martedì 17/01/2023 • 06:00
Il decreto Milleproroghe ripropone anche per il 2023 la sospensione degli ammortamenti delle immobilizzazioni materiali e immateriali. Confermati limiti e condizioni che legittimano la non iscrizione degli ammortamenti nel bilancio 2023.
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L'art. 3 c. 8 DL 198/2022 (c.d. decreto Milleproroghe) interviene sul testo dell'art. 60 c. 7-bis DL 104/2020, concedendo, per la quarta volta consecutiva, ai soggetti che non adottano i principi contabili internazionali, la possibilità di non effettuare, anche all'esercizio in corso al 31 dicembre 2023, fino al 100% degli ammortamenti annui sul costo delle immobilizzazioni materiali e immateriali e quindi di mantenere il loro valore di iscrizione così come risultante dall'ultimo bilancio annuale regolarmente approvato. La norma interviene in espressa deroga ai principi disposti dall'art. 2426 c. 1 numero 2 c.c. che impongono la rilevazione, in ogni esercizio, degli ammortamenti calcolati sulle immobilizzazioni materiali e immateriali e che richiedono, in caso di modifiche dei criteri di ammortamento e dei coefficienti applicati, l'inserimento in nota integrativa di un'adeguata motivazione.
Si tratta di una deroga legale ai suddetti principi motivata, originariamente, dalla volontà di sostenere i conti economici delle società in difficoltà a causa degli effetti negativi della pandemia consentendo loro di non iscrivervi un componente negativo. Infatti, fino al 28 marzo 2022, l'art. 60 c. 7-bis DL 104/2020, prevedeva che l'estensione dell'agevolazione al 2021 restasse condizionata all'evoluzione della situazione economica conseguente alla pandemia di SARS-CoV-2. Tale frase è stata però definitivamente soppressa dall'art. 5-bis DL 4/2022 con cui il Legislatore ha, contestualmente, esteso la sospensione degli ammortamenti al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2022.
L'eccezionalità della deroga che, in origine, era limitata al solo esercizio in corso al 31 dicembre 2020, ha richiesto comunque il varo di altre norme speciali di corredo.
La sospensione facoltativa degli ammortamenti
Per cominciare, le imprese che si avvalgono di tale facoltà, devono destinare ad una riserva indisponibile utili di ammontare corrispondente alla quota di ammortamento non effettuata in ossequio alle disposizioni in commento. Se gli utili dell'esercizio sono inferiori all'ammontare degli ammortamenti non effettuati, la riserva va integrata prelevando l'ammontare mancante da riserve di utili o altre riserve patrimoniali disponibili. Se anche queste mancano, la riserva andrà integrata, negli esercizi successivi, prelevando in tutto o in parte, gli utili in essi realizzati. I vincoli apposti su tali utili ne precludono, ovviamente, la distribuzione ai soci e l'uso per gli aumenti di capitale mentre sembrerebbe ammissibile l'impiego a copertura delle perdite. Il vincolo è destinato a permanere fintanto che non viene completato l'ammortamento dei beni cui si riferiscono gli ammortamenti sospesi.
Un capitolo della nota integrativa va dedicato:
Sul versante fiscale, le quote di ammortamento non iscritte a conto economico sono comunque deducibili dal reddito del relativo periodo previa indicazione tra le variazioni in diminuzione del quadro RF55 con il codice 81. Il riconoscimento fiscale degli ammortamenti omessi è riconosciuto anche ai fini IRAP per espressa previsione dell'ultimo periodo dell'art. 60 c. 7-quinquies DL 104/2020.
La sospensione degli ammortamenti può essere effettuata fino al 100% della quota imputabile dell'esercizio. È quindi possibile stanziare quote ridotte fino al completo azzeramento delle stesse come pure limitare la non iscrizione degli ammortamenti alle quote imputabili a determinati beni senza che occorra, obbligatoriamente, raggruppare le relative immobilizzazioni in categorie omogenee.
La quota di ammortamento non effettuata ai sensi del presente comma è imputata al conto economico relativo all'esercizio successivo e con lo stesso criterio sono differite le quote successive, prolungando quindi per tale quota il piano di ammortamento originario di un anno. Con l'incremento degli esercizi in cui la sospensione è risultata applicabile, i piani di ammortamento risultano sospesi per tutti gli anni di applicazione della sospensione per poi riprendere a partire dall'anno in cui questa viene a cessare. La sospensione degli ammortamenti deve, però, essere coordinata con la possibilità riconosciuta dal comma 7-quinquies di dedurre comunque tali quote di ammortamento dal reddito del periodo di competenza. Di fatto, chi decide di ricorrere sia alla non iscrizione delle quote di ammortamento sia alla deduzione delle quote non imputate a conto economico dovrà anche provvedere alla iscrizione delle correlate imposte differite.
Alla luce delle novità inserite nella norma viene ora da chiedersi se la sospensione degli ammortamenti possa essere o meno l'effetto di una libera decisione dei redattori del bilancio. Questo perché, cadute le norme che collegavano tale sospensione agli eventi che, nel periodo del lockdown, avevano comportato una contrazione dell'attività di talune imprese e quindi, in un certo qual modo, limitavano il beneficio ai soli soggetti la cui attività aveva risentito di tali restrizioni, la norma sembrerebbe ora essere diventata di portata più generale.
Tuttavia, il fatto che sia stato mantenuto l'obbligo di fornire una specifica motivazione delle ragioni che hanno indotto l'impresa a sospendere i piani di ammortamento e, soprattutto, di indicare gli effetti che tale scelta ha comportato sulla situazione patrimoniale e finanziaria dell'impresa e sul risultato economico dell'esercizio, portano a concludere che il redattore del bilancio non sia libero di decidere se iscrivere o meno le quote di ammortamento di uno degli esercizi contemplati dalla norma. In sostanza, con l'attuale formulazione, le imprese possono non iscrivere gli ammortamenti in tutti i casi in cui vi è stata una sottoutilizzazione delle immobilizzazioni (es. a causa della guerra in Ucraina) che deve essere spiegata e dimostrata in nota integrativa.
I dubbi di Assonime
Qualche dubbio è stato sollevato dall'Assonime circa l'applicabilità del beneficio in commento alle micro-imprese che, utilizzando il bilancio nella forma super semplificata disposta dall'art. 2435-ter c.c., non redigono la nota integrativa. Ma poiché le informazioni richieste per la sospensione degli ammortamenti possono essere indicate in altre parti del bilancio, l'Associazione ha concluso per l'applicabilità del beneficio anche a tali soggetti.
Sebbene, quindi, la formulazione della norma non sembri dare adito a dubbi circa la necessità di motivare la sospensione degli ammortamenti, che quindi non sarebbero legittimi in assenza di reali situazioni che hanno comportato un sottoutilizzo delle immobilizzazioni, resta il fatto che, soprattutto nel caso di società prive di organo di controllo (collegio sindacale, revisore o società di revisione) gli amministratori potrebbero essere tentati a non iscrivere gli ammortamenti al solo scopo di migliorare il risultato dell'esercizio.
Vero è che in tali casi, l'effetto migliorativo sul risultato dell'esercizio viene, di fatto, disattivato dall'informativa che si deve dare in nota integrativa. Come dire che se il bilancio, per effetto degli ammortamenti sospesi, dovesse chiudere in perdita, tale effetto verrebbe comunque comunicato con la nota integrativa. Ma, ancora una volta, tutto dipende dalla precisione ed esaustività con cui tali informazioni vengono fornite.
Per fare un esempio, si ipotizzi una società che abbia chiuso tutti e quattro gli esercizi, dal 2020 al 2023, con un sostanziale pareggio e che quindi non abbia iscritto alcuna riserva nel patrimonio netto. In ciascuno dei suddetti esercizi gli amministratori hanno segnalato che se gli ammortamenti fossero stati iscritti a conto economico la società avrebbe chiuso in perdita, ma potrebbero aver omesso di evidenziare l’effetto cumulato di tali perdite sul patrimonio netto. In tal caso, l’attenzione del lettore del bilancio 2023 verrebbe attirata dalla sola perdita di tale esercizio senza che fosse possibile percepire la reale entità delle perdite cumulate. A ciò si aggiunga che, almeno fino agli esercizi in corso al 31 dicembre 2022, rimangono sospesi i meccanismi posti a tutela dell’integrità del capitale sociale (art. 6 DL 23/2020) norma, anche questa, che inizialmente doveva avere una portata temporale limitata al 2020 ma che poi ha subito ulteriori proroghe.
Vero è, ancora, che attualmente la valutazione delle imprese viene fatta guardando sempre di più all'EBITDA e quindi ad un risultato non influenzato dall'ammontare degli ammortamenti, che non al risultato netto.
In conclusione, l'estensione anche al 2023 della sospensione degli ammortamenti, sebbene possa rispondere all'esigenza di salvaguardare i conti delle imprese che hanno effettivamente subito una contrazione della propria attività tradottasi in un ridotto utilizzo delle immobilizzazioni, dall'altro, abbracciando ora un arco temporale di ben 4 anni, desta qualche preoccupazione per la potenziale alterazione che può comportare nella rappresentazione in bilancio della reale situazione economica, patrimoniale e finanziaria delle società che decidono di ricorrere a tale agevolazione.
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