La Corte di Cassazione si è pronunciata, con la Cass. 19 gennaio 2023 n. 1581, in materia di TFR, in particolare in relazione a quali elementi debbano essere ricompresi all’interno della base di calcolo.
In relazione a ciò, i giudici, affrontando la contestazione del licenziamento di un dirigente, affermano che l’indennità sostitutiva del preavviso di licenziamento è esclusa dalla base di calcolo del TFR.
È inoltre esclusa dal computo di mensilità aggiuntive e ferie: nel periodo di mancato preavviso, il lavoratore non ha, infatti, prestato servizio.
Ma quali passaggi ha seguito la Corte per arrivare a tale conclusione? Ripercorriamoli insieme.
Il caso di specie
La decisione prende il via dal caso di licenziamento di un dirigente da parte della banca per la quale lavorava, a seguito di soppressione della posizione di responsabile commerciale dallo stesso ricoperta in distacco presso una società controllata.
Al dirigente viene corrisposta l’indennità sostitutiva del preavviso per un periodo di 4 mesi e, contestualmente, lo stesso rimane assente per malattia.
Il dirigente pertanto, oltre a richiedere l’accertamento dell’illegittimità del licenziamento, ha chiesto la condanna della banca alla corresponsione di somme a titolo:
di trattamento di malattia comprensivo del rateo di tredicesima;
di integrazione dell'indennità sostitutiva del preavviso;
di indennità supplementare;
di integrazione del TFR;
di versamento al Fondo Pensione del Gruppo per i contributi.
In parziale riforma della sentenza di primo grado, la Corte di Appello ha dichiarato la legittimità del licenziamento e respinto la richiesta di pagamento delle somme a titolo di trattamento di malattia, in quanto non provata, con condanna della banca al versamento delle somme richieste, invece, a titolo di indennità sostitutiva del preavviso e di integrazione del TFR.
Inoltre, ha riconosciuto l’obbligo di versare una somma al Fondo Pensione del Gruppo per contributi.
Sia il lavoratore che la banca hanno proposto ricorso in Cassazione.
La decisione della Corte
Tra i vari motivi di ricorso proposti dalla banca, ritroviamo proprio la contestazione che ha reso possibile la formulazione del principio di diritto espresso dalla Cassazione in tema di TFR.
Per la tesi prospettata, accolta dalla Corte, l'indennità sostitutiva del preavviso non rientrerebbe nella base di calcolo del TFR atteso che non è un trattamento economico avente carattere continuativo, ma si tratta piuttosto di un emolumento di carattere eccezionale.
L'indennità di mancato preavviso non rientra nella base di computo del TFR poiché essa non è dipendente dal rapporto di lavoro essendo, invece, riferibile ad un periodo non lavorato, una volta avvenuta la cessazione del rapporto.
La natura obbligatoria del preavviso comporta la risoluzione immediata del rapporto, con l'unico obbligo della parte recedente di corrispondere l'indennità sostitutiva e senza che da tale momento possano avere influenza eventuali avvenimenti sopravvenuti, a meno che la parte recedente acconsenta, avendone interesse, alla continuazione del rapporto lavorativo, protraendone l'efficacia sino al termine del periodo di preavviso.
Di conseguenza, il periodo di mancato preavviso deve essere escluso dal computo delle mensilità aggiuntive, delle ferie e del TFR: mancando l'effettivo servizio, il lavoratore ha diritto esclusivamente all’indennità sostitutiva del preavviso ma non anche al suo calcolo per quel che qui interessa nel TFR.
La Cassazione, inoltre, rigetta integralmente le richieste del dirigente, il quale contestava il mancato riconoscimento sia dell’illegittimità del licenziamento, sia della sospensione del preavviso per insorgenza della malattia, in quanto:
effettivamente era venuta meno la posizione ricoperta;
non è previsto in caso di licenziamento del dirigente l’obbligo di repêchage;
l'apprezzamento espresso dal giudice di merito sui certificati medici prodotti costituisce una valutazione di fatto che esula dalla competenza della Cassazione.
Fonte: Cass. 19 gennaio 2023 n. 1581