Le sperequazioni sono innegabili ma l'aspetto più grave sono le polemiche tra redditi tutto sommato “di lavoro”. In controluce si conferma infatti la mancata spiegazione giuridico sociale della produzione seriale di beni e servizi, da cui dipende la società moderna in generale e la determinazione documentale delle imposte in particolare. Il vero danneggiato da queste polemiche sono infatti le organizzazioni pluripersonali d'impresa, cui sono legati sia la prosperità economica sia lo stesso gettito tributario.
Convenienza della flat tax rispetto al lavoro dipendente e agli operatori economici in regime ordinario
Anche il regime sostitutivo delle piccole attività commerciali e di servizi dimostra la sopravvalutazione, nel dibattito pubblico, degli strumenti legislativi a disposizione del Governo. Quest'ultimo si è sentito in dovere di usare la legislazione per ribadire alcune narrazioni dell'evasione materiale di massa come quella secondo cui essa dipenderebbe dalle aliquote troppo elevate e dagli eccessivi adempimenti.
E' una visione contrapposta a quella secondo cui l'evasione viene spiegata con un razzismo sociale verso queste categorie di operatori economici, come se essi fossero disonesti per tendenza, secondo una linea di pensiero riflessa dagli spot dell'Agenzia delle entrate visibili digitando in rete le parole “evasori fiscali parassiti della società”.
Queste diverse spiegazioni dell'evasione materiale di massa generano polemiche politicamente strumentalizzate e mediaticamente alimentate. Ne derivano lacerazioni sociali che indeboliscono la portata perequativa dell'intervento degli uffici tributari, indirizzandolo dove non serve, cioè sulla reinterpretazione di vicende dichiarate o palesi.
Per capire la flat tax bisogna ricollegarsi a un'idea di “lotta all'evasione” che ha preso il posto di una serena e sistematica stima dei presupposti d'imposta non determinabili in modo documentale; non c'è infatti nessuno contro cui “lottare”, ma si tratta solo di far pagare un ammontare ragionevole di imposte su presupposti economici (consumi, redditi, ecc.) che sfuggono alla determinazione documentale tramite sostituti d'imposta e altre organizzazioni amministrative.
I numeri dicono chiaramente che già in termini di Irpef la flat tax comporta un notevole risparmio d'imposta per i lavoratori autonomi rispetto ai dipendenti.
L'imposta sostitutiva comporta anche un effetto distorsivo sul mercato del lavoro, contribuendo al già diffuso inquadramento come autonomi (c.d. a partita IVA) di collaboratori sostanzialmente dipendenti. Questo inquadramento è tanto più conveniente nella misura in cui il valore aggiunto è elevato per la scarsa rilevanza dei costi di produzione, come nelle attività di servizi.
La convenienza della flat tax aumenta se si considera l'IVA. Se infatti l'autonomo opera al dettaglio, con enti pubblici o con soggetti che comunque non recuperano l'IVA, sparisce il cuneo fiscale rappresentato da quest'ultima, e il fornitore diventa più conveniente del 22% rispetto ad altri che applicano l'imposta.
L'IVA infatti aumenta il costo del cliente senza essere un ricavo per il fornitore e la sua eliminazione rende competitivi i professionisti e gli artigiani in flat tax rispetto a chi applica il tributo. Questo accade anche per le forniture b2b a banche, assicurazioni, cliniche ed altri clienti non abilitati alla detrazione IVA a causa dell'effettuazione prevalente di operazioni esenti da tributo. Al consumo finale, poi, per meccanici, elettricisti, prestatori di servizi alla persona, pubblici esercizi e ristoratori, ogni euro pagato dai clienti diventa tutto ricavo per il fornitore, con un risparmio netto pari all'aliquota di IVA applicabile.
Ricollegandoci alle abituali lamentele secondo cui ogni 100 euro di incassi il carico fiscale è pari al 77% dato dalla somma tra l'IVA del 22%, l'Irpef del 35% e i contributi di circa il 20%, esso si riduce al 35%. Quest'ultimo ha consistenza soprattutto previdenziale, da confrontare non col salario lordo dei dipendenti, ma col costo del lavoro, comprensivo dei contributi a carico del datore di lavoro.
Nelle relative polemiche, gli autonomi spesso fanno valere un'ipotetica maggiore penosità del loro lavoro rispetto a quello dei dipendenti. Non sono però argomenti generalizzabili, in quanto il rapporto tra impegno quali-quantitativo e reddito varia a seconda del tipo di lavoro e del valore aggiunto creato.
Per alcuni lavoratori autonomi la remunerazione è molto alta rispetto al tempo lavorato e all'impegno profuso, mentre per alcuni dipendenti, come gli addetti alle vendite al pubblico o alla catena di montaggio, la remunerazione oraria è molto inferiore. La difficoltà di calcolare l'impegno quali-quantitativo necessario alla produzione di un reddito di pari importo (c.d. valore fiscale del tempo libero) è uno dei principali ostacoli alla perequazione di trattamento impositivo del reddito di lavoro.
Mentre infatti i redditi da patrimonio, immobiliare o finanziario, sono comunque paragonabili, il reddito da lavoro andrebbe valutato alla luce dell'impegno necessario a produrlo, difficilmente comparabile (è una delle ragioni per affiancare alle imposte sul reddito di lavoro quelle sul reddito di fonte patrimoniale, sul patrimonio e sui consumi, riducendo per lo meno l'ammontare del problema).
Flat tax come porto sicuro per l'evasione in senso materiale
Ai vantaggi della flat tax sui ricavi registrati e dichiarati, come sopra indicato, se ne aggiungono altri connessi alla visibilità tributaria della relativa attività. All'esclusione da IVA si accompagna infatti quella da scritture contabili e da ritenuta d'acconto. In questa categoria rientra, per opzione, un numero sempre maggiore di soggetti, consapevoli dell'esiguità di personale dell'agenzia e della sua dislocazione preferenziale sul regime giuridico dei presupposti economici d'imposta dichiarati, anziché sulla stima di quelli non dichiarati. Inoltre, com'è noto, i pochi addetti ai controlli delle piccole aziende sono ubicati nei capoluoghi di provincia, anziché distribuiti sul territorio della medesima. Insomma ce n'è abbastanza per affiancare, ai vantaggi sopra indicati, anche una minore visibilità fiscale, nonché l'aspettativa di una minore attenzione. Su questi presupposti è verosimile che si inseriranno nel regime della flat tax operatori con fasce di ricavi reali superiori ai limiti di 85.000 euro annui, ma dove gli 85.000 euro saranno esteriormente compatibili con le caratteristiche della relativa attività. Il tutto confidando nell'enorme sproporzione tra numero di contribuenti interessati e possibili controlli. Pian piano, infatti, dopo anni di effetti-annuncio e l'abolizione degli studi di settore la sopravvalutazione delle capacità d'intervento degli uffici tributari tende a diminuire, anche da parte degli operatori economici in sede fissa.
Un'ulteriore spinta alla frammentazione dell'economia
Al di là degli inconvenienti indicati sopra, la flat tax conferma una profonda arretratezza culturale sulla produzione di serie nelle aziende pluripersonali come fattore di benessere sociale e anche affidabilità della determinazione documentale dei presupposti economici d'imposta. Anche la flat tax trasmette il messaggio che piccolo è bello e le polemiche su di essa creano tensioni sociali che si scaricano sulle grandi aziende pluripersonali. Queste ultime sono utilizzate come capro espiatorio, attraverso il comodo diversivo politico-sociale dei c.d. grandi evasori.
È un concetto politicamente trasversale, cui ha fatto riferimento anche il Presidente del Consiglio nel proprio discorso di insediamento, e che spazia dall'estrema destra all'estrema sinistra. Viene un pò di avvilimento davanti alla lentezza con cui si fanno strada, nel dibattito sociale palese, concetti di cui avverto chiaramente la diffusione, a microfoni spenti, nelle mie frequenti partecipazioni alla discussione pubblica. Al di là del fatto che le organizzazioni aziendali non votano, mentre gli artigiani si, il problema è proprio che le organizzazioni aziendali non sono comprese dalla pubblica opinione, anche quella che ci lavora, compresi i loro titolari.
Non si comprende ancora a sufficienza quanto sto cercando di spiegare socialmente da quasi vent'anni sulla determinazione documentale dei consumi e dei redditi tramite la documentazione aziendale (c.d. tassazione attraverso le aziende). A parte le narrazioni autoreferenziali delle accademie coinvolte, a questa consapevolezza si oppongono due diverse narrazioni politiche ispirate dal consenso; si tratta, da sinistra, della “lotta all'evasione”, naturalmente non fatta, sia perché molto complicata sia perché elettoralmente perdente. Essa enuncia tuttavia come programma il suddetto razzismo sociale verso gli autonomi. Sono quindi normali, da destra, reazioni come la flat tax a questa criminalizzazione. L'effetto è la disaggregazione aziendale, la moltiplicazione delle partite IVA, lo scioglimento degli studi professionali associati e delle società di persone, in modo da fruire dei vantaggi tributari suddetti, e della minore esposizione ai controlli.
È un passaggio ulteriore verso un paese fatto da lavoratori dipendenti, dove ormai quelli pubblici tendono ad avere una retribuzione media maggiore di quelli privati, di pensionati e sussidiati nonché di operatori economici individuali con pochi dipendenti. Anche le grandi aziende private, benché relativamente numerose, sono molto più piccole di quelle estere, proprio per mantenere una catena di comando corta, che consenta ai titolari la supervisione, senza soci di minoranza. Anche la flat tax è un tassello di questa disaggregazione economica. E dalla disaggregazione alla disgregazione la distanza non è molta, è solo questione di tempo.