine del 4% rispetto alla permanenza nell'UE. Secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale, nel 2023, il Regno Unito sarà il Paese che crescerà meno nel G20, inclusa la Russia, e l'unico con segno negativo nel G7 (-0,6%).
In questo contesto, occorre rilevare che i nuovi accordi commerciali sottoscritti dal Governo UK con i Paesi extraeuropei non hanno portato vantaggi concreti, in quanto si limitano a replicare gli Accordi di cui il Regno Unito poteva già beneficiare, in quanto Stato membro UE.
Situazione che risulta essere peggiorata anche per i porti che, nel periodo successivo alla Brexit, hanno toccato record negativi. Si tratta di una constatazione di grave preoccupazione, in quanto i porti britannici contribuiscono con circa 10 miliardi di euro netti all'anno all'economia del Paese e oltre 120 mila posti di lavoro. L'UK Major Ports Group aveva individuato come una delle cause del declino portuale proprio la Brexit, che ha introdotto nuovi controlli e tasse doganali.
Ancora recentemente, è stato constatato che l'uscita dall'UE ha aggravato la carenza di manodopera, eliminando dal mercato del lavoro centinaia di migliaia di cittadini europei. A questo proposito, Confindustria britannica ha chiesto al Tesoro di intervenire per aiutare imprese e famiglie.
Controlli e adempimenti doganali
Una delle conseguenze più significative della Brexit è stata l'introduzione dei controlli doganali alle frontiere. L'Unione europea ha gestito le operazioni con UK come normali operazioni internazionali già dal 1° gennaio 2021.
Il Regno Unito ha deciso invece di sospendere i controlli e la fiscalità doganale per tutto il 2021, rinviando di un anno gli effetti della Brexit. Dal 2022 anche alla frontiera UK sono entrati in vigore i controlli doganali, sanitari e fitosanitari. È pertanto obbligatorio fornire immediatamente tutta la documentazione doganale e presentare una dichiarazione doganale completa per le importazioni in UK. Le merci introdotte nel Regno Unito possono essere soggette, inoltre, a controlli sanitari e fitosanitari. È previsto, per esempio, l'obbligo di pre-notifica per le importazioni di prodotti agroalimentari. Per quanto concerne i certificati sanitari di esportazione, l'operatore deve presentare in Dogana la documentazione sanitaria richiesta. Inoltre, sono previsti certificati fitosanitari e la realizzazione di controlli fisici alla frontiera inglese su prodotti biologici, piante e prodotti di origine vegetale.
Irlanda del Nord: i rapporti con UE e UK
Nonostante la Brexit, gli scambi commerciali tra l'Unione europea e l'Irlanda del Nord continuano ad essere disciplinati dalla normativa propria degli scambi intra-UE. Ciò è stato disposto dal “Protocollo su Irlanda e Irlanda del Nord” contenuto nell'Accordo di recesso del 31 gennaio 2020 (G.U. 31 gennaio 2020, n. 29/7) e in vigore dal 1° gennaio 2021 (art. 185 dell'Accordo di recesso). L'Irlanda del Nord è pertanto soggetta a un regime ibrido.
I rapporti commerciali con l'Unione europea sono considerati, infatti, operazioni intra-UE e, di conseguenza, non sono necessari adempimenti doganali alla frontiera europea, gli operatori non devono presentare una dichiarazione doganale, né devono assolvere eventuali dazi per oltrepassare il confine con l'Irlanda del Nord.
Negli scambi con la Gran Bretagna, l'Accordo di recesso fa invece riferimento a operazioni di import ed export: le merci GB che entrano nel territorio nordirlandese devono essere accompagnate da una dichiarazione doganale di importazione e, ugualmente, per quanto concerne la vendita di prodotti provenienti dall'Irlanda del Nord verso altri territori della Gran Bretagna, gli operatori devono realizzare tutti gli adempimenti doganali. Di conseguenza, nell'ambito degli scambi tra UK e Irlanda del Nord i prodotti possono essere soggetti a controlli sanitari e fitosanitari.
La questione sull'Irlanda del Nord non si è però conclusa. A giugno 2022, il governo inglese ha presentato, infatti, un disegno di legge che avrebbe potuto conferire a UK il potere di modificare unilateralmente alcune previsioni del Protocollo sull'Irlanda (Northern Ireland Protocol Bill). La Commissione europea ha pertanto avviato diverse procedure di infrazione nei confronti del Regno Unito.
Il marchio UKCA
L'uscita del Regno Unito dall'Unione europea ha introdotto importanti cambiamenti per gli operatori, anche dal punto di vista della marcatura di conformità per i prodotti destinati al mercato inglese. La marcatura UKCA attesta che i beni sono stati realizzati rispettando gli standard di sicurezza e di conformità previsti dal Regno Unito. È stato rinviato al 2025 l'obbligo di utilizzare il marchio UKCA, di conseguenza le aziende europee potranno realizzare le esportazioni utilizzando il marchio CE. I beni potranno comunque indicare sia la marcatura UKCA sia quella CE, se risultano conformi ad entrambe le normative.