martedì 17/01/2023 • 06:00
La Cassazione ha ritenuto che si presume superata la prova apposta al contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato per fatti concludenti, se l'ex-dipendente viene assunto nelle medesime mansioni già svolte in precedenza, ma in virtù di contratto di lavoro somministrato presso lo stesso datore di lavoro.
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Il patto di prova di cui all'articolo 2096 c.c. è una clausola che le parti possono liberamente prevedere nel contratto di lavoro – o in separato accordo prima dell'inizio dell'esecuzione della prestazione – mediante il quale le parti subordinano l'assunzione definitiva all'esito positivo di suddetto periodo. La funzione è quindi verificare il reciproco interesse a proseguire il rapporto di lavoro: più precisamente il datore accerta le capacità professionali del lavoratore, mentre il lavoratore valuta la sua convenzione all'occupazione in azienda. Certo è che la prassi non rispetta questa bilateralità, accade infatti che la clausola del patto di prova è unilateralmente imposta dal datore di lavoro.
Il patto di prova costituisce un elemento accidentale del contratto di lavoro e presenta elementi caratteristici sia del termine che della condizione. La giurisprudenza di merito ha recentemente approfondito che “Nel caso di contratto cui acceda un patto di prova, il datore di lavoro deve dimostrare l'esistenza di uno specifico motivo di rivalutazione delle caratteristiche del lavoratore che lo abbiano indotto a chiedere un ulteriore secondo periodo di prova, all'esito del quale il
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