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lunedì 09/01/2023 • 06:00

Lavoro Organizzazione del lavoro

Settimana corta di lavoro: un’occasione preziosa di cambiamento

La settimana di lavoro corta accelera, con lo smart working, il tramonto della tradizionale organizzazione del lavoro. Sono tre gli aspetti che meritano di essere esplorati per comprenderlo: inquadramento normativo, pro e contra.

di Ciro Cafiero - Avvocato - Studio Cafiero Pezzali & Associati

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  • Tempo di lettura 4 min.
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Analizziamo la norma

L'orario lavorativo settimanale e' stabilito, dall'art. 3 D.Lgs. n. 66/2003, in 40 ore settimanale. Esso può essere ridotto, con due soluzioni alternative.

Una e' su iniziativa unilaterale del datore di lavoro. La condizione è che la  decurtazione rappresenti un trattamento migliorativo della legge e della contrattazione collettiva. Ciò significa, ad esempio, che la retribuzione deve restare invariata malgrado sia inferiore il numero di ore lavorate.

L'altra e' attraverso i contratti collettivi di lavoro, abilitati espressamente dal co 2 dell'art. 3 D:Lgs. n. 66/2003. Essi hanno il potere di introdurre previsioni non solo migliorative ma anche peggiorative della legge . La seconda ipotesi è quella che, ad esempio, ricorre ai sensi dell'art. 8 L. n. 148/2011 dinanzi a situazioni di crisi aziendale.

Ciò significa che, con l'orario di lavoro, anche la retribuzione può subire decurtazioni. L'essenziale e', che come previsto dall'art. 36 Cost., resti proporzionale alla qualità e alla (minor) quantità di lavoro svolto.

Veniamo ai pro

La settimana lavorativa corta e' un ulteriore importante strumento di conciliazione dei tempi di vita e lavoro.

E' indubbio che lavorare uno o più giornate in meno su base settimanale stimoli il bilanciamento delle esigenze lavorative con quelle personali. Come ad esempio quelle di cura familiare, dei figli o dei propri interessi.

Alla stessa finalità, risponde lo smart working che abilita il lavoratore, seppur ad orario settimanale invariato, ad organizzare con autonomia la propria attività: modi, tempi e spazi.

Si tratta di modelli che traghettano l'obbligazione di mezzi, tipica della subordinazione, sulle sponde di quella di risultato, tipica del lavoro autonomo.

Molti pro arrivano anche dalle sperimentazioni.

E' il caso, all'estero, della Gran Bretagna, del Giappone, dell'Australia e della Svezia mentre, in Italia, hanno fatto da volano alcuni importanti realtà.

Ad esempio, banca Intesa Sanpaolo, da gennaio 2023, sperimenta in circa 200 filiali un orario di lavoro settimanale articolato su quattro giorni, della durata lavorativa di nove ore ciascuno.  L'adesione dei lavoratori è su base volontaria, a parità di retribuzione, e compatibilmente con le esigenze tecniche-organizzative e produttive. Il giorno di “non lavoro” non è fisso ma può variare tra quelli della settimana. A promuovere la misura e' stato originariamente il contratto collettivo nazionale del credito nell'ottica della flessibilità organizzativa.

Ed ancora. E' il caso di Mondelez Italia che, nell'ambito del progetto “Workplace of the Future”, sperimenta una settimana corta di quattro giornate e mezzo. Parimenti, la retribuzione dei lavoratori resta invariata.

Infine, due contra

Primo: la produttività del lavoro in Italia è molto bassa da più di vent'anni.

Come conferma l'Istat, tra il 1995 e il 2021 essa ha registrato un incremento dello 0,4% contro l'1,2% della Francia e l'1,3% delle Germania. Tale situazione è figlia di un gap tecnologico, ancora irrisolto. Il rischio è che una riduzione dell'orario di lavoro generi un ulteriore ristagno di produttività.

Secondo: a causa di questo gap,  alcuni settori produttivi, come quelli a ciclo industriale continuo, non sono pronti alla sfida. Affrontarla potrebbe creare pericolose alterazioni organizzative. L'alternativa potrebbe essere quella di circoscrivere la riduzione oraria ad una fetta dell'organico ma, in danno di quella esclusa, potrebbe configurarsi una condotta di tipo discriminatorio.

In definitiva, la settimana di lavoro corta accelera, con lo smart working, il tramonto della tradizionale organizzazione del lavoro. Si tratta di un'occasione preziosa di cambiamento che anche i sindacati devono cogliere.

Certamente, restano alcuni nodi.

I primi passi spettano ai settori produttivi più precoci. Per gli altri, i tempi matureranno.

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